Fausta Speranza – Città del Vaticano
In vista delle elezioni presidenziali previste in Libia il 24 dicembre, da domenica scorsa aumentano le iscrizioni dei candidati. Oggi l’Alta commissione nazionale per le elezioni ha precisato che la lista finale e definita verrà resa nota dopo che saranno completate le verifiche necessarie. Intanto fanno discutere nomi di peso che hanno fatto sapere di essere scesi in campo.
Il figlio di Gheddafi e il generale Haftar
Domenica scorsa ha presentato la sua candidatura Saif al-Islam Gheddafi, figlio del colonnello e ricercato dalla Corte penale internazionale nell’ambito delle inchieste per i crimini commessi durante la rivoluzione del 2011 che depose il padre. Poi è arrivato l’annuncio che il generale noto come Khalifa Haftar ha rinunciato temporaneamente alla guida dell’Esercito nazionale libico proprio per aspirare alla guida del Paese da civile. Precisamente il nome del cosiddetto uomo forte della Cirenaica è Khalīfa Belqāsim Ḥaftar Alferjani e nell’aprile del 2011 è stato promosso al grado di Tenente generale dalle autorità del Consiglio nazionale di transizione libico. “Dichiaro la mia candidatura alle elezioni presidenziali, non perché corro dietro al potere, ma per condurre il nostro popolo alla gloria, al progresso e alla prosperità”, ha detto Haftar in un discorso trasmesso in diretta tv da Bengasi, sua roccaforte. Il maresciallo di campo ha affermato che le elezioni di dicembre sono “l’unico modo per far uscire la Libia dal caos”.
Altri nomi di spicco
Ed è stato già registrato da giorni anche il nome dell’ex primo ministro libico Ali Zeidan. Il governo di Zeidan, in carica dal 14 novembre 2012 all’11 marzo 2014, era stato sfiduciato dal Parlamento di Tripoli. In precedenza era stato ambasciatore della Libia in India. Dopo aver abbandonato l’incarico era diventato oppositore di Muammar Gheddafi risiedendo in Germania. Il 10 ottobre 2013 ha subito un sequestro lampo da parte di miliziani armati che lo hanno prelevato dall’Hotel Corinthia di Tripoli con un presunto mandato di arresto. Un altro nome importante nella lista dei candidati è quello di Agila Salah, l’ex magistrato che dal 2014 è presidente della Camera dei deputati di Tobruk, la città dell’est dove il Parlamento si è ritirato dopo la guerra civile a Tripoli del 2015. Inoltre oggi ha formalizzato la sua candidatura l’ex vicepresidente Ahmed Maitig, uomo d’affari di Misurata noto in Europa e già vicepresidente del passato Consiglio presidenziale del Governo di accordo nazionale dell’allora premier Fayez al-Sarraj. Delle candidature abbiamo parlato con Luciano Ardesi, esperto dell’area nordafricana:
Ardesi innanzitutto chiarisce che c’è ancora tempo per registrare le candidature e che dunque sicuramente ne arriveranno altre. Ad esempio, nella Tripolitania, ossia all’ovest, fra gli altri hanno lasciato intendere di volersi presentare alle presidenziali sia Fathi Bashagha, l’ex ministro dell’Interno legato a milizie anti-Haftar, sia Dbeibah, sebbene sia in teoria incandidabile in quanto primo ministro. Ardesi sottolinea che si tratta di tuti nomi di peso ma che non si sa al momento quanto seguito abbiano sul terreno, in termini di controllo o appoggio di un partito, di milizie, di un movimento. È immaginabile un confronto molto sentito e acceso. Inoltre, Ardesi torna alla questione dei mercenari, ricordando che ci sono stati appelli al ritiro anche nell’ultima conferenza per la Libia della settimana scorsa,ma sottolineando che a parte alcune sporadiche partenze in realtà il grosso delle truppe mercenarie sono ancora sul terreno anche perché sia la Russia che la Turchia aspettano che sia l’altro Paese a iniziare il controllo del ritiro. Dunque – sottolinea Ardesi – è immaginabile che la popolazione si recherà a votare mentre i mercenari sono ancora sparsi sul territorio.
L’incognita legislative
C’è anche l’orizzonte delle elezioni legislative fissate per il 14 febbraio 2022, data che coincide con l’eventuale e probabile ballottaggio delle presidenziali. Ardesi infatti non ritiene probabile che esca subito un vincitore del voto presidenziale del 24 dicembre. Spiega che ancora non è chiaro lo svolgimento del voto legislativo e che non si sa quale sarà il peso della coincidenza. In ogni caso, i tempi sono stretti e la pressione delle urne non aiuta a immaginare che si plachino le forti tensioni sul terreno.
Perplessità all’interno del Consiglio di Stato
Il portavoce dell’Alto Consiglio di Stato (Hsc, una sorta di senato libico), Mohamed Abdel Nasser, ha criticato l’Alta Commissione elettorale nazionale (Hnec) mettendo in dubbio la sua capacità di condurre le elezioni in modo ordinato, equo e trasparente. Lo segnala oggi in un tweet il sito Libya Observer. Si parla ad esempio di errori fatti sulle piattaforme ufficiali dell’Hnec, ha sottolineato il portavoce. Esponenti dell’Hsc, insediato a Tripoli quale contrappeso politico del Parlamento basato a Tobruk, hanno già espresso a più riprese dubbi sulla legittimità delle elezioni presidenziali libiche di dicembre: la tornata si basa su una legge varata in maniera controversa dalla Camera dei deputati per favorire, secondo i suoi critici, il generale Khalifa Haftar.
Il sostegno al voto da Washington
Gli Stati Uniti sostengono il lavoro dell’Alta commissione elettorale nazionale della Libia, ne riconoscono gli sforzi per garantire la sicurezza e l’integrità del voto. Lo ha dichiarato l’ambasciatore statunitense Richard Norland durante un incontro con il capo dell’Alta Commissione elettorale all’aeroporto internazionale Maitika, come riporta Libya Review. “Ho sottolineato il sostegno degli Stati Uniti alle elezioni e, per quanto riguarda il settore energetico, l’importanza di mantenere una National Oil Corporation (Nov) unificata, tecnocratica e indipendente di fronte alle persistenti sfide alle sue operazioni”, ha twittato l’ambasciatore, che ieri ha anche avuto un incontro con la Us-Libya Business Association.