Antonella Palermo – Città del Vaticano
Uomo di carità, realizzatore del bene comune, costruttore di grandi obiettivi e visionario. Così monsignor Nunzio Galantino, presidente dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (APSA), ha ricordato oggi presso Palazzo Giustiniani, sede del Senato della Repubblica, la figura di don Luigi Sturzo in occasione dei 70 anni della nomina del sacerdote e politico a Senatore a vita. Una lectio magistralis, quella di Galantino, per trasformarci “da studiosi a discepoli”.
La “crociata d’amore” di Sturzo
In un tempo fortemente segnato da conflitti di vario genere, dall’aumento di povertà vecchie e nuove e da una evidente e tragica crisi del pensiero politico, Galantino recupera alcuni tratti salienti della testimonianza di Sturzo illuminanti anche per la nostra attualità. “La cosa pubblica ha bisogno di un atto d’amore per il bene delle persone. Soprattutto di quelle che non ce la fanno”: è il cuore del messaggio del prete di Caltagirone, noto per la sua celebre espressione “crociata d’amore”, che “aveva preso sul serio il Vangelo”.
Attento alla dignità della ‘povera gente’
Monsignor Galantino si sofferma sul modo di intendere la carità da parte di don Sturzo: una carità non assistenzialistica (che non risolve) ma che entri nella vita pubblica, diventando la stella polare della vita sociale, economica e amministrativa. Chiamato a ricucire la frattura sociale tra etica e politica, Sturzo sentiva urgente il bisogno di mostrarsi attento allo sfruttamento agricolo, alla mancanza di dignità della ‘povera gente’, convinto che la vera soluzione alla questione operaia fosse l’alleanza tra capitale e lavoro. Con questa disposizione, rispose in maniera incisiva e sollecita all’invito di Papa Leone XIII di “uscire dalle sacrestie”. Ciò che allora si domanda Galantino oggi, e che pone al centro del suo intervento, è perché l’invito di Papa Francesco ad essere Chiesa in uscita – invito che ricalca quello analogo di portare il Vangelo fuori dalle sacrestie – “non trova altrettante risposte convinte ed entusiaste, al limite della sana provocazione”.
Uscire dalle sacrestie: perché oggi manca la sollecitudine di Sturzo?
Il presidente dell’APSA chiarisce che la vocazione sacerdotale di Sturzo e l’impegno al servizio della civitas non impoveriva la sua statura politica. Ma soprattutto, Galantino torna a citare Leone XIII precisando che uscire dalle sacrestie “vuol dire abbandonare coraggiosamente i luoghi comuni, la retorica e il politicamente corretto. Sono le forme di uscita più faticose. Soprattutto per la Chiesa e per la sua storia millenaria. Fatta di splendide realizzazioni, animata da uomini e donne straordinari, ma – osserva – continuamente esposta anche a forme di compromesso più o meno striscianti”.
Un apostolato visionario contro i muri della discriminazione
“A fronte della pigrizia mentale e a fronte di un cristianesimo di facciata – aggiunge – ai tempi di Sturzo come ai nostri tempi, l’apostolato visionario del prete di Caltagirone, radicato fortemente nel Vangelo, diventava uno strumento dirompente. Indispensabile per abbattere i muri della discriminazione. Qualsiasi forma essa avesse”. Galantino conclude la sua prolusione ricordando la scelta di don Sturzo di entrare tra i Terziari domenicani, affascinato dallo stretto legame che San Domenico aveva posto tra Parola ascoltata, predicata, praticata e testimoniata. Un aspetto che coltivò fino alla fine.