Andrea De Angelis – Città del Vaticano
Un piano studiato nei dettagli per seminare ancora una volta sangue e terrore nelle carceri dell’Ecuador. Ad essere colpita è stata la più grande del Paese, quella di Litoral, già teatro due mesi fa della peggiore rivolta carceraria nella storia del Paese latinoamericano. A perdere la vita, allora, furono 119 detenuti, mentre sabato sono stati 68 i morti ed almeno 25 i feriti. I media locali attribuiscono gli scontri nella prigione della città costiera di Guayaquil a bande legate ai cartelli internazionali della droga. I video che circolano sui social mostrano corpi, alcuni bruciati, distesi a terra all’interno del carcere. Il governatore della provincia di Guayas dice che nell’attaco iniziale, i detenuti hanno cercato di far saltare un muro con la dinamite per entrare nel secondo padiglione del carcere e compiere un massacro.
Situazione sotto controllo
C’è voluta quasi un’intera giornata per riportare la calma a Litoral. Intanto, all’esterno, i familiari dei detenuti chiedevano alle forze dell’ordine di fare il possibile per salvare il maggior numero di vite. Adesso la situazione è “sotto controllo”, come ha riferito il portavoce del governo ecuadoriano, Carlos Jijo’n. “In questo momento, la situazione è sotto controllo in tutto il penitenziario”, ha detto Jijo’n in una conferenza stampa nella citta’ di Guayaquil, spiegando che quasi mille agenti di polizia sono stati necessari per riportare l’ordine. In seguito allo scontro che ha causato, sabato, la morte di 68 detenuti, si sono verificati ulteriori attacchi nelle ore successive. Il portavoce ha detto sono stati dispiegati 900 agenti di polizia per far tornare l’ordine nella prigione. Jijo’n ha riferito che il capo dello Stato, Guillermo Lasso, nelle prossime ore farà “annunci importanti” sulle linee da adottare nelle carceri affollate di bande criminali e narcotrafficanti. Due settimane dopo il disastro di settembre, quando morirono 119 persone, il presidente Guillermo Lasso ha dichiarato lo stato di emergenza di 60 giorni nel tentativo di frenare la violenza.
Un drammatico bilancio
Sono oltre 300 i prigionieri uccisi quest’anno nel sistema di detenzione criminale dell’Ecuador, dove migliaia di detenuti legati a bande di narcotrafficanti si affrontano in violenti scontri che spesso si trasformano in rivolte. La situazione è grave anche fuori dalle carceri: negli ultimi dieci mesi sono quasi 2mila gli omicidi avvenuti in Ecuador, circa il 30% in più rispetto a quelli del 2020. Lo stato di emergenza decretato dal governo inizialmente valeva solo nelle carceri, ma nel corso del mese di ottobre è stato esteso a tutto il Paese. La violenza e il narcotraffico finisco nel mirino delle istituzioni, pronte ad intraprendere una battaglia lunga e difficile per sanare le ferite di un Ecuador che registra anche un aumento di furti, rapine che contribuiscono ad aumentare uno scenario di generale insicurezza. Intanto, il presidente Lasso ha accettato le dimissioni di Bolívar Garzón da direttore generale del Servizio Nazionale di Attenzione Integrale agli Adulti Privati della Libertà (SNAI), solo 47 giorni dopo l’inizio dell’incarico.
La preghiera di Papa Francesco
Lo scorso 3 ottobre il Papa, al termine della preghiera mariana dell’Angelus, ha rivolto il suo pensiero all’Ecuador, in particolare alle famiglie delle persone rimaste uccise negli scontri in carcere avvenuti il 30 settembre. Francesco ha invocato l’aiuto di Dio per sanare le piaghe del crimine che schiavizza i più poveri:
Mi ha molto addolorato quanto è avvenuto nei giorni scorsi nel carcere di Guayaquil, in Ecuador. Una terribile esplosione di violenza tra detenuti appartenenti a bande rivali ha provocato più di cento morti e numerosi feriti. Prego per loro e per le loro famiglie. Dio ci aiuti a sanare le piaghe del crimine che schiavizza i più poveri. E aiuti quanti lavorano ogni giorno per rendere più umana la vita nelle carceri.