E’ stato il cardinale Baltazar Enrique Porras Cardozo, arcivescovo emerito di Caracas, a presiedere ieri la a nome del Papa la Messa conclusiva dell’evento, svoltosi nella capitale dell’Ecuador: prendiamoci cura di chi “ha fame di cibo e dignità”. Annunciato il prossimo appuntamento: sarà a Sydney, in Australia, nel 2028
Isabella Piro – Città del Vaticano
I tanti colori delle bandiere di tutto il mondo, punteggiati dal bianco degli ombrelli aperti per ripararsi dal sole e accompagnati dalla gioia dei circa 25.000 fedeli presenti: il Parque Bicentenario di Quito, in Ecuador, ha accolto così ieri, domenica 15 settembre, la celebrazione conclusiva del 53° Congresso eucaristico internazionale. La Statio Orbis è stata presieduta dal legato pontificio, cardinale Baltazar Enrique Porras Cardozo, arcivescovo emerito di Caracas, accompagnato da una missione composta padre Wilson Posligua Bran, vicario per la vita consacrata, e don Darwin Salazar Calderón, cancelliere arcidiocesano.
La fraternità per guarire il mondo
Nel 150° anniversario della consacrazione dell’Ecuador al Sacro Cuore di Gesù, dall’8 al 15 settembre il Congresso ha riflettuto sul tema “Fraternità per guarire il mondo”. Ed è su questo particolare aspetto che il cardinale Porras ha incentrato la sua omelia: “Per i cristiani — ha detto —, la fraternità non è un’opzione, ma è un imperativo evangelico”, “è il vincolo di unione tra gli esseri umani come espressione di un’autentica filiazione, nel rispetto della dignità della persona, dell’uguaglianza dei diritti e della solidarietà degli uni verso gli altri, di una radicale familiarità con la paternità creativa e con la maternità consolante”.
Prendersi cura di chi ha fame di cibo e di dignità
Di qui, il richiamo del legato pontificio all’Eucaristia non come “semplice memoria, bensì come memoriale” della Bontà che ci attrae a sé. “L’Eucaristia — ha sottolineato ancora — toglie la fame di cose materiali e accende il desiderio di servire, ci solleva dalla nostra comoda sedentarietà e ci ricorda che non siamo solo bocche da sfamare, ma anche mani per sfamare il nostro prossimo”. In quest’ottica, ha ribadito il porporato, è quanto mai “urgente che ci si occupi di coloro che hanno fame di cibo e di dignità, di coloro che non hanno lavoro e faticano a guadagnarsi da vivere”, perché “la fraternità del credente che si nutre dell’Eucaristia riformula i rapporti con gli altri, la dimensione del perdono e dell’aiuto samaritano”.
La dimensione ecologica, virtù da costruire
L’arcivescovo emerito di Caracas ha messo in luce come anche la cura della casa comune sia frutto della fraternità: “Dall’America Latina, un continente devastato dallo sfruttamento irrazionale della natura — ha spiegato —, la dimensione ecologica assume la “cittadinanza” di virtù da costruire, e i lavori sinodali sull’Amazzonia, con la loro tutela del creato e del contesto in cui viviamo, acquisiscono una dimensione che non possiamo ignorare”.
L’Eucaristia amplia l’orizzonte della nostra vita
Infine, il porporato ha esortato i tanti fedeli presenti a ripartire da Quito con “un bagaglio ricco di testimonianze cariche di speranza e con la certezza che l’Eucaristia e la devozione al Cuore di Gesù amplieranno gli orizzonti delle nostre vite per servire meglio un mondo contraddittorio, ferito, ma redento in Cristo, con il compito di trasfigurarlo”.
Appuntamento a Sydney nel 2028
Prima della benedizione finale, il legato pontificio ha annunciato che il prossimo Congresso eucaristico internazionale, il 54° in ordine cronologico, si terrà a Sydney nel 2028. La notizia è stata accolta con entusiasmo dalla delegazione australiana presente a Quito, ed è stata seguita dalla proiezione di un video per spiegare come il Paese si stia preparando all’evento che giungerà a cento anni dal primo Congresso ospitato in Australia, nel 1928.
I primi frutti del Congresso
Alle migliaia di fedeli presenti è giunto anche il ringraziamento dell’arcivescovo di Quito e primate dell’Ecuador, monsignor Alfredo José Espinoza Mateus, il quale ha reso noto uno dei primi frutti del Congresso, ovvero l’avvio di mense comunitarie, denominate “Il pane della fraternità”.
L’amore gratuito di Dio Padre
La Statio Orbis di ieri è stata preceduta, sabato 14, da una santa messa in piazza San Francesco, seguita da una processione con il Santissimo Sacramento lungo le strade del centro storico della capitale dell’Ecuador. La celebrazione è stata presieduta dal presidente della Conferenza episcopale locale e arcivescovo di Guayaquil, monsignor Luis Gerardo Cabrera Herrera. Riflettendo sul passo del Vangelo di Giovanni proclamato durante la messa (3, 3-17), il presule ha approfondito il concetto dell’amore di Dio Padre per il mondo, “amore gratuito, un amore compassionevole, un amore fedele che non esclude nessuno in ragione del suo status sociale, religioso, morale, economico”. “Dio ama questo mondo — ha aggiunto — con le sue grandezze e le sue miserie, i suoi successi e i suoi errori, le sue gioie e i suoi dolori. Dio ama questa terra, spesso inquinata e sfruttata, ma anche animata da grandi iniziative di cura e di rispetto”.
L’esempio del buon samaritano
Riprendendo poi le parole di Papa Francesco, il presule ha ricordato che l’Eucaristia “non è il premio dei santi, bensì è il pane dei peccatori. Essa ci trasforma in una fraternità per curare le ferite del mondo personale e sociale, spesso causate da abbandono, violenza, malattia e morte”. Di qui, l’invito conclusivo ai fedeli ad essere come il buon samaritano che si prende cura di chi è schiacciato da ogni tipo di sofferenza.
In preghiera per la pace
La processione del Santissimo Sacramento, snodatasi tra tappeti floreali allestiti per l’occasione con motivi richiamanti l’Eucaristia, ha effettuato sette soste, durante le quali si è pregato per le intenzioni del Santo Padre, per la Chiesa, per il Paese, per la città e le sue autorità, nonché per la vita religiosa, la famiglia, la pace, i bambini e i giovani, e per gli operatori pastorali.