Eugenio Bonanata e Giovanni Orsenigo – Città del Vaticano
Walter e Daniela sono marito e moglie. I loro nomi sono di fantasia perchè corrono un rischio enorme a condividere l’esperienza che stanno vivendo. Dopo essersi visti negare l’assegnazione di un alloggio popolare, sono finiti nel cosiddetto “racket delle case” e alla fine hanno trovato riparo all’interno di un vecchio bar abbandonato. “Dormiamo per terra, con l’umido e l’acqua che cade dal tetto”, affermano. “In queste condizioni non posso vivere perché sto morendo”, precisa Daniela alla quale è stato diagnosticato un tumore, in aggiunta alle altre patologie e alle altre operazioni che ha già dovuto affrontare. In tanti li hanno visti vivere per strada, ma nessuno li ha aiutati. “Solo don Antonio – aggiunge Walter – si è fermato per aiutarci”.
La processione della legalità
Il riferimento è a don Antonio Coluccia, sacerdote che da anni è impegnato nella borgata romana di San Basilio per fronteggiare la vendita di sostanze stupefacenti. Lo strumento che utilizza è quello che lui stesso definisce “la processione della legalità”: il religioso ogni sera gira a piedi per le strade del quartiere, insieme alla scorta che gli è stata assegnata, armato soltanto di megafono e Vangelo per fermare la piazza di spaccio almeno per qualche ora.
Robot senza cuore
“Mi sorprende che non ci si lasci più colpire dalle sofferenze delle persone”, commenta don Antonio al fianco di Walter e Daniela. “Stiamo diventando dei robot senza cuore che non hanno più occhi per vedere e braccia per abbracciare”. Ma cosa c’è alla base della vicenda? La ricerca di una dimora ha portato la coppia a conoscere una persona: “l’abbiamo pagata, ci ha aperto la porta e ci ha lasciato le chiavi”, ripetono. Solo dopo, però, hanno scoperto che quell’immobile era sotto sequestro e dunque non solo sono stati cacciati, ma hanno ricevuto anche una denuncia. “Per un anno – raccontano ancora – abbiamo pagato 300 euro al mese di affitto, ma un giorno la persona che ci aveva fatto entrare è venuta a cacciarci”.
Un sistema ben rodato
È così che funziona il mercato nero delle case. Un sistema ben rodato – avverte don Antonio – che è gestito dalle organizzazioni criminali, le quali a San Basilio hanno ormai “militarizzato il territorio”. In pratica qualcuno offre decine di migliaia di euro agli affittuari degli appartamenti di proprietà del Comune, realizzando quella che in gergo viene chiamata “uscita”. Poi, chiavi in mano, si cerca un altro affittuario che a fronte di qualche centinaia di euro al mese ha “diritto” ad un tetto sopra la testa. L’altra strada, invece, come nel caso di Walter e Daniela, prevede di togliere i sigilli delle Forze dell’Ordine dagli immobili sotto sequestro e metterli sul “mercato”.
Accendere una luce
“Vorrei solo una casa popolare per riscaldarmi e lavarmi”, afferma Daniela: “in questo bar abbandonato dove viviamo oggi c’è solo l’acqua fredda”. Parole che spingono don Antonio a ricordare i continui richiami di Papa Francesco a stare vicino ai più bisognosi, ad ascoltare con il cuore e a sporcarsi le mani. “A volte non ho parole per consolare e nemmeno soluzioni per queste situazioni. Però, mi faccio parte della loro vita e cerco di vedere i loro bisogni: il nostro essere al loro fianco significa dare un segno di speranza a queste persone”. L’obiettivo è solo di accendere una luce su questi contesti difficili, spesso abbandonati anche dallo Stato. “Bisogna raccontare le storie”, esclama. “In questo territorio, le persone vivono nella totale sofferenza, nel totale abbandono e nella totale indifferenza”.