Etiopia, Acs: appello alla pace di un missionario in fuga

Vatican News

Anna Poce- Città del Vaticano 

Un sacerdote missionario, il cui nome non è stato reso noto per motivi di sicurezza, ha scritto il primo novembre ad Aiuto alla Chiesa che Soffre International, lanciando un appello per la pace nelle aree che circondano la regione etiope del Tigray, che da un anno, dal 4 novembre 2020, fa da scenario ai combattimenti tra i soldati del governo a maggioranza Amhara e le forze del TPLF il Fronte di liberazione popolare del Tigray, che hanno causato una profonda crisi umanitaria che in queste ultime ore sembra precipitare. Il religioso ha scritto ad ACS, mentre stava fuggendo dalla città di Kombolcha, alla periferia della regione Amhara, a circa 380 km a nord della capitale Addis Abeba, per l’avvicinarsi dei combattimenti. Combattimenti che non hanno risparmiato nemmeno il ricco patrimonio cristiano dell’Etiopia, come la città di Lalibela nota per le sue chiese scavate nella roccia, e Axum, ex capitale dell’impero etiope e, secondo la tradizione locale, sede della biblica Arca dell’Alleanza.

Persone in fuga a Kombolcha

Nella città di Kombolcha, prima che fosse invasa dalle forze tigrine, all’inizio del mese di novembre, erano confluite migliaia di persone in fuga dalla zona di conflitto. Ma se inizialmente le preoccupazioni, al loro arrivo, erano legate alla distribuzione di cibo e degli aiuti umanitari, presto si sono trasformate in timori per l’avvicinarsi dei combattenti. Quindi, tutti “quelli che avevano parenti nella capitale – ha spiegato il sacerdote – hanno mandato via i loro figli e le loro mogli”, e persino la Chiesa ha mandato alcuni dei suoi seminaristi ad Addis Abeba.

Le forze tigrine hanno preso Dessie e Kombolcha

Tutti gli sfollati, oltre 4.000, ha riferito il missionario, avevano bisogno di cibo, acqua, medicine e un posto dove stare e la Chiesa ha fatto tutto quello che poteva per aiutarli. “Le cose si sono messe male”, però, ha proseguito, negli ultimi giorni del mese, quando le forze del Tigray hanno respinto un’offensiva del governo e hanno preso Dessie e Kombolcha. È stato allora – ha detto – che i missionari sono stati costretti a fuggire. Fortunatamente, ha sottolineato il sacerdote, anche i rifugiati sono riusciti a scappare dalla città prima dell’arrivo delle forze tigrine, e sono riusciti a mettersi in salvo. “Io sono fuori pericolo” ha affermato il sacerdote, raccontando come al momento “le strade siano piene di gente”.

Recentemente, il giuramento del primo ministro etiope, Abiy Ahmed, per un nuovo mandato quinquennale, il 4 ottobre scorso, aveva portato qualche speranza di pace nella popolazione, ma la realtà è stta diversa. “Dopo la cerimonia – scrive il missionario – abbiamo sperato che la guerra finisse, ma siamo rimasti sorpresi che fosse ancora in corso e si stesse avvicinando a noi a Kombolcha”.