Il 7 e 8 marzo, l’Università Santa Croce ospiterà un convegno interuniversitario su alcune figure femminili “artefici dell’umano” che con la loro testimonianze spiegano in modo luminoso il senso della vita, del rapporto con gli uomini e il mondo. Gambino: usare una “antropologia duale” per affrontare il tema senza opposizioni o rivendicazioni
Antonella Palermo – Città del Vaticano
Un laboratorio culturale per riflettere su dieci donne straordinarie religiose, missionarie, ma anche laiche, sposate e madri, che in diversi continenti hanno seminato la Parola di Dio vivendo in pienezza la fede in un mondo spesso avverso e in condizioni a volte disumane. È quanto si propone di essere il convegno interuniversitario “Donne nella Chiesa: artefici dell’umano” in programma il 7 e l’8 di marzo presso la Pontificia Università della Santa Croce e presentato oggi all’Istituto Patristico Augustinianum, a Roma.
Dieci donne sante
Si tratta di un appuntamento frutto della rete intessuta tra diverse istituzioni accademiche: l’Università Cattolica di Avila (UCAV), la Pontificia Università Urbaniana, la Pontificia Università della Santa Croce, l’Istituto di Studi Superiori sulla Donna del Pontificio Ateneo Regina Apostolorum e la Pontificia Facoltà Teologica Teresianum di Roma. L’iniziativa, biennale, per il 2024 ha pensato di riflettere su dieci donne sante, le cui testimonianze verranno raccontate da altrettanti relatori e contestualizzate in cinque ambiti: Dignità, dialogo e pace, la carità dell’educazione, la carità della preghiera, un cuore compassionevole, la fecondità del dono.
C’è dunque santa Giuseppina Bakhita (‘fortunata’), sudanese, venduta come schiava e maltrattata, diventata patrona d’Africa. Poi c’è la venerabile Magdeleine de Jesus, fondatrice della Fraternità delle Piccole sorelle di Gesù, consacrata inizialmente solo ai popoli musulmani, vivendo con i nomadi del Sahara algerino, poi aperta al mondo intero. E ancora santa Elizabeth Ann Seton, promotrice di numerose iniziative caritatevoli a favore dei poveri, particolarmente delle vedove con figli piccoli, prima canonizzata americana, così come santa Maria Mackillop è stata la prima in Australia, fondatrice della congregazione delle Suore di San Giuseppe del Sacro Cuore di Gesù. Santa Laura di Santa Caterina da Siena, al secolo Maria Laura Montoya y Upeguí, è colombiana; Santa Caterina Tekakwitha, prima nativa nordamericana ad essere proclamata santa. Santa Teresa di Calcutta, una delle figure più note al mondo, servitrice dei servi dei poveri, quindi Rafqa Ar-Rayès, monaca libanese appartenuta all’Ordine Antoniano Maronita. E infine la beata Maria Beltrame Quattrocchi, moglie di Luigi, agli altari entrambi come coppia e la Serva di Dio Daphrose Mukansanga, della Comunità dell’Emmanuel, che assieme al marito fu uccisa nel 1994 con i sei dei dieci figli, in una famiglia autenticamente cristiana che fece le spese delle tensioni tribali con la deportazione.
Il tema delle donne alla luce di un’antropologia duale
Il convegno non raccoglierà tanto riflessioni teoriche ma, in uno stile di dialogo, accennerà alla loro vita per capire come possono ispirare la vita dell’oggi nella santità del quotidiano. La speranza, afferma la Gambino, è che il convegno conduca a comprendere più in profondità in una prospettiva ecclesiologica come far spazio all’originalità femminile per arricchire la Chiesa. Sono queste donne “interpreti di una ermeneutica evangelica con la quale possiamo capire meglio la vita, il mondo, gli uomini, grazie al dono di un’atmosfera spirituale che hanno saputo creare”. Come fare per provocare l’interesse degli uomini in questo senso? È la sfida posta dalla professoressa Cristina Reyes, vicerettore accademico della Pontificia Università della Santa Croce. Non si tratta di fare contrapposizioni di genere o di rivolgersi unicamente all’universo femminile. Lo precisa ai media vaticani Gabriella Gambino, sottosegretario del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita: “Credo che oggi parlare della questione donna come se fosse una sfera a se stante è qualcosa che non viene compreso fino in fondo. È importante – osserva – affrontare il tema della vocazione donna nella Chiesa in relazione al maschile. L’antropologia duale, di cui ci ha parlato Edith Stein, Giovanni Paolo II, è fondamentale oggi perché si crei un dialogo effettivo ed efficace dentro e fuori dalla Chiesa. Ci vuole una reciprocità tra maschile e femminile e complementarietà necessaria e far sì che nella Chiesa tutte le vocazioni possanno esprimersi secondo i propri doni e i carismi, così come sono stati distribuiti da Dio”. Anche la professoressa Lorella Congiunti, della Pontificia Università Urbaniana, evidenzia la necessità di superare ogni forma di rivendicazioni di quote: “Maschile e il femminile insieme realizzano pienamente l’umano e l’imago dei sul piano soprannaturale”, afferma.
Né contrapposizioni, né rivendicazioni
Si potrebbe, per esempio, essere “più audaci” nel percorso di assegnazione di ruoli apicali in ambiti accademici, come il rettorato a donne laiche, ma “molto cammino è stato fatto”, precisa ancora Congiunti la quale spiega che, a questo proposito, “non ci sono divieti statutari o pregiudizi, alle volte, come nel caso dell’Urbaniana, si tratta anche di considerare la diversità di culture degli studenti valutando l’opportunità di scegliere uomini o donne alla guida degli atenei. Coinvolta sul tema Maria del Rosario Saez Yuguero, rettore dell’Università di Avila, che ha espresso brevemente la bellezza di rivestire un ruolo del genere, in piena collaborazione con i colleghi uomini. Nel congresso del 2022, ha infine ricordato, sono state supportate tre istituzioni formative per le ragazze in Libano, istituzioni di rito latino, greco-melkita e maronita. Quest’anno il sostegno è rivolto ai bambini e alle famiglie di Aleppo, in Siria. Un modo attraverso il quale il Comitato scientifico intende unire fede ed opere, seguendo proprio la testimonianza delle donne di cui si parla nei convegni.