Dopo Olanda, Grecia e Italia, anche la Spagna diventa meta del narcotraffico ecuadoriani: sequestrato un carico record di cocaina proveniente dal Paese latinoamericano, che è diventato il primo esportatore al mondo. Intanto nel Paese la violenza tocca livelli senza precedenti
Luana Foti – Città del Vaticano
Nel porto di Algeciras – nel sud-ovest della Spagna – gli agenti doganali e la polizia nazionale spagnoli hanno sequestrato circa 9 tonnellate e mezzo di cocaina nascosta tra i caschi di banane, chiuse in un container refrigerato proveniente dall’Ecuador. Si tratta della più grande quantità di droga confiscata nel paese iberico, riferisce l’Agenzia Fides. L’ultima grande requisizione risale al 2018: 8,4 tonnellate. Sempre nel porto di Algeciras e sempre dentro casse di banane. Nei pacchetti in cui era divisa la polvere bianca, alcuni dei quali contrassegnati da svastiche e la parola ‘Hitler’, sono stati individuati più di 30 marchi differenti legati probabilmente alle organizzazioni criminali europee destinatarie del carico. Secondo le autorità spagnole, i narcos ecuadoriani, una delle organizzazioni criminali più importanti a livello mondiale nella distribuzione della cocaina, hanno la capacità di poter inviare fino a 40 container al mese in Europa grazie all’ampia rete di distribuzione che sono stati in grado di costruirsi e che passa anche dal porto di Vigo – nella provincia di Pontevedra-Galizia. Proprio a Pontevedra, ad aprile di quest’anno è stato scoperto il più grande laboratorio europeo di lavorazione della pasta di cocaina – la base grezza dalla quale si ricava la sostanza stupefacente. Ma la Spagna è solo l’ultimo Paese della lista. Anche in Olanda, Grecia e Italia nell’ultimo anno sono stati sequestrati carichi record di cocaina provenienti dall’Ecuador nascosti tra le banane.
Il ruolo dell’Ecuador nel narcotraffico
L’Ecuador si trova implicato con sempre più frequenza nella convergenza di due commerci globali: quello delle banane e quello della cocaina. Con numeri di esportazione che raggiungono quasi le 6.5 milioni di tonnellate all’anno, soddisfa il 30% della domanda globale di banane. Allo stesso tempo, è geograficamente collocato tra i due giganti mondiali produttori di cocaina: Colombia e Perù. Nonostante le sue ridotte dimensioni – ha un territorio quattro volte più piccolo della Colombia e la sua popolazione è meno della metà di quella colombiana- si è trasformato in un luogo in cui si conserva, processa e distribuisce la droga. A dichiararlo ufficialmente è stato il 20 luglio scorso, Gustavo Petro, presidente della Colombia, dove nell’ultimo anno la coltivazione di mata – l’albero da cui si ricavano le foglie di coca – si è sostanzialmente arrestata. La regione da cui si esporta più cocaina al mondo non è più Tumaco – zona costiera della Colombia che si affaccia sul Pacifico – ha annunciato davanti al Congresso, ma in Putumayo, l’area di frontiera amazzonica tra la Colombia e l’Ecuador. L’azione governativa contro il narcotraffico colombiano infatti ha spinto quest’ultimo a trasferire le proprie strutture organizzative, compreso i laboratori, verso altri Paesi come il vicino ecuadoriano. Qui la droga arriva da due rotte: quella amazzonica, dalla provincia di Sucumbios e quella del pacifico, dalla provincia di Esmeraldas. L’Ecuador è perciò ufficialmente diventato il primo esportatore al mondo di cocaina. Il fatto che sia l’unico paese latinoamericano a usare come moneta nazionale il dollaro statunitense ha contribuito a questo risultato. Elizabeth Dickinson, analista del centro studi Crisis Group, dice ai microfoni della BBC che per i narcotrafficanti è diventato più conveniente esportare la droga da Guayaquil invece che dal Pacifico colombiano. Guayaquil, motore economico del paese, è la zona portuaria ecuadoriana da dove partono le spedizioni verso il resto del mondo delle banane e dove confluiscono le rotte del traffico di droga colombiana e peruviana. Ed è anche l’epicentro della violenza che cresce nel Paese.
Il Paese martoriato dalle violenze
I dati raccolti da InSight Crime – centro studi sulla criminalità organizzata in America Latina- collocano l’Ecuador al quarto posto nella classifica dei Paesi latinoamericani con il maggior tasso di omicidi dopo Venezuela, Honduras e Colombia. Ha superato anche il Messico. Nel 2020 era al diciottesimo posto nella stessa classifica. Tra il 2021 e il 2022 le morti violente sono aumentate del 86,2%, passando da 13,7 ogni 100.000 abitanti a 25,9. Si tratta della crescita più alta di tutto il continente. Il governo nazionale ecuadoriano attribuisce l’esplosione della violenza all’aumento esponenziale della droga che circola nel Paese in attesa di essere stoccata e distribuita. Alla fine del 2022, la polizia ne ha sequestrate circa 200 tonnellate. La circolazione di una quantità di droga mai vista prima si unisce alla sanguinosa lotta tra le bande criminali locali, prime fra tutti “Los Lobos” e “Los Choneros”, che stanno martoriando il Paese tra sequestri, estorsioni e assassinii rimasti impuniti.
Rivolte nelle carceri e omicidi politici
Il 25 luglio, il capo de Los Choneros, conosciuto come Fito, dal centro penitenziario da dove è recluso da 12 anni si è rivolto al popolo ecuadoriano annunciando la stipula di un presunto accordo di pace con gli altri rivali, incluso Los Lobos, per porre fine alla serie di estorsioni e sequestri che stanno mettendo in ginocchio il Paese. Ma l’ondata di violenza non si è arrestata. Il 9 agosto è stato assassinato il candidato presidenziale Fernando Villacencio mentre l’8 settembre è stato ritrovato trivellato da colpi di arma da fuoco il consigliere del comune di Duràn Bolivar Vera, sequestrato da uomini armati il giorno prima. La guerra cruenta delle bande criminali esplode anche nelle carceri. Essendo la configurazione del potere e delle zone d’influenza di ciascuna banda debole e in costante mutamento, i criminali si contendono il controllo del territorio anche dentro le prigioni in frequenti rivolte quasi sempre finite con l’uccisione di decine di detenuti e guardie penitenziarie. Per protesta contro lo Stato di emergenza decretato dal presidente ecuadoriano ad interim Guillermo Lasso che ha implicato l’intervento di polizia e militari per requisire le armi dentro i centri penitenziari, il 30 agosto, in sei prigioni è scoppiato un ammutinamento e 57 guardie penitenziarie sono state prese in ostaggio per poi essere liberate 24 ore dopo.