Chiesa Cattolica – Italiana

È scomparso fratel Jean-Pierre, l’ultimo monaco di Tibhirine

Tiziana Campisi e Cyprien Viet– Città del Vaticano

Per mesi, dopo l’uccisione dei suoi sette confratelli rapiti dal monastero di Tibhirine, in Algeria, nella notte fra il 26 e il 27 marzo 1996, si era chiesto perché, insieme a fratel Amédée, fosse stato risparmiato. La risposta l’aveva trovata poco dopo, in una lettera ricevuta dalla Svizzera, dal monastero della Fille-Dieu: “Ci sono dei fratelli ai quali è stato chiesto di testimoniare con il dono della vita, e altri, ai quali è chiesto di testimoniare con la vita”. Queste parole lo avevano sollevato da tutti quegli interrogativi che lo avevano assillato, aveva confessato lo stesso fratel Jean-Pierre Schumacher. Il religioso è spirato nel giorno della Solennità di Cristo Re, nella mattinata, dopo aver ricevuto l’unzione degli infermi. “Uniti nella preghiera, che l’Altissimo ci conceda di continuare a mantenere ‘lo spirito di Tibhirine’, testimoniando questa comunità esemplare” scrivono i trappisti di Midelt che hanno raccolto l’eredità dei loro confratelli vissuti in Algeria.

Dalla Francia all’Algeria

Nella trappa marocchina, insieme a fratel Jean-Pierre, ha vissuto gli ultimi anni della sua vita anche fratel Amédée Noto, pure lui scampato al sequestro del ’96 e deceduto il 27 luglio 2008, in Francia, nell’abbazia di Aiguebelle, nel dipartimento della Drôme. Classe 1924, l’ultimo superstite della comunità algerina era nato in Lorena il 15 febbraio. È stato fra i giovani alsaziani e lorenesi arruolati con la forza nell’esercito tedesco e destinati al fronte russo, ma contratta la tubercolosi ha evitato la partenza e dopo la guerra si orientato verso la vita religiosa. Formatosi dai padri maristi e ordinato sacerdote nel 1953, pochi anni dopo è entrato nel monastero trappista di Timadeuc, in Bretagna. Nel 1964 è stato inviato, insieme ad altri due monaci, in Algeria, allora indipendente da due anni, per affiancare i confratelli della comunità di Tibhirine. Era stato il cardinale Léon Duval, arcivescovo di Algeri, a chiedere una maggiore presenza di religiosi. Fratel Jean-Pierre è rimasto nel Paese per più di 30 anni, portando la testimonianza del Vangelo in una terra prevalentemente musulmana, dilaniata, negli anni ’90, dalla guerra civile.

Lo “spirito di Tibhirine”

La comunità trappista di Tibhirine, discreta e ben integrata nella popolazione locale, che voleva semplicemente testimoniare la propria presenza evangelica coltivando il dialogo e mantenendo una pacifica convivenza, è stata decimata nel 1996, quando 7 monaci, dei 9 che vi risiedevano, tra cui il priore, padre Christian de Chergé, sono stati rapiti e poi uccisi. Ad annunciare il 21 maggio la loro esecuzione, sulla quale rimangano ancora diversi interrogativi, un comunicato attribuito al Gruppo Armato Islamico (GIA). Fratel Amédée e fratel Jean-Pierre hanno continuato ad animare lo ‘spirito di Tibhirine’ a Midelt, in Marocco, accogliendo molti pellegrini, credendo fermamente nel dialogo interreligioso e nella testimonianza della speranza cristiana in terra musulmana. I sette monaci uccisi sono stati beatificati l’8 dicembre 2018 ad Orano, insieme ad altri 12 religiosi martiri della guerra civile algerina. Fratel Jean-Pierre, allora novantaquattrenne, ha potuto assistere alla cerimonia. Il 31 marzo 2019 Papa Francesco lo aveva abbracciato con grande emozione durante la sua visita in Marocco, nella cattedrale di Rabat, nel corso dell’incontro con i sacerdoti, i religiosi, i consacrati e il Consiglio Ecumenico delle Chiese.

Guarda il video dell’incontro del Papa con sacerdoti e religiosi a Rabat – 2019
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