Elvira Ragosta – Città del Vaticano
È stata la decisione etiope di voler riempire il bacino della Gerd, la diga del Gran Rinascimento, per il secondo anno consecutivo, a destare i timori di Egitto e Sudan, che chiedono di arrivare prima a un accordo legalmente vincolante. La mega struttura costruita dall’Etiopia sul Nilo Azzurro è il più grande impianto idroelettico africano. Il Cairo e Khartoum, a valle del fiume, temono che il progetto possa ridurre il loro accesso all’acqua, costituendo una minaccia per entrambe le nazioni. L’Egitto, che ha annunciato lunedì sera di essere stato informato da Addis Abeba, ha reagito con una nota del ministro dell’irrigazione Abdel Aty in cui si denuncia “una violazione della legge e degli standard internazionali che regolano i progetti di costruzione su bacini condivisi di fiumi internazionali”. Di decisione contraria al Diritto internazionale e di “rischio e minaccia imminente”, ha parlato anche il ministero degli esteri del Sudan, dove la notifica delle intenzioni etiopi è giunta ieri sera.
Il tema in agenda all’Onu
Per l’Etiopia, che non ha ancora confermato ufficialmente l’operazione di riempimento, la diga è vitale per il proprio sviluppo: porterebbe energia al 60 per cento dei suoi 110 milioni di abitanti. La questione è in agenda al Consiglio di Sicurezza Onu di domani, ma l’Etiopia insiste nel continuare i negoziati con l’intermediazione dell’Unione africana e in un comunicato respinge quella che definisce “l’indesiderata ingerenza della Lega degli Stati arabi sulla questione della diga dopo l’invio della lettera in cui si chiede al Consiglio di sicurezza all’Assemblea generale di intervenire in merito”.