Si apre il 18 gennaio, nell’Aula Vecchia del Sinodo, la Conferenza internazionale sulla revisione della Dichiarazione di Helsinki organizzata dalla World Medical Association, dall’American Medical Association e dalla la Pontificia Accademia per la Vita, che mira, tra l’altro, a promuovere la cooperazione internazionale per una revisione significativa del documento. Monsignor Pegoraro: la Chiesa può essere un soggetto attivo per far dialogare case farmaceutiche, scienziati e governi
Tiziana Campisi – Città del Vaticano
Vuole approfondire il tema della ricerca medica e della sperimentazione in ambienti poveri di risorse la Conferenza internazionale sulla revisione della Dichiarazione di Helsinki che si svolge il 18 e 19 gennaio in Vaticano, nell’Aula Vecchia del Sinodo, organizzata dalla World Medical Association (WMA) in collaborazione con l’American Medical Association (AMA – USA) e la Pontificia Accademia per la Vita. Sviluppato dalla WMA, il documento adottato nel 1964 nella capitale finlandese, contiene delle linee-guida fondamentali dal punto di vista etico per la sperimentazione umana nella professione medica. Nel 2022, riconoscendo l’evoluzione del panorama sanitario, la WMA ha nominato un gruppo di lavoro per avviarne la revisione e al fine di garantire una prospettiva diversificata e globale, sono state avviate delle conferenze regionali. Si inquadra in questo ambito la due giorni nello Stato della Città del Vaticano.
L’impegno della World Medical Association
All’incontro con i giornalisti, nella Sala Stampa della Santa Sede, al microfono di Vatican News – Radio Vaticana, la presidente della WMA, la dottoressa Lujain Alqodmani, ha spiegato che l’Associazione Medica Mondiale punta, anzitutto a far sì che l’assistenza sanitaria venga garantita a tutti, soprattutto ai più poveri, ai bambini e alle popolazioni in guerra e per questo lavora insieme a diverse associazioni di settore in tutti i Paesi del mondo.
“Ci sono delle Nazioni in cui c’è più bisogno di aiuti – ha aggiunto -, per esempio in Sudan, nella Repubblica Democratica del Congo e nelle aree dove c’è la guerra, come a Gaza e in Ucraina. Ma anche nei cosiddetti Paesi ricchi ci sono poveri che necessitano di assistenza, perché non sono state adottate politiche che garantiscono la salute per tutti e questo è un problema grave”. L’impegno della WMA è quello di dialogare con i governi, con le organizzazioni internazionali, perché le cure mediche giungano a tutti. Per la dottoressa Alqodmani, la revisione della Dichiarazione di Helsinki può aprire ad un confronto con tutti i medici, perché si recepisca l’importanza del servizio sanitario aperto a tutti e della ricerca a vantaggio di ogni singolo individuo. Ma in questo momento le istanze più urgenti sono: assicurare protezione ai medici e assistenza sanitaria alla gente in caso di guerre, aggiunge la presidente della WMA, tenere conto dei cambiamenti climatici e salvaguardare l’ambiente, essere pronti a nuove pandemie e ancora educare ad una sana alimentazione.
Il contributo della Chiesa
Delle odierne sfide etiche da affrontare nel campo della ricerca biomedica, ci ha parlato monsignor Renzo Pegoraro, cancelliere della Pontificia Accademia per la Vita, che ha evidenziato la necessità di continuare a sviluppare la ricerca soprattutto nei paesi più poveri o in via di sviluppo, dove occorre definire meglio le priorità, perché talvolta si fanno sperimentazioni più economiche o vantaggiose, ma per le popolazioni dei Paesi occidentali e più ricche. Sarebbe necessario, rimarca monsignor Pegoraro, in primo luogo conoscere meglio le patologie e le malattie più rilevanti nelle Nazioni più povere; in secondo luogo stabilire in che modo garantire, dal punto di vista etico, gli standard di partecipazione e di sicurezza dei soggetti coinvolti, quindi l’informazione, il controllo dei rischi e “tutto quello che è lo standard ormai abbastanza consolidato nei Paesi occidentali”, in terzo luogo offrire “un ritorno dei risultati della ricerca” a quelle popolazioni che hanno collaborato attivamente allo sviluppo dei farmaci. Per il cancelliere della Pontificia Accademia per la Vita si tratta di aspetti che nella dichiarazione di Helsinki vanno meglio evidenziati e sviluppati.
Quali punti della Dichiarazione di Helsinki necessitano, in particolare, una revisione?
Quando si parla di sperimentazioni in Paesi con risorse limitate, oppure in popolazioni più vulnerabili per il contesto sociale, economico, culturale, lì occorre una particolare attenzione per definire le malattie più urgenti, come investire adeguatamente le risorse, come esprimere meglio la partecipazione di queste popolazioni ma anche la protezione, perché sono particolarmente vulnerabili, e anche spingere – ma questo è un problema nel dialogo con le case farmaceutiche, con le autorità – affinché chi ne ha tratto beneficio possa ancora usufruire dei farmaci che ha ottenuto, mantenendo, ovviamente, un approccio di giustizia generale. Perché occorre evitare che partecipare a certe sperimentazioni diventi incentivo per usufruire di certe cure che altri non hanno e venga forzata un po’ la libertà di partecipazione e di consenso. Quindi c’è un criterio di giustizia che chiede di essere considerato. Questi sono dei punti in cui ci si può esprimere meglio, in maniera anche più attuale, incisiva, in modo tale che si favorisca la sperimentazione, ma con determinati criteri e principi.
In che modo far sì che la ricerca possa andare anche a beneficio dei Paesi più poveri?
Qui entrano in gioco tanti soggetti e attori. Chiaramente sono per lo più le case farmaceutiche, che occorrerebbe incoraggiare anche ad investire in certi Paesi. Poi c’è il ruolo dei governi, che dovrebbero promuovere una certa ricerca, sia quella sponsorizzata dalle case farmaceutiche, ma anche quella spontanea, di propri istituti, di proprie università. Inoltre occorrerebbe vedere che tipo di collaborazione culturale può esserci fra il mondo scientifico, come acquisire maggiore responsabilità, informazione, collaborazione anche fra medici di diversi Paesi, per mettere in campo certe ricerche. Allora, ci possono essere delle forme di collaborazione, di partenariato, e in tutto questo si può collocare anche la Chiesa che, tante volte, ha una diffusione capillare in tanti Paesi, che ha anche belle realtà di ambulatori, ospedali, università, e può essere un soggetto attivo nel far convergere le case farmaceutiche, gli scienziati, i medici, le autorità, in progetti di ricerca che rischiano di essere trascurati perché non c’è un grande ritorno economico, un grande vantaggio, però toccano la popolazione. Oppure ancora la Chiesa potrebbe essere un soggetto attivo nel segnalare farmaci meno costosi che potrebbero essere potenziati e diffusi. Quindi, uno dei ruoli che la Chiesa può assumere è quello di far dialogare ed incontrare, i soggetti, perché sia dedicata attenzione a certe priorità.