Chiesa Cattolica – Italiana

Don Benzi, il prete dalla tonaca lisa e lo sguardo profetico

“La forza della tenerezza: cent’anni di don Oreste” è la tavola rotonda che si tiene oggi a Rimini, una prima iniziativa fra quelle che celebrano il centenario della nascita del sacerdote romagnolo, “infaticabile apostolo della carità” come lo aveva definito Papa Benedetto XVI. Capace di ascolto profondo, il suo carisma – raccontano alcuni testimoni – resta quello di seguire un Gesù povero e servo, che condivide la vita degli ultimi

Benedetta Capelli – Città del Vaticano

“Un sorriso da orecchio a orecchio, sempre con le braccia aperte e con una capacità di ascolto profondo nonostante le fatiche e la stanchezza”. È l’immagine di don Oreste Benzi che Matteo Fadda, presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII, ha più a cuore. Di questo prete romagnolo, nato il 7 settembre 1925 a San Clemente, un paesino sulle colline dell’entroterra di Rimini, si ricorda la lunga tonaca nera, gli occhiali grandi e sempre quel sorriso che era la porta d’accesso a un cuore accogliente e pieno di Dio.

A Rimini, oggi, l’evento di apertura del centenario della nascita di don Oreste Benzi con la tavola rotonda “La forza della tenerezza: cent’anni di don Oreste” a cui parteciperanno il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana, Stefano Zamagni, presidente del Comitato Nazionale per il Centenario, monsignor Nicolò Anselmi, vescovo di Rimini. A seguire la Messa nella Basilica Cattedrale di Santa Colomba e un momento di convivialità.

I poveri, nostri maestri

Sesto di nove figli, don Benzi è stato direttore spirituale in seminario a Rimini, assistente diocesano della gioventù di Azione Cattolica e insegnante di religione nelle scuole superiori. Nel 1968 ha dato vita alla Comunità Papa Giovanni XXIII, presente attualmente in 42 Paesi del mondo: in Africa, in Sud America, in Asia nell’Europa nordoccidentale, dell’est, in Russia e anche nelle zone di conflitto, Palestina, Colombia, Libano e anche l’Ucraina. “La Comunità – racconta il presidente Matteo Fadda – è costituita in larga parte da laici, è caratterizzata dall’accoglienza degli ultimi, i nostri maestri, li chiamava don Benzi”. Centrale nel metodo di don Oreste è la convinzione che tutti hanno diritto ad avere una famiglia soprattutto chi non ce l’ha e “la disponibilità a mettere la nostra vita insieme a quella delle persone che incontriamo – aggiunge Fadda – 24 ore al giorno, 7 giorni su 7 per tutto il tempo in cui il Signore ci chiede di farlo”. Resta vivo, anche a distanza di 17 anni dalla morte di don Benzi, il carisma ricevuto e riconosciuto dalla Chiesa che si fonda su “un Gesù povero, un Gesù servo che condivide la vita degli ultimi nella propria quotidianità”.

Ascolta l’intervista a Matteo Fadda, presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII

https://media.vaticannews.va/media/audio/s1/2024/09/12/11/138256659_F138256659.mp3

Un miracolo che tarda ad arrivare

Dieci anni fa l’apertura della causa di beatificazione di don Oreste. “Siamo nella fase romana presso il Dicastero della Cause dei Santi”: spiega la postulatrice Elisabetta Casadei, teologa e docente di Filosofia alla Pontificia Università Gregoriana, profondamente legata al sacerdote romagnolo. A 21 anni infatti gli confessò di voler andare a Roma a studiare teologia, lui non era molto favorevole perché diceva che quella materia veniva insegnata in modo astratto. “Non dimenticarti dei poveri”: era stata la sua raccomandazione, accettando la scelta della sua futura postulatrice. “Sono stati ascoltati più di 130 testimoni, 18 mila pagine di documenti – spiega la Casadei – a cui bisogna allegare circa 30 libri, gli articoli, gli interventi ai convegni, in tv nelle radio. Sono 56 volumi da esaminare, per Paolo VI ne sono stati presentati 60. Da qui verrà ricavata la positio che sarà valutata dagli esperti. Al momento ci sono notizie di tante grazie soprattutto legate alla maternità ma nessun miracolo. Sono convinta – spiega con un sorriso la postulatrice – che ci metta tanto ad arrivare perché don Oreste era un ritardatario cronico, la gente lo fermava in continuazione e quindi faceva tardi. A parte gli scherzi, credo che lui abbia voluto far arrivare prima

Don Benzi mentre parla con alcuni ragazzi al G8 di Genova

Siamo tutti fratelli

“L’uomo diceva don Oreste è fatto per stare in relazione e se riconosciuto come persona allora esiste”. Da questa certezza, il fondatore della Comunità Giovanni XXIII ha dato vita alle case famiglia dove le figure, una paterna e una materna, mettono la loro vita a disposizione degli altri, in uno spirito di gratuità. È un’intuizione profetica che porta, spiega la postulatrice, a guarire dalle ferite e a far fiorire su questa matrice anche le comunità terapeutiche. È un camminare insieme come “popolo” – altra parola chiave nella spiritualità di don Benzi – perché ognuno è chiamato a cambiare la storia, a riscoprire il peso del proprio operato nell’edificazione di un mondo nuovo. Un cammino, sottolinea la Casadei, che è molto sinodale e che si articola in tre principi: decidere insieme; partire dai problemi della vita per rispondere con fede ed indicare punti di azione concreti dopo aver modulato sempre insieme la conoscenza dottrinale e quella esperienziale.

Un albo dei profeti

Analizzando la vita di don Oreste Benzi, la postulatrice mette in luce la sua importante capacità profetica, molte intuizioni del sacerdote, anche riguardanti l’economia con l’idea di una società basata sulla gratuità e non sul profitto, le possiamo ritrovare pure nei punti cardine del magistero di Papa Francesco. “Essere profeti – afferma – è un brutto mestiere perché si è incompresi, la profezia è un dono che va accolto e vissuto, ci vuole una grande fortezza. Mi lancio in una provocazione, visto che nella Chiesa c’è l’albo dei santi, quello dei martiri, mi piacerebbe ci fosse anche l’albo dei profeti dove inscrivere a pieno titolo la figura di don Oreste Benzi”.

Ascolta l’intervista alla postulatrice Elisabetta Casadei

https://media.vaticannews.va/media/audio/s1/2024/09/12/13/138257005_F138257005.mp3

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