Chiesa Cattolica – Italiana

“Donne autrici di un’altra storia”, una contronarrazione che porta speranza

Fausta Speranza – Città del Vaticano

Vulnerabilità, connessione, speranza: sono tre termini che in tempi di pandemia hanno accompagnato giorni e pensieri di tutti. E sono per questo i titoli delle sezioni del volume “Donne autrici di un’altra storia. Un mosaico di voci per ripensare il presente” (Tau Editrice). L’obiettivo del progetto, curato da Anna Moccia e Claudia Giampietro per la rivista digitale Terra e Missione, con la prefazione di suor Alessandra Smerilli, segretario ad interim del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, è uno scambio di messaggi tra le autrici e tra le autrici e il mondo. Alla presentazione oggi a Roma anche suor Nathalie Becquart, sottosegretaria della Segreteria generale del Sinodo dei vescovi, che ha curato la postfazione del volume.

Del progetto e delle finalità abbiamo parlato con Anna Moccia, direttore di Terra e Missione:

Ascolta l’intervista con Anna Moccia

Moccia racconta che a firmare i contributi sono trenta donne, in molti casi diverse per il tipo di impegno nella società e distanti migliaia di chilometri tra loro: teologhe, psicologhe, religiose, storiche, ambientaliste, esperte di dialogo interreligioso, missionarie, donne che si battono contro la tratta di esseri umani. Dall’impegno di suor Roselei Bertoldo e suor Rita Giaretta contro la tratta alla riflessione sulle donne nella Bibbia di Rosanna Virgili, all’appello all’uguaglianza di Noemi Di Segni. Insieme, riflettono sul cambiamento storico dovuto alla crisi pandemica, sulla vulnerabilità che ne è emersa nei diversi contesti geografici. Non mancano le domande sulle inevitabili conseguenze per la società, la vita religiosa, gli equilibri estremamente precari in cui si trovano numerose popolazioni, lo sfruttamento degli esseri umani, il ruolo della donna, l’interconnessione. La sensibilità e la forza rigenerativa delle donne offrono una chiave di lettura per alimentare nuova vita. È ascoltando queste voci che possiamo allontanare il pessimismo, pericoloso ne-mico capace di farci rinchiudere in noi stessi, nel nostro egoismo e nelle nostre paure. Grazie ai numerosi messaggi possiamo collaborare per costruire una società più equa e più solidale.  

La speranza non è solo una virtù

La donna protagonista di speranza è quanto sottolinea Mariapia Garavaglia, docente, già parlamentare e ministro della Sanità. È stata presidente della Croce Rossa Italiana e vicepresidente internazionale di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa. Oggi, tra gli altri impegni, è vicepresidente del Comitato Nazionale di Bioetica:

Ascolta l’intervista con Maria Pia Garavaglia

Garavaglia innanzitutto chiarisce un concetto dirompente: “La speranza non è solo una virtù, è la vita”. Spiega: “Nelle difficoltà familiari e comunitarie c’è una protagonista che, per il solo fatto di esserci, garantisce che la vita continui nelle sue diverse dimensioni. È accaduto anche durante la tragica esperienza della pandemia. In casa, negli ospedali o nelle Rsa, il carico maggiore del prendersi cura, nell’assistere, è stato sostenuto soprattutto dalle donne”. Fatto, questo, non sempre ricordato. “In famiglia i ruoli delle donne si sono sovrapposti come sempre: il lavoro da casa ha evitato la mobilità, ma ha comportato assistere i figli e altri familiari, comprese le persone anziane, spesso con qualche compromissione della salute”. E Garavaglia afferma che anche le grandi questioni sono state interpretate da donne: si pensi a Ursula von der Leyen impegnata, con altri e anche con la Merkel, a salvare l’Unione Europea, cercando di recuperare la missione dell’Europa sognata dai Padri Fondatori. “La donna – dice Garavaglia – è crocevia di sviluppo e radice di democrazia: sia che se ne riconosca il ruolo o che, come accade in molte società, non abbia ancora raggiunto il riconoscimento dovuto e meritato”.

Raccontare un’altra Africa

Dominique Atim Corti, medico, presidente della Fondazione Corti, è nata al St. Mary’s Lacor Hospital di Gulu, in Nord Uganda, l’ospedale fondato sessant’anni fa dai suoi genitori, i medici Piero Corti e Lucille Teasdale. Da 25 anni, insieme con i collaboratori della Fondazione (fondazionecorti.it), si dedica a raccogliere fondi e assicurare assistenza perché il Lacor possa continuare ad offrire le migliori cure possibili alla popolazione più fragile di quest’angolo d’Africa:

Ascolta l’intervista con Dominique Corti

Dominique Corti ricorda che all’ospedale si è lavorato senza mai abbandonare la gente, nonostante le decennali guerre civili e le epidemie di Hiv, meningite, Ebola. E oggi ci si batte contro il Covid-19. “Il punto – sottolinea – è che non si sarebbe potuto fare e non si sarebbe fatto se non ci fosse il contributo, da protagoniste, di centinaia di infermiere locali”. Corti racconta che nel periodo dei continui attacchi di guerriglieri nessuna di loro si è mai assentata dal proprio posto di lavoro: “Gli uomini armati andavano a rubare medicine e materiale sanitario e quando non trovavano nulla sequestravano proprio le infermiere”. Per questo le professioniste cercavano di lavorare in abiti civili, ma non si sono mai assentate. Il medico sottolinea la filosofia dell’ospedale St. Mary’s: “Affrontare l’emergenza senza mai perdere di vista le esigenze locali, quelle malattie della povertà che le pandemie esacerbano e amplificano”. “La strada per intervenire durante queste emergenze, quando lavori nelle periferie del mondo – ricorda – è sostenere il personale perché possa lavorare su due fronti: attrezzarsi e formarsi per affrontare la nuova sfida, mentre si continua a tenere alta l’attenzione verso le malattie più comuni, quelle che mietono più vittime”. Il messaggio centrale di Corti è che “in un mondo così complesso, ma sempre più interconnesso, speranza per il futuro significa agire su più fronti contemporaneamente, partendo dalla formazione”. 

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