Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano
Nel mondo lacerato da guerre e violenze, occorre “rimboccarsi le maniche per costruire la pace”. Lo scorso 1°gennaio, Giornata mondiale della pace, Papa Francesco, al primo Angelus del nuovo anno, ha rivolto il suo pensiero e le sue parole alle vittime innocenti dei conflitti, “alle giovani madri e ai loro bambini in fuga da guerre e carestie o in attesa nei campi per i rifugiati”, lanciando un appello ad andare a casa pensando alla pace e al perdono che “spegne il fuoco dell’odio”.
Perché le guerre si dimenticano
Le parole di Francesco risuonano sempre più isolate nel silenzio globale che sistematicamente scende sulle terre di conflitto e di violenza, su quelle che vengono definite guerre dimenticate ma sulle quali, fino a pochi mesi, puntava l’attenzione della comunità internazionale. Ma cosa accade da un certo punto in poi? Cosa fa sì che di colpo si smetta di parlare di Siria, di Afghanistan, che si continui a non parlare di Yemen, di Libia, delle regioni orientali dell’Ucraina, della violenza delle organizzazioni criminali in alcune società latino americane? Perché d’un tratto diventano guerre dimenticate? “Perché – spiega Luciano Bozzo, Professore di Relazioni Internazionali e Studi Strategici presso l’Università di Firenze – ogni qual volta scoppia un nuovo conflitto, o un conflitto si intensifica, o un conflitto, come è accaduto nel caso della Siria o dell’Afghanistan, pare essere giunto, per un motivo o per l’altro, a ‘conclusione’, l’attenzione dei media, superato il momento della crisi, si spegne, e quindi l’opinione pubblica si concentra su altre questioni”. A questo, continua Bozzo, va aggiunta l’attenzione mediatica che, attualmente in Occidente, è spostata totalmente sulla pandemia, “problema indubbiamente rilevante – precisa il docente – ma rilevante in quanto in un’ottica del tutto occidentale, perché i morti e i feriti colpiscono noi; perché ciò che è vicino, ciò che tocca direttamente, interessa ciascuno di noi più di quanto invece accade a migliaia di chilometri di distanza e che, peraltro, non ci viene rappresentato nella sua gravità”.
La comunità internazionale distratta dal Covid
“Papa Francesco – conclude Bozzo – non ha mai mancato di far sentire la propria voce, quando si è trattato di prendere una posizione, anche forte, anche politicamente scomoda, rispetto a conflitti armati, conflitti violenti. Sarebbe forse auspicabile che a questa voce se ne unissero altre, in Europa e fuori dall’Europa, e che si cominciasse a pensare seriamente ai conflitti e alle vittime innocenti di quei conflitti, a pensare ai Paesi in via di sviluppo, che rischiano di essere frenati dalla pandemia, e che soffrono anche i forti effetti del riscaldamento globale, che costringono le popolazioni che vivono su quei territori a spostarsi, semplicemente per un’esigenza di mera sopravvivenza”.