Giancarlo La Vella – Città del Vaticano
Quarto presidente dell’Egitto, Hosni Mubarak ricoprì la più alta carica dello Stato dal 14 ottobre 1981 all’11 febbraio 2011. Di formazione militare, la brillante carriera nelle fila dell’aeronautica gli valse la nomina a vicepresidente. Fu a fianco di Anwar al-Sadat fino al 6 ottobre 1981, quando durante una parata militare, alcuni soldati fecero fuoco sulla tribuna delle autorità, uccidendo Sadat. A quel punto assunse la carica di capo dello Stato, che mantenne per un trentennio.
Primavera araba e dimissioni
Tra il 2010 e il 2011 scoppiò in Tunisia la prima cosiddetta ‘primavera araba’, che di lì a poco si estese a tutto il Nord Africa, alla Somalia e alla penisola arabica. All’origine delle proteste di piazza, che continuarono per mesi con più o meno intensità, la disoccupazione, la povertà, la corruzione, la fame, l’assenza di libertà individuali e la violazione di diritti umani. Il malcontento presto coinvolse anche l’Egitto. Le dimostrazioni di Piazza Tahir, luogo simbolo della rivolta, si inasprirono a tal punto da costringere il presidente Hosni Mubarak a dare le dimissioni. Secondo Paolo Branca, docente di Storia dei Paesi arabi all’Università Cattolica di Milano, la primavera araba in Egitto segnò un epilogo, in qualche modo annunciato, della parabola di Mubarak.
Alla ricerca di una nuova stabilità
Possiamo dire che in questi 10 anni, dalle dimissioni di Mubarak, le vicende egiziane sono proseguite su una linea di continuità. L’attuale presidenza di Al Sisi si pone sulla stessa linea del predecessore. L’Egitto – afferma Branca – assume, ieri come oggi, un ruolo importante e cruciale nel mondo arabo: Ne è una prova la mediazione nei colloqui interpalestinesi tra Hamas e Fatah, giunti ad un accordo sulla disputa delle elezioni.