Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano
Un maestro “sostenuto da una incrollabile fiducia in Dio”. Un padre al servizio dei giovani, “a partire dai più fragili e abbandonati”, che ha proposto “uno stile educativo fatto di ragione, religione e amorevolezza”. È questo il ritratto di don Bosco tratteggiato da Papa Francesco durante la visita pastorale a Torino nel 2015 nella Basilica di Maria Ausiliatrice, un luogo “che rappresenta il cuore della vita e dell’opera” del santo piemontese. “Un grande Santo, padre e maestro della gioventù” lo ha richiamato ieri, alla vigilia della sua festa ancora Francesco, un santo che “non si è chiuso in sagrestia”, ma con la sua caratteristica “creatività” è uscito sulla strada a cercare i giovani”.
Il programma per la salvezza delle anime
Don Bosco dedica la propria vita spirituale e apostolica ad un preciso “programma”: “Da mihi animas, cetera tolle” (Dammi le persone; i beni prendili per te, Gen 14, 21). In queste parole, ricorda Benedetto XVI nella lettera indirizzata nel 2008 ai partecipanti al XXVI Capitolo generale dei salesiani, “è racchiusa tutta la personalità del grande santo: una profonda spiritualità, l’intraprendenza creativa, il dinamismo apostolico, la laboriosità instancabile, l’audacia pastorale e soprattutto il suo consacrarsi senza riserve a Dio e ai giovani. Egli fu un santo di una sola passione: la gloria di Dio e la salvezza delle anime”.
Toccati dal carisma di don Bosco
Nella figura di don Bosco si compie un “interscambio tra educazione e santità”. Come spiega nel 1996 San Giovanni Paolo II rivolgendosi ai salesiani, l’apostolo dei giovani “realizza la sua personale santità mediante l’impegno educativo, vissuto con zelo e cuore apostolico, e sa proporre, al tempo stesso, la santità quale meta concreta della sua pedagogia”. Nel 1988, durante la visita pastorale a Torino, Papa Wojtyła inoltre afferma: “Quando mi trovo qui su questo ‘Colle delle beatitudini’, Colle don Bosco, quando mi trovo qui a guardare il frontone di questa chiesa, non posso non ricordare il frontone di un’altra chiesa che assomiglia un poco a questa, anche architettonicamente: la parrocchia di san Stanislao Costka a Cracovia. Là mi ha toccato attraverso i suoi figli spirituali, i salesiani, il carisma di don Bosco”.
Insegnamenti che non invecchiano
Per Paolo VI il santo piemontese è “un incomparabile esempio di umanesimo cristiano”. I principi umani e cristiani sui quali si basa la sua sapienza educatrice, sottolinea Papa Montini il 20 dicembre del 1971 in un discorso al termine del Capitolo generale speciale della società salesiana, “portano in sé valori che non invecchiano”. Sempre nel 1971, incontrando i religiosi dell’ateneo salesiano, Paolo VI afferma che “le profonde esigenze della spiritualità e del ministero sacerdotale restano, nella loro sostanza, immutate nei secoli, e domani come oggi si chiameranno: unione con Dio, amore alla croce, distacco dai beni della terra, spirito di preghiera, generosa e vigilante castità, ubbidienza piena ai rappresentanti di Dio e dedizione totale al servizio del prossimo”. “È questo – aggiunge – lo spirito di san Giovanni Bosco. Ed è questa la testimonianza che la grande famiglia salesiana continua a dare nel mondo”.
Apostolo della gioventù
San Giovanni Bosco, ricorda Giovanni XXIII durante il Pontificato, è “l’apostolo della gioventù” ed è “tuttora vivo nell’incanto che egli esercita sulle anime giovanili”. Papa Roncalli da ragazzo leggeva le “Letture Cattoliche di Don Bosco”. “Questo nome – sottolinea Giovanni XXIII il 31 gennaio del 1960 riferendosi al santo piemontese – è un poema di grazia e di apostolato: da un piccolo borgo del Piemonte ha portato la gloria e i successi della carità di Cristo ai confini più lontani del mondo”. “Al suo nome benedetto – aggiunge Giovanni XXIII – la Santa Chiesa associa i suoi santi conterranei Giuseppe Cottolengo e Giuseppe Cafasso: e al richiamo di questa triade si risvegliano i ricordi di innumerevoli sacerdoti umili e grandi eroi della carità, che in Italia, nelle antiche diocesi, come in tutte le nazioni di Europa e del mondo dove la Chiesa di Roma estende i suoi padiglioni, perennano le manifestazioni dello zelo sacerdotale e pastorale ardente e fedele”.
L’oratorio, “una piccola Chiesa” per i ragazzi
Un altro tratto distintivo della vita di don Bosco, come ricorda Pio XII nel 1940, è la preghiera. “Fondando la sua prima casa di educazione e di insegnamento – spiega Papa Pacelli durante l’udienza generale del 31 gennaio del 1940 – volle chiamarla non laboratorio, ma oratorio, come egli stesso disse, perché intese di farne anzitutto un luogo di preghiera, una piccola Chiesa ove radunare dei giovanetti”. “Ma il suo ideale – spiega Pio XII – era pure che l’oratorio divenisse per i ragazzi, che vi avrebbe raccolti, quasi un focolare domestico. Non era forse perché ‘mamma Margherita’ aveva fatto per lui della casetta dei Becchi una specie di oratorio? Immaginatevi colà la giovane vedova con í tre fanciulli inginocchiati per l’orazione della mattina e della sera; vedeteli simili a piccoli angeli, nei loro abiti festivi che ella ha con ogni cura cavati dall’armadio, recarsi nella borgata di Murialdo per assistere alla Santa Messa”.
Gli incontri con i Papi
Don Bosco conosce personalmente diversi Pontefici, prima e dopo l’elezione al soglio di Pietro. Nel 1858 incontra Pio IX. Persuaso che la sua opera fosse voluta da Dio e quanto mai necessaria, il Papa gli dà preziosi consigli. Venti anni dopo, nel 1878, viene ricevuto in udienza da Leone XIII che accetta di essere il primo cooperatore salesiano. Nel 1875 Pio X, quando era canonico della cattedrale di Treviso, incontra a Torino il prete dei giovani. Anche il futuro Papa Sarto si fa iscrivere fra i cooperatori salesiani. Durante il Pontificato, Pio XI ricorda che don Bosco è stato per lui, nel periodo della gioventù e degli studi, fonte “di conforto e di stimolo”. In particolare nell´autunno del 1883, quando è un giovane sacerdote, il futuro Pontefice si reca in visita a Valdocco, dove si ferma due giorni. Fonti salesiane ricordano che si è seduto alla mensa di don Bosco e poi è ripartito “pieno di profondi e soavi ricordi”. Proprio Pio XI lo proclama santo il primo aprile del 1934. “Di doppia letizia in questo giorno che fece il Signore – scrive in quell’occasione il Pontefice in una lettera – esulta con Noi l’intera Chiesa di Cristo, mentre, indossata la veste nuziale, tra canti e inni di gioia va incontro al Divino suo Sposo, magnifico vincitore della morte e dell’inferno, e nello stesso tempo consacra solennemente un altro suo figlio, Giovanni Bosco, onore fulgidissimo della nostra Italia e di tutto l’orbe cattolico”.
Una vita accanto agli ultimi
La vita di don Bosco resta una testimonianza indelebile che continua a ispirare nel mondo attività pastorali, progetti e carismi al servizio dei giovani e dei poveri. Nato a Castelnuovo d’Asti il 16 agosto del 1815 da una famiglia di agricoltori, Giovanni rimane orfano di padre a soli due anni. La madre Margherita è un esempio di vita cristiana. Sin da piccolo, comincia a sentire il desiderio di diventare sacerdote. A nove anni ha un sogno profetico: è in mezzo a una moltitudine di fanciulli intenti a giocare. Alcuni, però, bestemmiano. Subito Giovanni si getta su questi ultimi con pugni e calci per farli tacere. Ma un personaggio (Gesù) gli dice: “Non con le percosse, ma con la bontà e l’amore dovrai guadagnare questi tuoi amici…Io ti darò la Maestra (Maria) sotto la cui guida puoi divenire sapiente, e senza la quale, ogni sapienza diviene stoltezza”. Poco dopo l’ordinazione, Giovanni raccoglie intorno a sé i primi ragazzi. Comincia a dare ricovero a degli orfani senza tetto. Insegna loro un lavoro e ad amare il Signore, canta, gioca e prega. L’8 dicembre del 1844 inaugura nella periferia di Torino, a Valdocco, un “oratorio” dedicato a san Francesco di Sales. In quel periodo, sono molti i ragazzi poveri in cerca di lavoro, orfani o abbandonati, esposti a molti pericoli.
Il “sistema preventivo” e la famiglia salesiana
La vita del santo piemontese si intreccia con quelle, spesso non facili, di tanti giovani. Nel corso degli anni, don Bosco sviluppa il suo metodo educativo, il “sistema preventivo”: “State con i ragazzi, prevenite il peccato con ragione, religione e amorevolezza. Diventate santi, educatori di santi. I nostri ragazzi si accorgano di essere amati”. Per tradurre queste parole nella quotidianità fonda, nell’arco della sua vita dedicata al Signore, la Società di San Francesco di Sales, l’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice e i salesiani cooperatori.
La morte e le esequie
Don Bosco muore a 72 anni, il 31 gennaio del 1888 a Torino. Le esequie vengono celebrate nella chiesa di Maria Ausiliatrice. “Al solenne accompagnamento funebre – ricorda Pio XI nel giorno della canonizzazione (1 aprile 1934) – presero parte vescovi, canonici, parroci, e moltissimi sacerdoti giunti anche da lontani paesi, ed una moltitudine di fedeli”. Più che un funerale, aggiunge Papa Ratti, “sembrò un vero trionfo o la traslazione delle reliquie di un santo”. Dopo la morte, “la fama di santità che giustamente si era meritato in vita” cresceva di giorno in giorno. Moltissimi, sottolinea Pio XI nella lettera “Geminata laetitia”, “intrapresero a frequentare il sepolcro sia per onorarlo, sia in adempimento di voti, sia per invocarne l’aiuto presso Dio”.
Don Bosco e i giovani di oggi
I salesiani seguono le orme di Don Bosco in tutto il mondo. Nella “Carta di Identità della famiglia salesiana”, un documento che fa riferimento alla missione, alla formazione e ai metodi di educazione ed evangelizzazione, si ricorda innanzitutto l’esperienza carismatica e spirituale del fondatore. “Con umile e gioiosa gratitudine riconosciamo che Don Bosco, per iniziativa di Dio e la materna mediazione di Maria, diede inizio nella Chiesa ad una originale esperienza di vita evangelica. Lo Spirito plasmò in lui un cuore abitato da un grande amore per Dio e per i fratelli, in particolare i piccoli e i poveri, e lo rese in tal modo padre e maestro di una moltitudine di giovani, nonché fondatore di una vasta famiglia spirituale ed apostolica”. Il carisma dell’apostolo della gioventù continua a ispirare persone di buona volontà. Oggi la famiglia salesiana comprende 32 gruppi ufficialmente riconosciuti formati da un totale di 402.500 membri. In questo tempo scosso dalla pandemia, sottolinea don Giuseppe Costa, co-portavoce della Congregazione salesiana, don Bosco cercherebbe di non far sentire i giovani soli.
Oggi don Bosco utilizzerebbe tecnologie che consentono una comunicazione “per far percepire una presenza ai giovani, ai ragazzi”. La chiave del suo carisma, sottolinea don Giuseppe Costa, è “far sentire i giovani a casa loro”, far sentire l’educatore come “qualcuno che vuole il bene di ogni ragazzo”. In questo tempo di pandemia, ricorda don Costa, le opere salesiane, in buona parte, sono rimaste aperte. Prospettare ai giovani un futuro, nonostante le difficoltà, è un grande dono da offrire ai giovani di oggi e che “rinnova il metodo di don Bosco”.