Dal Sinodo valdese e metodista un appello per i corridoi umanitari

Vatican News

Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano

Un successo certificato dalla vivacità degli interventi e degli argomenti. Il Sinodo delle Chiese valdese e metodista, che si chiude oggi, tornato dopo aver saltato l’edizione 2020, seppur ridotto in presenza, con pastori e pastore, deputate e deputati collegati via zoom, ha registrato un importante slancio, il che ha dimostrato la riuscita del ricorso a mezzi diversi per testimoniare la fede durante la pandemia sia stato coronato dalla riuscita.

I corridoi umanitari per l’Afghanistan

Molte le questioni trattate dai partecipanti, legate alla vita in Italia e nel mondo, di credenti e non.  Clima ed emergenza, ambientale, Covid e vaccinazione, didattica a distanza: sono stati alcuni dei punti affrontati, così come l’emergenza umanitaria dettata da ciò che sta accadendo in Afghanistan. La Chiesa valdese, assieme alla Comunità di Sant’Egidio, ha consolidato da tempo l’esperienza, autofinanziata, dei corridoi umanitari e ora se ne chiede l’apertura anche per chi fugge da quel Paese, anche utilizzando l’8×1000 per coprire l’intervento di accoglienza. “Io credo che la sfida – spiega il pastore Fulvio Ferrario, professore di teologia sistematica alla Facoltà valdese di teologia di Roma, presente a Torre Pellice – sia cercare di ottenere che questa cosiddetta buona pratica, come la chiamiamo, assuma una rilevanza, politica ed europea, che ancora stenta. Ci sono delle forze che remano in senso contrario, non è facile per chi fa politica andare in questa direzione, perché è impopolare, però le Chiese hanno questo compito e io credo che i corridoi umanitari, al di là dell’aiuto reale e decisivo che hanno costituito per un certo numero di persone, siano anche un simbolo”.

Ascolta l’intervista con Fulvio Ferrario

Le Chiese contro il populismo

L’azione delle Chiese attraverso i corridoi umanitari, secondo il pastore, è da intendersi come un segno che, seppur ridotto dal punto di vista numerico, costituisce uno stimolo per le società ricche che sono ritardo su tutto il fronte migratorio. È dunque tempo di ragionare in termini europei in modo nuovo, prosegue Ferrari, per il quale è necessario anche inviare un segnale alle opinioni pubbliche. “Lo sappiamo che sono impaurite e le Chiese credo che finora abbiano svolto una funzione positiva, anzi le dirigenze delle Chiese, perché non dobbiamo dimenticare che le paure e le resistenze, quello spirito denominato populismo, purtroppo non è che abita solo fuori dalle Chiese, ma anche al loro interno, questo va riconosciuto, ecco perché per così dire occorre cominciare ad evangelizzare almeno i nostri”. 

Il successo del cammino ecumenico

I corridoi umanitari sono stati più volte indicati dal Papa come una proposta innovativa, una speranza per gli sfollati e per chi muore di fame, una pratica che contribuisce a salvare vite umane. In questo caso sono anche un importante esempio di collaborazione ecumenica. Francesco in apertura di Sinodo, aveva inviato un messaggio a Torre Pellice, auspicando sempre più “apertura e conoscenza” per alimentare i rapporti tra Chiese cristiane, che oggi, conferma Ferrario, “sono ad un buon livello”: “Se ci guardiamo indietro, siamo ad un bel punto, nel senso che è stato fatto tanto su tanti aspetti, uno tra tutti, ad esempio, apparentemente secondario e che non entra nei documenti, è il fatto che il presidente della commissione Cei per l’ecumenismo, il vescovo di Pinerolo monsignor Derio Olivero, sia un amico personale di decine di noi, questo è un fatto importante. Non voglio metterlo a paragone di altri fatti, come la visita del Papa di alcuni anni fa (visita pastorale nel Tempio valdese di Torino, giugno 2015 ndr)  però, da un certo punto di vista, è cambiato veramente il mondo”.

Ferrario cita anche un altro esempio, vissuto proprio al Sinodo, durante la discussione di un tema, che, rileva, “dissotterra sempre l’ascia di guerra dei valdesi, cioè l’ora di religione”. Se oggi, nella sostanza, ancora non è cambiato nulla nelle posizioni, sono i toni ad essersi trasformati.  “Ricordo dibattiti su questo tema, anche di vent’anni fa, i toni oggi sono diversi, si cerca di capire dai fratelli cattolici. Da questo punto di vista è proprio bello, sono contento di vedere questo atteggiamento che è anche diffuso, non è più solo di quei quattro pasdaran dell’ecumenismo, è proprio il corpo della Chiesa che ha recepito degli stimoli nuovi”. 

L’omaggio a Bergoglio e Ratzinger

Dunque, seppur di fianco alle grandi questioni ancora aperte, come quella della “non condivisione eucaristica e cioè il sacramento della comunione che è, in realtà, quello della divisione”, è opportuno prendere ciò che finora è stato raggiunto e “coltivare i terreni sui quali è possibile ottenere dei risultati”. L’ecumenismo, dunque, passa anche per i rapporti tra persone, ed è qui che lo stile di Francesco, conclude il pastore, “è indubbiamente stato un aiuto”, così come un omaggio viene rivolto anche al Papa emerito, Benedetto XVI, del quale, seppur considerandosi “un avversario dal punto di vista teologico”, ricorda però tutto ciò che è stato “imparato e vissuto, seppur nelle difficoltà”.