Roberta Barbi – Città del Vaticano
Unità o visione comune: questo il cuore del discorso del cardinale Kurt Koch, prefetto del Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, alla Conferenza di Lambeth nel nono giorno di lavori. All’appuntamento, che si è aperto il 26 luglio e si concluderà l’8 agosto e che raccoglie 600 vescovi della Comunione Anglicana, è stata invitata anche una delegazione cattolica a riflettere sul tema “La Chiesa di Dio per il mondo di Dio: camminare, ascoltare e testimoniare insieme”. L’intervento del porporato, assente per motivi di salute, è stato letto all’assemblea dall’officiale reverendo Anthony Currer.
L’obiettivo del movimento ecumenico nella prospettiva cattolica
Il cardinale Koch inizia la sua riflessione citando uno dei documenti cattolici fondamentali sul tema dell’ecumenismo, la dichiarazione Unitatis redintegratio promulgata da Paolo VI nel 1964. In essa si ribadiva che tutti i cristiani sono legati gli uni agli altri attraverso il Battesimo e i fondamenti della fede e della tradizione e che Dio vuole che la sua Chiesa sia un segno per il mondo. Nel documento inoltre si definiva la divisione tra le confessioni cristiane come frutto del peccato per il quale fare penitenza.
Visione comune e unità
La riflessione del porporato si spinge poi su quale sia o debba essere oggi l’obiettivo del movimento ecumenico, citando tra le principali difficoltà il fatto di essere d’accordo sul volere l’unità, ma non su quale tipo di unità perseguire. Dal momento che più volte, nella storia ecclesiale, ci sono stati esempi di esclusioni, o addirittura persecuzioni in nome della Chiesa stessa, ai danni di chi aveva idee diverse, il porporato invita a una “comprensione orizzontale” dell’unità sulla linea della riconciliazione e dell’equilibrio tra le varie tradizioni ecclesiali.
La sfida del pluralismo
“Nel tentativo di recuperare l’unità della Chiesa – afferma il cardinale Koch – l’ecumenismo si trova oggi ad affrontare un’altra grande sfida”. Si tratta del pluralismo, termine “per designare la cosiddetta esperienza postmoderna della realtà”. La mentalità postmoderna è efficace anche nell’attuale pensiero ecumenico, dal momento che il pluralismo ecclesiologico oggi è diventato in larga misura plausibile e l’avere Chiese diverse è considerato una realtà positiva: “L’espressione ‘diversità riconciliata’ descrive l’attuale situazione ecumenica”, rileva il porporato, ricordando la necessità condivisa di orientare gli sforzi ecumenici “alla preghiera del Sommo Sacerdote di Gesù, in cui pregava per l’unità dei suoi discepoli”.
Superare le divisioni per testimoniare Gesù
Al termine del suo discorso, il prefetto del Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani ha ricordato come i partecipanti alla prima Conferenza missionaria mondiale del 1910 rilevassero quanto la mancanza di unità tra i cristiani minacciasse la credibilità della loro testimonianza nel mondo. “Le divisioni nella cristianità si rivelarono allora una forte barriera all’evangelizzazione -ha detto Koch – e questo è ancora vero, come ricorda Papa Francesco nella sua Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium in cui fa riferimento in particolare ai contesti di Asia e Africa, all’interno dei quali la ricerca di vie verso l’unità si fa ancora più urgente. “La comune testimonianza ecumenica di Gesù Cristo nel mondo attuale è possibile – ha concluso il porporato – solo quando le Chiese cristiane superano le loro divisioni e possono vivere in unità nella diversità riconciliata. Ecumenismo e missione sono inseparabili, perché solo così la ‘Chiesa di Dio’ è davvero ‘per il mondo di Dio’”.