In corso nella capitale estone l’Assemblea generale della Conferenza delle Chiese europee (CEC) sul tema “Sotto la benedizione di Dio, dare forma al futuro”. Ai lavori partecipano anche cinque rappresentanti di diverse Chiese che provengono dall’Italia. La pastora valdese Letizia Tomassone: il continente tende a chiudersi, la visione cristiana aiuta a mantenere i popoli in dialogo
Adriana Masotti – Città del Vaticano
“L’unità inizia prima di tutto con l’amicizia, l’unità nella diversità”, a dichiararlo è Luisa Albina Kappes, della Chiesa evangelica della Renania, Germania, una degli oltre 50 giovani protagonisti dello spazio loro dedicato nell’ambito dell’Assemblea generale della Conferenza delle Chiese europee (CEC) in corso a Tallinn in Estonia. Uno spazio per conoscersi e costruire amicizie, per pregare insieme e condividere le speranze per l’unità e il futuro delle Chiese nel continente. “Penso che sia importante promuovere e sostenere eventi per i giovani”, ha detto ancora Kappes, aggiungendo che la prima parola che le viene in mente sul futuro dell’ecumenismo è “speranza”. Il presidente della Conferenza, reverendo Christian Krieger, si è detto molto felice per la partecipazione dei giovani all’assemblea. “Il CEC è stato creato per superare i confini e costruire ponti, siamo felici di farlo in questi giorni”.
La riorganizzazione del CEC e la pace
Trecento le persone provenienti da tutta Europa riunite nel Kultuurikatel, l’ex centrale elettrica di Tallinn, oggi trasformata in un moderno ed ecologico centro culturale. Rappresentano 114 Chiese anglicane, ortodosse e protestanti, membri della Conferenza delle Chiese europee. L’identità della CEC e la sua ristrutturazione, del resto già avviata, è uno dei temi principali dell’Assemblea che vedrà i partecipanti impegnati anche nell’elezione dei nuovi vertici. Il tema della pace e della riconciliazione in Europa, da sempre al cuore della missione della Conferenza, è l’altra questione centrale. Parlando della guerra in Ucraina suona come fortemente simbolica la scelta dell’Estonia, così geograficamente vicina alla Russia, come sede dei lavori di quest’anno. La Chiesa ortodossa ucraina è un membro temporaneo del CEC, che in quest’occasione dovrà essere confermato.
La testimonianza della bielorussa Tsikhanouskaya
Nella giornata di giovedì 15 giugno a parlare del conflitto in corso è stata Sviatlana Tsikhanouskaya, fondatrice del partito di opposizione in Bielorussia, che ha invitato le Chiese europee a pregare per le popolazioni del suo Paese e dell’Ucraina. “Pregate per coloro che soffrono – ha detto – pregate per i nostri prigionieri politici, pregate per il popolo bielorusso, pregate per il popolo ucraino per la sua libertà e sicurezza”. Tsikhanouskaya ha parlato della situazione in Bielorussia e della guerra in Ucraina, descrivendo entrambe come un conflitto tra fratelli, con un aggressore che stravolge il concetto di fratellanza per affermare il proprio dominio. “Quando gli imperi parlano di fratellanza – ha affermato – tendono a strangolare le nazioni e i Paesi meno importanti nei loro abbracci ‘fraterni'”. “La vera fratellanza deve essere un sentimento tra pari: presuppone l’uguaglianza”. La politica bielorussa ha sottolineato il significativo ruolo che possono svolgere le comunità religiose e le persone di fede nell’Europa di oggi per la promozione della pace e della democrazia. Le persone la cui forza morale è alimentata dalla fede in Dio, ha concluso, “sono estremamente pericolose per le dittature ed estremamente necessarie nelle democrazie”.
Tomassone: a Tallinn una discussione franca e fraterna
“Sotto la benedizione di Dio, dare forma al futuro”, il titolo che si è dato all’Assemblea. Nell’intervista la pastora della Chiesa valdese Letizia Tomassone, una dei 5 delegati dall’Italia appartenenti a diverse Chiese, ci descrive il clima dei lavori e che cosa è emerso finora:
Pastora Tomassoni, ci descrive quale atmosfera si respira in Assemblea?
L’atmosfera è molto bella perché credo che i 2/3 delle delegate e dei delegati che sono qui partecipino per la prima volta all’Assemblea del CEC e quindi hanno molta voglia di confrontarsi con gli altri. Altri come me sono qui per la seconda o terza volta, quindi hanno un po’ più di conoscenza della Conferenza delle Chiese europee e ritrovano amici e amiche di altre Chiese già incontrati. In più ci sono tutti i giovani volontari che sono nello staff e lavorano per noi: sono giovani entusiasti dell’atmosfera ecumenica e hanno già avuto una loro breve Assemblea. Una ragazza che era al tavolo accanto a me a cena, mi raccontava che si sono anche recati a fare una bella passeggiata nel bosco per fare una preghiera finale. Quindi hanno vissuto questo rapporto con l’ambiente in cui viviamo e Tallinn è una città veramente molto bella e molto verde, ma loro si sono molto inoltrati proprio in mezzo al bosco. Ecco quindi l’atmosfera è bella, ci sono anche tante idee, tante discussioni e progetti. È stata presentata anche la relazione del segretario generale che è stata discussa e riguarda il futuro della struttura della Conferenza.
Ci vuol dire qualcosa in più riguardo a quello che è uscito su questo aspetto?
C’è una discussione in corso in cui tra l’altro le Chiese dei Paesi latini sono molto coinvolte, ma abbiamo sentito anche la voce di una vescovo luterana di alcune Chiese del nord molto impegnate sulle questioni dei rifugiati e dei migranti e dell’ambiente. Questi due temi finora erano, e sono tuttora, portati avanti da due organizzazioni partner del CEC. Ora la ristrutturazione prevederebbe di tagliare dei fondi a queste organizzazioni. Noi, come Paesi latini, contestiamo questa decisione, ma non siamo i soli a ritenere che i temi dell’accoglienza, della creazione della società europea attraverso la presenza di rifugiati e migranti, la difesa dei diritti umani, la difesa della libertà di movimento delle persone e le questioni dell’ambiente per le future generazioni siano questioni che non possiamo togliere dal centro della nostra visione per questa Europa che vogliamo costruire insieme e su queste come Chiese siamo molto impegnati in ogni Paese d’Europa.
L’Assemblea ha ospitato l’intervento della leader dell’opposizione bielorussa Sviatlana Tsikhanouskaya, che ha invitato le Chiese europee ad alzare la voce per la vera pace la vera fratellanza. Che cosa può dirci a riguardo?
Proprio l’invito di questa politica bielorussa è già una presa di posizione a favore di una militanza non violenta contro la guerra, ma anche contro l’invasione unilaterale da parte della Russia. Lei ha invitato le Chiese a difendere la verità, quindi a prendere posizione anche pubblicamente, a pregare e a operare per i diritti umani di chi si trova in prigione, dei dissidenti politici nel caso del suo Paese, ma anche dare aiuto all’Ucraina che è sotto attacco. Al tempo stesso però in una modalità non violenta per cui anche sostenendo la possibilità dell’obiezione di coscienza, per esempio, anche dei giovani russi. Avremo poi due momenti di confronto anche con le Chiese e i testimoni che vivono in Ucraina.
Un’altro contributo dall’esterno in Assemblea è stato quello del professor Hartmut Rosa, che ha parlato del contesto sociale dell’Europa, una questione importante di cui tener conto per le Chiese…
Sì il sociologo Rosa ha condotto l’Assemblea nell’analisi della situazione di un’Europa sotto scacco perché guidata dalla tecnologia, dalla competizione, dal bisogno continuo di accelerare anche la “rapina” del mondo e di “mangiarsi” l’atmosfera. E dall’altra parte c’è un altro modello di Europa che le Chiese, a causa del Vangelo, in realtà hanno ben chiaro è un modello in cui c’è una rispondenza tra i popoli, tra le persone all’interno delle società. Lui la chiama “risonanza” e anche con la natura, cioè c’è una trasformazione continua in una situazione di dialogo in cui ci si pone e che contrasta la competizione, il dominio e il possesso. Quindi ci sono questi momenti molto ricchi di crescita comune durante l’Assemblea con queste lezioni che poi ci rimandano a un lavoro su di noi, su chi siamo come Chiesa e come siamo anche visti dall’esterno, perché anche la politica bielorussa Tsikhanouskaya ha fatto riferimento all’enciclica Fratelli tutti di Papa Francesco, così come si è fatto riferimento alla
Delegati a Tallinn (© Albin Hillert/CEC)
Non si affrontano, invece, questioni propriamente teologiche: non è questo lo scopo, mi pare…
No, non è questo lo scopo. Ma naturalmente i temi teologici emergono: quando si parla di che cosa la Chiesa può proporre all’Europa si sta parlando di che cosa è la Chiesa oggi.
Quando si parla dei diritti umani si sta delineando anche un’antropologia cristiana per l’oggi. Per esempio, questa relazione tenuta dal professor Rosa ha uscitato molto la discussione sul senso dell’essere Chiesa, dentro i confini della Chiesa, fuori dai confini della Chiesa. Quindi la teologia si intreccia sempre ma non è un incontro teologico, questo è un incontro di delegati delle Chiese per decidere come essere presenti in Europa.
Come delegata della Chiesa valdese in Italia, quale contributo sente di poter portare alle altre Chiese d’Europa, lei personalmente in questi giorni?
Intanto, dall’Italia siamo in cinque delegati, quindi noi come Chiese italiane insieme portiamo soprattutto il tema di come stare in un’Europa che si chiude sempre di più alle presenze dell’altro, che viene considerato estraneo, e invece cosa significa essere Chiesa di Gesù Cristo di fronte alla disperazione, ma anche al bisogno di muoversi delle persone. Questo è uno dei contributi forti che certamente noi portiamo. Poi personalmente ognuno possiede dei doni o delle competenze, io mi occupo soprattutto di teologia delle donne, delle questioni di genere. Qui c’è stato anche un intervento su questo tema da parte di una teologa svizzera. C’è il fatto che i diritti delle donne, il gender gap, in Europa siano sempre più sotto scacco da parte di alcune politiche populiste che rinforzano una visione della famiglia in cui la donna torni ad assumere un suo ruolo tradizionale ecc… Ecco, su questo naturalmente c’è una certa attenzione da parte nostra e da parte mia in particolare.
Per concludere, vorrei chiederle ancora una parola a commento del tema dell’Assemblea: “Sotto la benedizione di Dio dare forma al futuro”. Lei come lo sente?
Lo sento come la volontà anche di voler condividere la benedizione. Infatti siamo stati sollecitati in questi giorni a condividere le nostre storie di benedizione, cioè i motivi per cui possiamo ringraziare Dio personalmente e come comunità e, a partire da questo sentimento positivo, vedere come possiamo rafforzare proprio questi aspetti della nostra esistenza sociale, collettiva e personale e quindi creare un una base perché l’Europa fiorisca secondo le opportunità che questo continente possiede veramente. Poi, in questo ambiente naturale in cui praticamente in questa stagione non c’è quasi la notte, è molto bello vedere le differenze che in un continente così piccolo possono creare ambienti così disparati. Praticamente la notte dura due o tre ore e questo è qualcosa che noi, come gente del Sud, sentiamo con più forza e ci fa capire la differenza delle nostre esperienze, ma anche l’esistenza di una stessa umanità che sta sotto a cieli magari diversi e che però affronta le stesse sfide con coraggio, con entusiasmo e con la speranza che viene da Dio.