Chiesa Cattolica – Italiana

Famiglia Ulma, una beatificazione senza precedenti

Sterminati per aver nascosto otto ebrei, il 10 settembre 2023 saliranno agli onori degli altari. Sotto il profilo dell’attuale procedura canonica è una novità: una famiglia intera verrà beatificata insieme, genitori e figli, compresa la creatura portata in grembo dalla mamma. Il cardinale Semeraro: “Penso, per un caso simile, a quello dei Santi innocenti”

Emanuela Campanile – Città del Vaticano

La famiglia Ulma è stata un frammento di luce negli anni bui della Seconda Guerra Mondiale, eppure era una famiglia come le altre: il lavoro nei campi di papà Josef e quello in casa di mamma Wiktoria con i sei bambini da seguire e uno in arrivo.

Il Vangelo nelle piccole cose

Attraverso una quotidianità semplice, vivono e rendono vivo il Vangelo. L’educazione alla fede, la preghiera comune in famiglia, la lettura della Bibbia, fanno degli Ulma quello che Giovanni Paolo II definiva una “Chiesa domestica”, aperta anche ai più bisognosi. E in quegli anni, “i bisognosi” sono in particolare gli ebrei. A otto di loro, gli Ulma aprono le porte, offrono un nascondiglio, cibo e amicizia, sebbene coscienti dell’immenso rischio.

Un incontro inaspettato

Ma per conoscere un po’ di più la vicenda della famiglia Ulma bisogna tornare all’oggi attraverso le parole di Manuela Tulli, giornalista dell’agenzia ANSA e autrice con padre Paweł Rytel-Andrianik, storico e responsabile della sezione polacca di Vatican News – Radio Vaticana, di “Uccisero anche i Bambini. Gli Ulma, la famiglia martire che aiutò gli ebrei” (Edizioni Ares). Inviata in Ucraina per seguire la cronaca di questa tragedia nel cuore dell’Europa, Tulli fa tappa nel sud est della Polonia:  

“Ho conosciuto la famiglia Ulma per caso, è una storia che non ho scelto io, è una storia che ha scelto me. Molto spesso noi giornalisti andiamo a caccia di storie. Questa volta posso dire che è stato il contrario. In Polonia vedevo dappertutto immagini, disegni e foto di questa famiglia numerosa vissuta più di 80 anni fa. Francamente non sapevo chi fossero, anche se i polacchi lo davano un po’ per scontato. Ma mettevano allegria già a vederli…questi due genitori così giovani e con così tanti bambini piccoli. Mentre ero lì pensavo alla guerra di oggi e alla guerra di ieri. All’amicizia di oggi, perché anche ora i polacchi hanno aperto le porte delle loro case a 2 milioni di profughi. Non sono solo istituti e conventi a dare ospitalità. E all’amicizia di ieri, di come questa famiglia abbia aperto le porte della loro povera casa, solo due stanze, a otto persone.

Poi, prima di ripartire, il postulatore della beatificazione degli Ulma, che spiegava cosa stessero facendo i polacchi per gli ucraini, mi ha dato un libro, dicendomi di dedicarci un po’ di tempo per conoscere meglio la famiglia. Ho messo quel libro nella valigia e sono ripartita per l’Ucraina. Poi, quando sono tornata in Italia e il Papa ha deciso di beatificare la famiglia Ulma, allora sì, dovevo capire di più di questa storia.”

I samaritani di Markova

Riprendendo le fila della vicenda Ulma e ritornando a Markowa, tra le mura della loro casa, troviamo nella Bibbia di famiglia – ancora conservata – una sottolineatura alla parola “samaritano” e, a fianco, una nota con scritto “sì”. Una scelta consapevole, una vocazione abbracciata nella semplicità di una vita rimasta operosa e armoniosa in un periodo storico dove violenza, odio e divisione volevano imporre il loro disordine. A testimonianza di questa vita, le tantissime foto scattate dal capofamiglia Josef, fotografo amatoriale, uomo di ingegno e attivo nella comunità di Markowa.

La strage

Poi, la delazione, il tradimento e i nazisti che irrompono nella piccola casa Ulma sparando verso il solaio dove sono nascosti gli amici ebrei. Una strage. Josef e Wiktoria vengono trascinati fuori e fucilati davanti ai bambini. Lei è in stato interessante di sette mesi. Dopo la mamma e il papà, vengono “giustiziati” anche i piccoli. La casa viene data alle fiamme. Era il 24 marzo del 1944.

Un martirio ebraico-cristiano

Padre Paweł Rytel-Andrianik, storico e autore del libro insieme a Tulli, mette in evidenza che l’uccisione degli Ulma parla di un martirio non solo cristiano:

“Padre François–Marie Léthel, consultore del Dicastero delle Cause dei Santi, ha scritto sull’Osservatore Romano, che si tratta di un martirio ebraico-cristiano. Con questa affermazione ha voluto sottolineare che ciò che appare evidente è che sono stati uccisi degli innocenti: la famiglia Ulma e otto ebrei, tra i quali Shaul Goldmann con i suoi quattro figli, Lea Didner con la figlia Reshla di cinque anni e Golda Grünfeld.

Questa storia è molto commovente. Quando i tedeschi nazisti sono giunti nella casa della famiglia Ulma, hanno iniziato a sparare verso il soffitto dove si trovava il solaio, e dal soffitto ha cominciato a colare il sangue delle vittime. In corrispondenza di quel sangue che colava, esattamente sotto, c’era il tavolo sul quale era poggiata – non si sa il perché – una foto di due donne ebree, una con la stella di Davide al braccio. Questa foto si è conservata fino ai nostri giorni come “reliquia” del martirio anche ebraico.

In questa storia, conclude padre Rytel-Adrianik, “si vede l’orrore dell’Olocausto, ma anche la luce del Vangelo che promana da coloro che hanno voluto incarnarlo nella concretezza della vita quotidiana”.

Giusti tra le Nazioni e Beati

Il male della guerra non è riuscito a cancellare la luce di questa vicenda. Giusti tra le Nazioni per lo Stato di Israele, Beati per la Chiesa cattolica, gli Ulma sono stati riconosciuti tutti martiri, anche il settimo figlio ancora nel grembo di Viktoria.

Una beatificazione senza precedenti

Come spiega il prefetto del Dicastero per la causa dei Santi, cardinale Marcello Semeraro, nell’intervista riportata nel libro “Uccisero anche i Bambini”, nella petizione presentata al Santo Padre è stata inclusa anche la creatura che era nel grembo della mamma, che probabilmente ha iniziato il parto, per la paura, durante l’esecuzione da parte dei nazisti. “Questo è un caso molto singolare – prosegue il cardinale – che facendo riferimento a un episodio evangelico possiamo chiamare Battesimo di sangue. Penso, per un caso simile, a quello dei Santi innocenti. Anche questa creatura, come fu trovata nella fossa comune dopo l’eccidio (la testa e parte del corpo era fuoriuscita da Wiktoria ndr),  è stata ritenuta meritevole di martirio”.

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