Danimarca, una legge per richiedenti asilo fuori dall’Europa

Vatican News

Elvira Ragosta – Città del Vaticano

La normativa promossa dal governo social-democratico danese è “contraria ai principi della cooperazione internazionale in materia di rifugiati”, dice l’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite, che teme un effetto domino di limitazioni nella protezione dei rifugiati in altri Paesi europei e confinanti. La legge, approvata dal Parlamento con 70 voti a favore e 24 contrari, consente di allestire i centri per le richieste di asilo in Paesi fuori dall’Europa e permetterebbe di trasferire in aereo i richiedenti asilo in altri Stati, dove dovranno attendere l’esito della loro domanda. Sembra che Copenaghen abbia discusso della possibilità di aprire questi centri con Ruanda, Tunisia, Etiopia ed Egitto, ma al momento non ci sono piani concreti per la loro realizzazione.

Preoccupazione arriva anche dall’Unione Europea. “La legge – ha obiettato un portavoce – solleva interrogativi sia sull’accesso alle procedure di asilo che sull’effettivo accesso alla protezione. Non e’ possibile sotto le esistenti regole dell’Ue né in base alle proposte nel nuovo Patto per le migrazioni e l’asilo. Intanto, la Commissione europea fa sapere che analizzerà la legge prima di intraprendere ulteriori azioni. “Il sistema attuale dei richiedenti asilo ha fallito”, ha spiegato il ministro danese dell’immigrazione e integrazione Tesfaye. “E’ inefficiente e ingiusto. Bimbi, donne e uomini affogano nel Mediterraneo o subiscono abusi lungo le rotte migratorie, mentre i trafficanti di esseri umani ammassano fortune”.

La compatibilità con gli obblighi internazionali

Di inedito assoluto sul piano della protezione delle persone, riguardo a questa legge, parla ai microfoni di Vatican News Chiara Favilli, professoressa di Diritto dell’Unione europea all’Università di Firenze e membro dell’Asgi (Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione). “Sembra – dice – che stiamo parlando di una soluzione che non ha nulla a che fare col sistema di protezione. Bisognerà andare a vedere se sia compatibile con gli obblighi di protezione internazionale e con gli obblighi minimi di solidarietà nei confronti di persone che arrivano sui nostri territori e che hanno eventualmente bisogno di protezione”.

Ascolta l’intervista alla professoressa Favilli

La Danimarca, spiega la professoressa, ha una clausola di esclusione dalla competenza dell’Ue in materia di asilo, immigrazione, come pure in materia di cooperazione giudiziaria, civile e penale. “Si può dire  – aggiunge – che non è vincolata dagli obblighi europei e quindi da tutto il sistema europeo di asilo che l’Ue sta, con fatica, costruendo tuttavia questo non solleva la Danimarca dal rispetto di tutti gli altri obblighi del diritto internazionale, in primis la Convenzione di Ginevra sui rifugiati, che prevede la protezione degli Stati a tutti coloro che giungano nel loro territorio e che questa protezione deve essere una effettiva”.

Lo stallo sul Patto d’asilo

Intanto proseguono le trattative europee sul nuovo Patto sull’Asilo, ma nessun accordo è stato ancora raggiunto. Qualche segnale positivo giunge dalle discussioni sui ricollocamenti dei migranti dall’Italia: Lituania e Lussemburgo, dopo l’Irlanda, si sono fatti avanti per accogliere i migranti sbarcati sulle coste siciliane, ma i posti a disposizione sono meno di trenta. “Il Patto è un documento complesso, con numerose proposte normative, e ognuna di esse è all’esame del Consiglio e del Parlamento europeo – prosegue la professoressa – ci sono le consuete negoziazioni su ogni proposta, non c’è però un accordo che possa garantire al momento l’effettiva approvazione degli aspetti centrali, come ad esempio il superamento del Regolamento di  Dublino”. La docente dell’Università di Firenze sottolinea che i governi dei Paesi membri stentano a trovare quel compromesso che è sempre necessario, soprattutto per i problemi così complessi, “Il problema – conclude Favilli -è che i governi non vogliono accettare alcuna soluzione che implichi un maggiore ingresso di persone straniere nel loro territorio anche solo formalmente, e questo determina un’impasse dalla quale non si riesce al momento a vedere un’uscita”.