Beatrice Venezi sul podio dell’Orchestra Filarmonica Arturo Toscanini con una selezione di brani a tema composti tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento
Marcello Filotei – Siena
In una Siena dalle temperature sahariane, con i contradaioli dell’Onda che sfilano senza tregua per i vicoli con bandiere e tamburi festeggiando il Palio appena vinto, l’Accademia Chigiana “invade” la città quotidianamente con concerti che richiamano un gran numero di appassionati, turisti, esperti e tutti, proprio tutti, i giovani che partecipano ai corsi estivi della Summer Accademy 2024. Ieri Piazza del Campo si è riempita per ascoltare l’Orchestra Filarmonica Arturo Toscanini. Sul podio Beatrice Venezi, che della Chigiana è stata allieva
Cosa porta con sé dei corsi di perfezionamento fatti a Siena?
«Dirigere un’orchestra significa lavorare su due piani, uno riguarda l’aspetto tecnico, l’altro il rapporto umano con chi hai di fronte. Si tratta di tirare fuori il meglio da ognuno dei professori, ed è molto più difficile che decidere il fraseggio degli archi. Per ottenere un buon risultato prima di tutto bisogna sapere ascoltare. Può sembrare una cosa scontata trattandosi di musica, ma funziona così. Questo ho imparato frequentando i corsi di perfezionamento a Siena, un’occasione eccezionale per migliorare soprattutto perché si ha a disposizione un’orchestra vera e propria con la quale confrontarsi regolarmente».
Lei ha scelto un programma incentrato sul mare, con l’Intermezzo da Manon Lescaut di Giacomo Puccini, la Sinfonia del mare di Gian Francesco Malipiero e la suite sinfonica da Sheherazade, il balletto di Nikolaj Andreevič Rimskij-Korsakov ispirata a le Mille e una notte. Brani scritti nell’arco di pochi decenni tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900, ma che affrontano il tema in modo molto diverso tra loro. Come è nata questa idea?
«Il punto di partenza è stato il lavoro di Malipiero, un brano poco eseguito e che merita di essere più conosciuto. Un unico movimento, “Andante sostenuto”, che scorre attraverso diverse articolazioni armoniche, timbriche, ritmiche. Modi diversi di evocare l’andamento variabile del moto ondoso, da “calmo” a “mosso” e a “tempestoso”. L’autore ha aggiunto a mano sull’originale la parola “navigando” per suggerire che tutta la sinfonia richiama il continuo cambiare della forma delle onde. Ma non si tratta solo di descrivere, piuttosto si deve puntare a trasmettere le sensazioni che il mare provoca. Per questo mi è sembrato naturale affiancare a questo pezzo l’intermezzo da Manon Lescaut che “racconta” il viaggio in nave verso le Americhe che la protagonista compie nell’opera, e Sheherazade, che inizia con Il mare e la nave di Sinbad e si conclude con Il naufragio.
Quella di Malipiero è una partitura molto densa e soprattutto piena di particolari da mettere in evidenza senza i quali la struttura non reggerebbe. Dirigerla è un grosso rischio…
Credo un direttore debba essere coraggioso e assumersi delle responsabilità. Una di queste è proporre la musica nella quale crede. In particolare questo lavoro è tra quelli che indicano la strada che il compositore sta per imboccare. È talmente ricco di idee che non è stato ripudiato successivamente dall’autore, come è avvenuto con altre opere giovanili. Ogni dettaglio è studiatissimo, sin dalle prime battute, quando l’arpa con due brevi note ripetute sembra descrivere l’ondeggiare del mare. Piccoli particolari è vero. Sì è un rischio, ma vale la pena correrlo.
Rischia anche con la musica contemporanea?
Sono molto interessata alle produzione operistica di oggi. Credo ci sia bisogno di riallacciare un rapporto con la tradizione lirica italiana. Recentemente ho diretto la prima assoluta della versione in italiano di Falso tradimento di Marco Tutino. L’opera è fatta di arte, artigianato e, perché no?, di melodia. Il mio sogno è quello di realizzare un luogo dove queste cose si possano studiare e realizzare.
È un sogno o un progetto?
È più di un sogno ma non posso dire altro.