Elvira Ragosta – Città del Vaticano
La grande diga del rinascimento (Gerd) costruita sul Nilo Azzurro da Addis Abeba torna al centro dei negoziati tra Etiopia, Egitto e Sudan. Bloccato da mesi, il dialogo è ripreso domenica 3 gennaio con un incontro in videoconferenza alla presenza di funzionari del Sudafrica, Paese che detiene la presidenza di turno dell’Unione africana. Il Cairo e Khartoum, che temono per il proprio approvvigionamento idrico, vogliono un accordo giuridicamente vincolante, in particolare sulla gestione della diga e sul riempimento del bacino. Ulteriori discussioni bilateri fra i Paesi continueranno nel corso di questa settimana, secondo quanto riportato da un comunicato del ministero sudanese dell’Irrigazione e dell’acqua, con esperti e osservatori, in vista di un nuovo vertice che dovrebbe svolgersi domenica 10 gennaio. L’Etiopia ritiene la grande diga essenziale per la produzione elettrica e assicura che non ci saranno variazioni rilevanti di portata del Nilo, di cui l’Azzurro è affluente. Per Marco di Liddo, analista del Centro Studi internazionali, sono tre i motivi che hanno portato nel corso dei mesi precedenti all’arenarsi del dialogo tra i tre Paesi: “Il primo è che le parti non riuscivano a trovare un accordo e quindi i negoziati tecnicamente non potevano proseguire; il secondo è legato alla transizione a livello di amministrazione presidenziale americana e gli Stati Uniti erano stati tra i principali mediatori nella disputa; e poi perché l’Etiopia è stata coinvolta nel sanguinoso conflitto interno che ha riguardato la regione del Tigray”.
La base del negoziato
L’analista del Cesi sottolinea che il problema riguarda i livelli e le tempistiche nel riempimento della diga: “I Paesi a Valle, Sudan ed Egitto, chiedono che la diga non sia riempita totalmente e che livello di riempimento proceda in maniera molto graduale per non compromettere l’approvvigionamento idrico e fluviale nella parte bassa del corso del Nilo. Gli etiopi negano che ci possano essere problemi di questo tipo e vogliono riempire la diga velocemente a un livello più alto possibile per andare avanti con i loro progetti di irrigazione e produzione idroelettrica nazionale”. Dal punto di vista tecnico, osserva Di Liddo, in questo momento la diga non ha ancora iniziato a produrre l’energia elettrica e le attività di distribuzione idrica per la quale è stata costruita.
Le preoccupazioni di Egitto e Sudan
E’ dunque la quantità di acqua che potrebbe confluire o non confluire nei territori di Egitto e Sudan a preoccupare i due Paesi. L’Egitto, con una popolazione di circa 100 milioni di abitanti, dipende dalle acque del Nilo per il 97%, sia per l’acqua potabile che per le risorse idriche necessarie per l’agricoltura. Analoga la preoccupazione per il Sudan, che spera nella diga per risolvere il problema delle imponenti e dannose inondazioni subite la scorsa estate, ma che teme, in assenza di un accordo vincolante, un grande rischio per milioni di persone. Nel caso del Sudan, osserva l’analista, bisogna considerare anche il contesto politico: “Non dobbiamo dimenticare – aggiunge – che si tratta di un Paese che è appena all’inizio di una transizione politica che coinvolge diversi attori, tra cui le etnie minoritarie delle regioni rurali che sono tra le più colpite dagli impatti sia dalla costruzione della diga, sia degli eventi climatici estremi”.
L’importanza del Nilo per l’Africa orientale
Con i suoi 6mila chilometri, il Nilo rappresenta una fonte essenziale di acqua ed elettricità non solo per Etiopia, Egitto e Sudan. Sono una dozzina infatti, gli Stati che dipendono dalle sue acque. “Se il corso del Nilo dovesse cambiare – conclude Di Liddo – ci sarà un impatto certo ed enorme sullo sviluppo futuro di tutti i Paesi che sono attraversati dal grande fiume. La diga del Rinascimento etiope è un’infrastruttura con cui l’uomo dimostra ancora come le sue opere ingegneristiche possono cambiare il corso di intere civiltà e società”.