Destivelle: la pandemia come opportunità per il dialogo ecumenico

Vatican News

Fabio Colagrande – Città del Vaticano

“Siamo pellegrini in cammino verso la piena unità e ci avviciniamo alla meta quanto più teniamo lo sguardo fisso su Gesù”. Così, all’Angelus del 16 gennaio, Papa Francesco ha commentato il tema della 55ma Settimana di Preghiera per l’unità dei cristiani, in programma dal 18 al 25 gennaio, dedicato quest’anno all’esperienza dei Magi “venuti dall’oriente a Betlemme per onorare il Re Messia”. Degli spunti ecumenici legati a queste figure bibliche ha parlato ai microfoni di Radio Vaticana, il padre domenicano Hyacinthe Destivelle, direttore dell’Istituto per gli studi ecumenici della Pontificia Università S. Tommaso d’Aquino e officiale del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei cristiani.

L’intervista a padre Hyacinthe Destivelle OP

Padre Destivelle, quali sono le caratteristiche della Settimana per l’Unità di quest’anno?

Fin dal 1968 la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani è preparata in collaborazione dal Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani e dal Consiglio ecumenico delle Chiese, ma sempre sulla base di una riflessione elaborata da un gruppo di cristiani a livello locale. Quest’anno è stato il turno dei cristiani del Medio Oriente che hanno opportunamente proposto questa meditazione sui Magi, che vengono anche loro dall’Oriente. È un tema molto importante dal punto di vista ecumenico. Innanzitutto perché i Magi camminano insieme guidati dalla Stella e questa – come ha ricordato Papa Francesco all’Angelus di domenica 16 gennaio – è un’immagine del cammino di tutti i cristiani che insieme sono in pellegrinaggio verso l’unità. L’immagine del cammino, lo sappiamo, è molto cara a Papa Francesco e in generale a tutto il movimento ecumenico perché noi cristiani siamo tutti insieme in cammino, come i pellegrini di Emmaus, verso l’unità.

Un altro aspetto importante dell’Epifania, dal punto di vista ecumenico, è l’atto dell’adorazione comune di Cristo, la preghiera comune dei Magi dinanzi a Gesù. Come ricorda il decreto conciliare Unitatis Redintegratio del 1964, più i cristiani si avvicinano a Cristo, più desiderano unirsi a Lui, più si avvicinano tra loro. Un terzo aspetto interessante di questo tema dell’Epifania è la questione dello scambio dei doni. Quando infatti i Magi si avvicinano a Cristo aprono i loro scrigni e offrono i loro doni. Questo scambio tra i Magi e Cristo è sempre stato interpretato dagli esegeti come il fondamento dello scambio dei doni tra i cristiani stessi e lo scambio dei doni è una tematica molto importante nell’insegnamento di Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e ora di Papa Francesco. Il dialogo teologico, infatti, non è solo uno scambio di idee fra i cristiani ma anche uno scambio di doni, una condivisione fraterna di esperienze e solidarietà.

Stiamo vivendo la quarta ondata della pandemia: questo periodo storico così difficile per l’umanità può essere un contesto opportuno per sviluppare ancora di più il dialogo ecumenico?

La pandemia ha ovviamente toccato tutti gli aspetti della vita, della vita ecclesiale e quindi anche l’ecumenismo. Ma ha rappresentato anche, paradossalmente, un’opportunità per nuovi incontri e iniziative ecumeniche. Proprio un anno fa, per valutare le conseguenze della pandemia in campo ecumenico, in termini sia negativi che positivi, il nostro Pontificio Consiglio ha chiesto a tutte le Conferenze episcopali nel mondo di collaborare a un’indagine rispondendo ad alcune domande e di fornire ulteriori informazioni. È stata un’esperienza molto interessante: abbiamo infatti ricevuto 88 risposte da tutti i continenti e abbiamo riassunto questi testi in un documento intitolato “L’ecumenismo in tempo di pandemia: dalla crisi all’opportunità”.

Sono tutte risposte che mostrano come la pandemia sia stata anche un’opportunità per sviluppare nuove forme di relazioni ecumeniche, di preghiera e di incontri on-line. Possiamo dire che questa esperienza ha cambiato e sta cambiando profondamente l’ecumenismo vissuto a livello locale e a livello internazionale. Questo documento sarà presentato giovedì 20 gennaio all’Angelicum alle ore 17, sia in presenza, sia on-line, alla presenza del Segretario generale del Consiglio ecumenico delle Chiese (Wcc), il pastore Ioan Sauca, e di tutti gli studenti dell’Istituto ecumenico di Bossey che è il Centro internazionale di incontro, dialogo e formazione del Wcc.

In occasione della Giornata annuale per il dialogo tra cattolici ed ebrei, celebrata in Italia il 17 gennaio alla vigilia dell’Ottavario di preghiera per l’unità, è stato assegnato per la prima volta un premio dedicato a Giovanni Paolo II, un’iniziativa a cui ha collaborato il vostro Dicastero, di cosa si tratta?

I rapporti religiosi della Chiesa cattolica con l’ebraismo si sono sviluppati molto a tutti i livelli dopo il Concilio e la pubblicazione della Nostra Aetate, e anche a livello ufficiale, grazie al lavoro della Commissione per i rapporti con l’ebraismo che dal ’74 a oggi ha pubblicato quattro documenti fondamentali. L’ultimo, pubblicato nel 2015, ricorda che i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili e mostra l’importanza anche degli studi teologici nei rapporti con l’ebraismo. Ci è sembrato perciò opportuno valorizzare la ricerca in questo campo e incoraggiare gli studenti ad approfondire questo tema. Il “John Paul II prize for Catholic-Jewish studies” è un’iniziativa congiunta del Centro Giovanni Paolo II per il dialogo interreligioso e dell’Istituto per gli Studi Ecumenici dell’Angelicum, che io dirigo, a cui ha collaborato il Dicastero per l’unità dei cristiani. Quest’anno il vincitore, premiato dal cardinale Koch, presidente del nostro dicastero, è un giovane sacerdote statunitense della diocesi di New York.