Alessandra Buzzetti – Gerusalemme
Sono le nove e mezza di mattina, quando le campane della Basilica del Santo Sepolcro risuonano a festa in una Gerusalemme ancora silenziosa. L’annuncio della Pasqua che qui arriva, per lo status quo in vigore, la mattina del sabato santo coincide quest’anno anche col primo giorno di Pesach, la Pasqua ebraica.
L’ingresso del Patriarca e la cerimonia tra centinaia di fedeli
Dopo gli scontri di ieri nella Spianata delle Mosche, la notte è passata tranquilla. Nei vicoli della città vecchia gli ebrei di ritorno dal Kotel si incrociano con i kawass, le famose e colorate guardie d’onore delle Chiese di Terrasanta che fanno strada al Patriarca di Gerusalemme dei Latini Pierbattista Pizzaballa. Ad attenderlo nella piazzetta del Santo Sepolcro ci sono centinaia di fedeli e pellegrini, finalmente tornati nei luoghi Santi, dopo due anni di pandemia. Il grande portone di legno della Basilica è socchiuso, perché la benedizione del fuoco, primo rito della lunga Veglia pasquale, avviene davanti alla pietra dell’unzione, ai piedi del Calvario.
Dalla morte alla Vita
Una pietra che ancora oggi viene unta con oli benedetti, baciata, strusciata con fazzoletti e oggetti votivi da migliaia di fedeli, in gran parte donne. Latine, etiopi, ortodosse. Sono le mirofore del nostro tempo, ripetono pregando i gesti delle prime coraggiose testimoni della Resurrezione. Così le descrive monsignor Pizzaballa, che, commentando il Vangelo di Luca, ripercorre quell’alba di Pasqua di duemila anni fa, quando i discepoli si erano chiusi, impauriti, nel Cenacolo, mentre le donne erano state a fianco di Gesù nella salita al Calvario, avevano assistito alla sua morte e alla sua frettolosa sepoltura.
“Non cercate Gesù fra i morti”
“Erano tornate alle loro case non solo per piangere il loro amato Maestro, ma anche per preparare gli unguenti per l’imbalsamazione dopo la fine del sabato – dice il Patriarca – un gesto di cura e di attenzione, di amore, che la morte non ha potuto fermare. Quelle stesse donne scoprono la violazione della Tomba, sono turbate dalla vista del Sepolcro vuoto, atterrite da quei due uomini che annunciavano loro l’evento della Resurrezione, ma con coraggio corrono al Cenacolo a riferire agli Apostoli.” Il loro avventurarsi alla mattina all’alba mette in moto il dinamismo dell’annuncio della Pasqua, porta gli apostoli fuori dal Cenacolo e da lì in seguito in tutto il mondo. “Anche oggi, in un mondo segnato da morte e distruzione, dove intere civiltà vengono sradicate – continua il Patriarca – non bisogna cercare Gesù tra i morti, ma essere rabdomanti di vita e di speranza, gente che cerca, sapendo che sotterraneamente ma realmente, scorre nel cuore del mondo un fiume di acqua viva, lasciandosi stupire dalle sorprese che Dio sempre ci riserba. Anche in mezzo alla sofferenza e all’odio.”
Portare l’annuncio là dove c’è odio e violenza
Monsignor Pizzaballa invita a correre ad annunciare la Pasqua i cristiani di Terrasanta, dove in queste settimane è riesplosa la violenza del conflitto. Il Venerdì Santo a Gerusalemme è stato segnato dagli scontri nella Spianata delle Moschee, con feriti, arresti, polizia e militari su tutto il percorso della Via Dolorosa. Una atmosfera tesa, che non ha, però, impedito a fedeli e pellegrini di partecipare numerosi ai riti della settimana santa. Certi che il fuoco che dall’Edicola della Resurrezione accende migliaia di fiaccole nella veglia di Pasqua nella Basilica del Santo Sepolcro continua ad irradiarsi negli angoli bui del cuore dell’uomo. “Al Masieh al qam” – Cristo è risorto” ripete per tre volte in arabo il Patriarca al termine dell’omelia, mentre i fedeli rispondono “Haqqan qam – “Sì, è veramente risorto”.
Alla luce delle fiaccole, si rinnovano le promesse battesimali, si riceve l’acqua benedetta. La lunga liturgia si conclude in un clima di festa. Ci si scambia gli auguri di Pasqua, ci si mette in fila per una foto ricordo. All’uscita un lungo applauso accoglie la processione di frati e sacerdoti del Patriarcato latino. Cristo è veramente risorto, un dono di speranza da ridomandare ogni mattina. Come, da secoli, testimonia chi vive in questa terra, tanto ferita quanto benedetta.