Dal passato al futuro della comunicazione nel segno della verità

Vatican News

Benedetta Capelli – Città del Vaticano

I “doni di Dio” sono gli strumenti che la Chiesa, nel 1971, riconosceva pensando alla stampa, il cinema, la radio e la televisione. Nell’Istruzione pastorale della Pontificia Commissione per le comunicazioni sociali sugli strumenti della comunicazione sociale, dal titolo “Communio et progressio”, frutto del Concilio Ecumenico Vaticano II, si ritrovano ancora oggi a distanza di 50 anni “radici forti e parole profetiche”. A sottolinearlo il prefetto del Dicastero per la Comunicazione, Paolo Ruffini, nel webinar via zoom dal titolo “Faith Communication in the Digital World” (Comunicare la fede in un mondo digitale) e moderato da Nataša Govekar, direttore della Direzione Teologico-Pastorale del Dicastero.

Ruffini: la comunicazione è comunione

“Gli anniversari devono essere guardati con lo sguardo al futuro”, sottolinea Ruffini che invita a leggere l’attualità di “Communio et progressio” per una comunicazione che non sia “reticente” ma aperta e precisa nell’offrire la verità. Il prefetto mette in guardia dal pericolo di mancanza di chiarezza che porta a “voci dannose” mentre è fondamentale ribadire che la comunicazione “è radicata nella relazione profonda”. L’invito è quello di valorizzare il dono della tecnologia per mettere a frutto i suoi talenti ma “serve una visione etica”. “La buona comunicazione – ribadisce Ruffini – non è una questione tecnica o organizzativa ma riguarda la comunione tra persone, in un senso che ci interpella e ci coinvolge, al di là della bulimia del web dove si rischia di essere attori inconsapevoli di una errata rappresentazione della realtà”. Attenzione poi alla “logica binaria” delle reti sociali che creano contrapposizione, proprio nei social spesso avvengono “le lapidazioni in un gioco di doppi”. Forte quindi l’indicazione del prefetto Ruffini a ritrovare uno sguardo di insieme e di unità.

Comunicare la fede

Una nuova visione

Il webinar si è aperto con una preghiera presieduta dal segretario del Dicastero per la Comunicazione, monsignor Lucio Adrián Ruiz, dopo l’introduzione del prefetto Paolo Ruffini c’è stato l’intervento di don Fabio Pasqualetti, decano della Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’Università Pontificia Salesiana. Al centro del suo intervento le implicazioni sociali ed educative del mondo digitale con un particolare riferimento alla sovrabbondanza di informazioni e al disorientamento di molti. “In un mondo in cui gli algoritmi fanno il profilo delle persone – afferma Pasqualetti – siamo sempre meno abituati al dialogo” quindi si registra una evidente difficoltà nel discernere ciò che è vero da ciò che è falso. “Le tecnologie – afferma – ci fanno risparmiare tempo ma non abbiamo tempo per fare altro”. Necessario quindi un cambiamento di impostazione, di stili di vita, come ha suggerito il Papa nel messaggio a “The Economy of Francesco”, di modi di produzione e di consumo diversi perché si ricostruisca una visione di insieme e di unità.

Un mare da navigare

Daniella Zsupan-Jerome, docente della Saint John’s University School of Theology di Collegeville, si sofferma sulla spiritualità della comunicazione, ricordando la centralità dell’ascolto, l’impegno nella comunione e nella verità. Proprio attraverso le pratiche spirituali – afferma – si riesce a vivere l’unione con Dio padre e a riconoscere in Gesù il modello del vero comunicatore perché Lui è la verità. La professoressa mette in luce la necessità “di modellare il dialogo per cambiare gli spazi di incontro”, invita a non cedere alla tentazione di un confronto aggressivo ma di ascoltare in modo costruttivo “perché ciò significa che siamo disposti ad essere disciplinati”. “La comunicazione – aggiunge – trasmette i frutti dello Spirito che sono la pace, la gentilezza, l’autocontrollo e forgia nuove relazioni”.  Suor Nathalie Becquart, sottosegretario del Sinodo dei vescovi, esorta a vivere nella società “liquida” abitando il mondo digitale. Allo stesso tempo invita ad accompagnare i giovani in questa terra nella quale vedono grandi possibilità ma dove non mancano in pericoli. “E’ importante essere con loro perché sono i veri attori della metamorfosi della condizione umana”. La sfida per la Chiesa, sottolinea suor Nathalie, è di essere pronti all’”inculturazione”, parlare il linguaggio di questo mondo, che è un mosaico di “identità soggettive e aperte” da guardare con uno sguardo di unità, navigando in un mare nel quale si può anche giocare. Per la religiosa, si è passati però “dall’homo faber all’homo ludens” dove i valori principali sono all’insegna del divertimento e per questo non ci si può sottrarre all’impegno di creare una cultura dell’incontro e della solidarietà.

In collegamento per il webinar giovani e studiosi di 64 Paesi diversi, 60 ragazzi coinvolti in un processo di comunicazione della fede che hanno riflettuto su “Communio et progressio”, sulla sua attualità e le possibilità che ancora oggi pone. Un cammino che non si conclude oggi ma va avanti con confronti, risposte e domande perché comunicare il bene è l’impegno di molti e la sfida di tutti.