Dubrovnik: la Scuola saluta i giovani teologi, voci di dialogo nelle Chiese dei Balcani

Vatican News

Alessandro Di Bussolo – Dubrovnik (Croazia)

“Siamo riusciti a favorire prima di tutto il dialogo, tra i professori di teologia e gli studenti e gli studenti tra loro. Con questa Scuola abbiamo cercato di sviluppare una comunicazione tra i giovani e quest’anno volevamo che, discutendo su un tema come il comportamento dei cristiani nel mondo della politica, cercassero un modo giusto di stare come cristiani in politica”. L’arcivescovo Mate Uzinić, amministratore apostolico di Dubrovnik e coadiutore di Rijeka, traccia così, per Vatican News, un primo bilancio della seconda Scuola estiva di Teologia organizzata dalla diocesi della città dalmata, che ha visto per sei giorni 44 studenti e giovani teologi cattolici, ortodossi e protestanti dei Paesi balcanici confrontarsi con 5 docenti delle stesse Chiese cristiane.

Ascolta le parole deil’arcivescovo Mate Uzinić

Uzinić: un dialogo che è proseguito anche nel tempo libero

Prima della chiusura ufficiale di questa mattina, ai nostri microfoni il 53enne presule croato ha sottolineato che il dialogo è proseguito oltre “le lezioni e i lavori in gruppi che abbiamo organizzato”, toccando anche il tempo libero, con piccoli gruppi che hanno discusso fino a sera inoltrata nel giardino del seminario diocesano di Dubrovnik, già collegio della Compagnia di Gesù. “Mi è sembrato che qui la teologia sia diventata vita – ci ha detto monsignor Uzinić – qualcosa che ha stimolato i partecipanti, e li ha aiutati a sviluppare le proprie idee, e ad aiutare anche gli altri a vedere le cose in un modo nuovo. Tutto questo mi fa sperare che quello che è successo qui e che ci ha un po’ tutti cambiati, sarà qualcosa che noi porteremo lì dove viviamo e che ci aiuterà a pensare in un modo nuovo”.

Nella società per arricchirla con la bellezza della nostra fede

Questo significa, per il vescovo promotore della Scuola, alla guida dal 2011 al 2020 della diocesi di Dubrovnik di cui, da quando è stato nominato dal Papa arcivescovo coadiutore di Rijeka, ne è l’amministratore apostolico, “prima di tutto essere aperti al dialogo con tutti, nonostante le nostre diversità, e con la propria fede, ma anche con la ricerca teologica, aiutare le nostre società a diventare migliori, società nelle quali i cristiani rispettano gli altri, ma anche offrono i valori e la ricchezza della fede, che pensiamo possa arricchire non soltanto noi cristiani ma anche gli altri”.

Edizione croata del libro sul convegno teologico di Napoli 2019

Nella serata di ieri, nella sala san Giovanni Paolo II della diocesi, l’arcivescovo Uzinić ha presentato agli studenti della Scuola e al pubblico il libro: “Con tutti i naufraghi della storia – La teologia dopo la Veritatis Gaudium nel contesto del Mediterraneo”, traduzione in croato del lavoro curato da Secondo Bongiovanni e Sergio Tanzarella, ad opera di Loredana Fabijanić, storica della Chiesa e Branko Jurić, vicerettore del Collegio teutonico in Vaticano e dottorando in Teologia morale. Si tratta della raccolta di documenti del convegno teologico che si è tenuto a Napoli due anni fa, e che si è chiuso il 21 giugno 2019 con il discorso di Papa Francesco. I traduttori croati hanno aggiunto alcuni testi, tra i quali un saggio del teologo fra Ivan Šarčević, docente dell’Istituto teologico francescano di Sarajevo, tra gli insegnanti della seconda Scuola estiva di Dubrovnik.

Da Napoli “vento nelle vele” della Scuola di Dubrovnik

Il presule, nel presentare il volume insieme ai traduttori e allo storico della Chiesa di Rijeka Marko Medved, che ha moderato l’incontro, ha ricordato che il convegno di Napoli, e il discorso conclusivo del Papa, a meno di un mese dalla prima edizione della Scuola di Dubrovnik, sono stati “un grande aiuto, come un vento nelle vele”. E quindi “già nella prima Scuola si è cercato di tematizzare una piccola parte della complessa pluralità alla quale si riferiscono i lavori riportati su questo libro”.

Francesco e la teologia dell’accoglienza e del dialogo

Se il Papa a Napoli incoraggiava la ricerca teologica a superare la “teologia difensiva” per avventurarsi nel terreno della teologia dell’accoglienza e del dialogo, la Scuola di Dubrovnik, ha sottolineato Uzinić, ha cercato di incoraggiare prima “il dialogo intra-ecclesiale e intra-teologico, poi il dialogo ecumenico e infine quello con il mondo contemporaneo”. Ribadendo quanto scritto nella prefazione del volume, il primo edito dalla diocesi di Dubrovnik per quella che dovrebbe diventare una collana della Biblioteca Teologica Ragusina, l’arcivescovo ha spiegato che “essere teologo oggi, pensare a Dio, al senso dell’esistenza, all’inevitabilità del rapporto con l’altro, e giustificare i fondamenti della propria fede attraverso la ragione, è molto necessario, stimolante, interessante, ma richiede anche una grande responsabilità”.

Servono teologi ma anche testimoni della fede nel quotidiano

Perché da tutti questi confronti e da ogni parte arrivano domande nuove, diverse rispetto al passato, “alle quali siamo chiamati a rispondere nell’incontro e nel dialogo”. Per questo servono “teologi accademici ma anche testimoni della fede nella vita quotidiana. La teologia non è proprietà di sedicenti scribi né appartiene al club delle elites spirituali”, ma significa “avventurarsi nell’ignoto, in mezzo a persone straniere e diverse da noi. La teologia accademica, sottile nella sua ricerca speculativa, è necessaria, ma parlare di Dio a un primo livello dell’esistenza è cruciale anche per la fede”.

Il Papa e la necessità di libertà nella teologia

Dobbiamo entrare in dialogo con il mondo moderno e tutte le sue realizzazioni, ha concluso monsignor Uzinić, “per illuminarlo con la luce della fede. Come teologi, la cui chiamata è di proclamare la vocazione di tutta la creazione alla libertà, ma anche la possibilità della libertà in Gesù Cristo, dobbiamo dialogare con le diverse visioni della realtà e dell’uomo. Come dice il Vescovo di Roma, siamo chiamati ad andare alle periferie del pensiero. In questo senso è necessaria la libertà teologale”. Il Papa, ha ribadito infine l’arcivescovo coadiutore di Rijeka, “sottolinea che senza la possibilità di sperimentare nuove strade, non si crea nulla di nuovo e non c’è spazio per la novità dello Spirito Risorto, e aggiunge, nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium, che questa diversità aiuta a manifestare e a sviluppare meglio i vari aspetti dell’inesauribile ricchezza del Vangelo”.

Velcić: la ricchezza del confronto tra studenti e docenti

Per raccogliere il filo dei tanti temi toccati dai docenti della Scuola estiva di Teologia di Dubrovnik nelle loro letture e nelle discussioni con gli studenti, abbiamo chiesto aiuto a Bruna Velcić, giovane biblista di Rijeka, del gruppo di organizzatori della Scuola.

Ascolta l’intervista alla biblista Bruna Velcić

Lei ha moderato il confronto nel panel dei docenti e il dibattito con gli studenti di martedì sera. Cosa l’ha colpita di più di quella discussione?

Abbiamo veramente cercato di mettere insieme gli argomenti che erano importanti per noi durante questa settimana. Noi siamo venuti qui a Dubrovnik per riflettere sul rapporto tra fede e politica e quindi ci siamo concentrati su questo cercando di mostrare come la fede è politica, nel senso che ci porta ad impegnarci nel mondo per trasformarlo e avvicinarlo a Dio. Nella tavola rotonda sono stati toccati tutti i temi più importanti, tra quelli che poi sono stati discussi anche nei workshop durante la settimana. Ad esempio la secolarizzazione, il nazionalismo, che è un problema qui da noi, perché è legato con la nostra fede. Si è parlato anche delle varie esperienze personali di alcuni nostri professori qui presenti. Ad esempio suor Teresa Forcades ha parlato della sua attività politica, della propria esperienza, mentre il professor Halik ha parlato del periodo nel quale è stato consulente del presidente ceco Vaclal Havel. Tutti temi molto attuali, soprattutto per la nostra regione, ma anche in generale, perché viviamo in un mondo dove il populismo oggi è molto diffuso e fede e politica sono molto intrecciati e quindi bisogna riflettere su questo loro rapporto. Soprattutto se ci sono situazioni nelle quali la fede viene utilizzata per scopi politici o viceversa la politica per scopi che sono relativi alla fede. Quindi bisogna discernere, bisogna capire, come noi in quanto cristiani possiamo dare davvero un nostro contributo nella vita politica, ma in una maniera cristiana.

Come momento finale della Scuola ci sono state le relazioni sulle discussioni nei gruppi di lavoro. Quali idee e proposte sono emerse?

I temi trattati dai quattro workshop, ognuno tenuto da uno dei docenti presenti, sono stati molto diversi. Ad esempio, io non ho partecipato al gruppo di lavoro di suor Forcades, ma gli studenti ci hanno riferito di come loro hanno parlato dei quattro dogmi mariani e hanno collegato questo all’attività politica e questo è stato molto interessante perché è una cosa molto nuova anche per me. Una riflessione che mi ha colpito è come suor Teresa ha collegato l’Annunciazione, quando Maria dice il proprio “Fiat mihi” “Sia fatto di me”, con le prime parole di Dio nella Bibbia, “Fiat lux”, “Che sia la luce”. Quindi Maria che accetta di portare la luce nel mondo attraverso Cristo. Nel workshop del professor Papanikolaou hanno invece trattato a lungo il tema della secolarizzazione e anche del pluralismo, parlando anche della democrazia liberale, soprattutto in relazione alle Chiese ortodosse. Con il professor Halik si è parlato del futuro del cristianesimo e del momento che noi cristiani viviamo oggi. Perché lui sostiene che è il tempo per una nuova riforma e ha cercato di spiegare come prepararsi a viverla. Secondo Halik questa nostra società secolarizzata, che per alcuni è vista come pericolosa per la religione, è invece una sfida che impone un cambiamento alle Chiese cristiane e a tutte le religioni. Infine il teologo croato-bosniaco Ivan Šarčević ha riflettuto con il suo gruppo di lavoro soprattutto sul ruolo del teologo nella società, come dovrebbe comportarsi, offrendo anche alcuni esempi. Secondo Šarčević il teologo è chiamato ad essere attivo anche nella vita politica.

Cosa le lasciano questi giorni della Scuola? Ci racconti un momento, un incontro, una discussione che l’ha colpita?

Mi ha colpito l’incontro col professor Tomas Halìk, che io conoscevo superficialmente, ma ho partecipato ai suoi workshop che sono stati per me non solo un’esperienza intellettuale, accademica, ma anche spirituale. Mi ha colpito molto tutto quello che ci ha detto, perché si vede che è una persona che non soltanto ha una grande conoscenza, ma ha anche una grandissima esperienza e soprattutto una grandissima spiritualità. Mi porto a casa la sua riflessione sul futuro del cristianesimo e la sua indicazione: noi dobbiamo cercare di capire dov’è la Galilea di oggi. Parlando della Risurrezione, ci ha detto che Gesù risorto è uno straniero per i suoi discepoli: loro non lo riconoscono subito, ma poi lo riconoscono dalle sue ferite. E poi viene loro detto: “Andate in Galilea, è lì che lo incontrerete”. Halik ha detto che dobbiamo pensare a quali sono queste ferite attraverso le quali noi oggi possiamo riconoscere Cristo in mezzo a noi. Questa è la domanda sulla quale voglio riflettere adesso che la Scuola è finita.