Chiesa Cattolica – Italiana

“Donne Chiesa Mondo”, la neopresidente Usmi: il voto al Sinodo è un vento nuovo

Sul numero di giugno del mensile de L’Osservatore Romano, che esce sabato 3 giugno, l’intervista a Suor Micaela Monetti, nuova guida dell’Unione delle Superiore maggiori d’Italia. Commenta le novità decise sulla composizione dell’Assemblea generale del Sinodo e approfondisce le sfide attuali sulla formazione delle religiose

di Antonella Palermo

“Sono contenta che la riforma di Papa Francesco, passo dopo passo, manifesti il volto dell’ecclesiologia del Vaticano II”: lo sottolinea suor Micaela Monetti, delle Pie Discepole del Divin Maestro, commentando le recenti novità decise sulla composizione dei partecipanti all’Assemblea generale del Sinodo il prossimo ottobre in Vaticano che, tra gli aventi diritto di voto, prevedono una presenza di donne al cinquanta per cento tra i laici e cinque religiose tra le Superiori generali di Congregazioni. “Ho avuto un sussulto di gioia. Ho visto il volto di una Chiesa che evangelicamente davvero si rivela per quello che è: una comunità riunita nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e non solo in nome dei sacramenti, dei ministeri, delle questioni di genere. È stata colta l’istanza già emersa nei sinodi precedenti — scandisce — perché riconoscere il diritto di voto alla vita consacrata femminile è un passo allineato ai tempi”.

Suor Micaela, 67 anni — eletta il 14 aprile presidente dell’Unione delle Superiore maggiori d’Italia (USMI) — esprime il suo ringraziamento per quella che considera forza profetica del Papa. Accoglie questa ventata di rinnovamento convinta che porterà “uno sguardo altro nella vita della Chiesa e della società”: proprio ciò di cui sente da sempre il bisogno. A suo avviso, infatti, “la Chiesa italiana è ancora un po’ paralizzata dal clericalismo che vede la religiosa in funzione dei servizi ecclesiali. Dare voce e spazio all’esperienza e alla sensibilità femminile sarebbe necessario, intendendolo anche come riconoscimento a livello decisionale. Siamo valorizzate quando si tratta della cura degli spazi e delle persone — precisa — ma quando è ora di decidere è il parroco che decide». Suor Monetti è pienamente consapevole che non è questione di allungare pretese sul sacerdozio ministeriale, bensì di poter svolgere i servizi al massimo delle proprie attitudini. Per lei il presupposto è che ogni ministero è un servizio. “Se il ministero che mi è affidato investe tutte le mie energie e capacità perché devo pensare a un di più?”. E racconta, per esempio, di aver avuto la fortuna di incontrare donne a capo di comunità ecclesiali di base in Amazzonia o in Argentina dove “veramente c’è una diaconia ecclesiale che si esprime nella figura di un diaconato femminile che sappiamo sta maturando. Dovrebbe bastare”.

Monetti arriva a questo nuovo incarico dopo essere stata Consigliera generale fino al 2017 per un doppio mandato. Intravede bene le molte sfide che riguardano una presenza femminile di vita consacrata che sia significativa, e alla guida dell’USMI vuole dare il suo contributo “in semplicità e fraternità” per intraprendere percorsi anche coraggiosi. L’immagine delle seminatrici di speranza, che ha usato il Papa quando in Vaticano ha incontrato le religiose riunite in Assemblea generale sul tema In cammino sinodale, donne testimoni del Risorto, le piace molto “perché ci dà il senso della piccolezza — dice — ma anche la forza della generatività. Non si tratta di raccogliere frutti, perché qui non si vendono frutti, si vendono semi”. Racconta di come fare la Superiora l’abbia aiutata ad aprire mente, cuore, sguardo proprio sul diverso, su mondi culturali che magari conosciamo solo per turismo. Un approccio che incide anche sull’uso non scontato del linguaggio: “parlare di autorità in Paesi democratici, per esempio, ha un peso ben diverso rispetto alla stessa cosa fatta in contesti ex comunisti”.

È il modello del poliedro, tanto caro a Francesco, ciò che la interessa, un modello che riflette la confluenza di tutte le parzialità mantenendo in esso la loro originalità. In questa ottica, suor Micaela — con all’attivo un consistente impegno nella pastorale giovanile — indica nel Patto educativo globale un campo su cui lavorare molto. E confida una sua personale preoccupazione che ha a che fare con la ricerca di vie e modalità per affrontare, senza pregiudizi e sbrigativi respingimenti, la questione dell’identità di genere nelle scuole cattoliche italiane così come nelle strutture stesse di orientamento vocazionale. In effetti “la questione del gender è un tema che sta a me particolarmente a cuore — sottolinea suor Micaela — perché le nuove generazioni, le giovani che si interrogano su una proposta vocazionale, noi le incamminiamo su dei percorsi senza dare particolare attenzione a una identità di genere consolidata ma che oggi riceve tante sfide”.

Sulla base dell’esperienza riportata sul campo quotidianamente da tante consorelle impegnate in un’opera formativa a tutto campo, la neo presidente fa riferimento a un’affettività “provocata da tanta confusione e da tanta instabilità”.

E aggiunge: “C’è un mondo sempre più fluido. Bisogna accogliere l’invito che fa il Papa ad ascoltare prima di giudicare e incasellare, e riconoscere che Dio ha una parola buona e uno sguardo buono e non si può chiudere la porta a priori. Bisogna esserci, ed esserci in modo preparato”. Monetti spiega che nei cammini di discernimento vocazionale e di ricerca il più delle volte non si percepisce subito l’orientamento della giovane, laddove molto gioca anche il timore dello stigma. “In genere è nel periodo di juniorato, nella fase dei voti perpetui che emergono quelle che anche per le formatrici sono delle vere sorprese: ciò che sembrava certo fino all’altro ieri, non lo è più. È un campo che ci sta interpellando con domande forti e certamente disorientanti. Io non ho le risposte ma è necessario abitare questa realtà e cercare insieme il progetto di Dio. Perché — prosegue — ci sono forme e forme di vita consacrata. Non possiamo bypassare questa realtà, occorre prossimità. E anche i nostri adolescenti devono trovare nelle nostre consacrate dei punti di riferimento che aiutino nelle domande che si stanno facendo”. Del resto, a questo proposito, suor Micaela si sente in linea di continuità con madre Yvonne Reungoat, di cui raccoglie il testimone: lei che con il carisma da salesiana ha dato un grosso contributo alla pastorale giovanile. “Si può essere gioiose, aperte come ci vuole Papa Francesco — afferma ancora suor Micaela — solo se si ha una maturità affettiva”.

Come, dunque, non essere sollecite a cogliere nel mondo dei social una opportunità? Sono ambiti che affascinano l’USMI, palestre di confronto e dialogo. Perché “il cammino sinodale non è solo camminare insieme, ma è una comunità che trova una via di discernimento collettivo imparando metodi migliori di comunicazione”. La grande scommessa di fondo, in cui tutte si innestano, è infatti quella dell’interculturalità, che non è solo accoglienza. Il punto è passare dalla Babele alla Pentecoste, capirsi: di questo, conclude suor Micaela, hanno bisogno le nostre comunità.

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