Alessandro De Carolis – Città del Vaticano
C’erano una volta le utopie. Da Thomas More a Sant-Simon e altri, visionari autori di società del ben-essere, tutte a loro modo giuste e prospere per l’uomo che le avesse abitate. Poi quei monumenti illuministici crollano, frantumati da un Novecento breve e soprattutto guerrafondaio, di una guerra calda e poi fredda, che stende una lapide su quei progetti di mondi tanto ideali quanto irraggiungibili. Agli abitanti del 20.mo secolo resta la disillusione che trasforma le grandi utopie in distopie, visioni di mondi terribili, “di narrazioni apocalittiche e catastrofiche”.
Il cardinale Michael Czerny ricostruisce la storia delle utopie durante il discorso tenuto all’Università Urbaniana, in occasione della Festa Patronale dell’ateneo, per sondare il rapporto tra questo tipo di idealità e il “sogno” della fratellanza di Francesco nell’enciclica Fratelli tutti. Il preambolo storico è la premessa per mettere in risalto la sostanza dell’utopia di More, e in fondo di tante altre, quella di immaginare luoghi “altri” e quindi alternativi all’ordine reale. Posti migliori, egalitari e solidali per l’umanità che conosce invece nella sua quotidianità un vissuto molto spesso più degradante.
Il prezzo del mondo iniquo
Nel migliore dei casi, rileva il porporato, l’utopia diventa un “elemento di critica costruttiva al modello di società esistente”. Ed è qui che la riflessione si aggancia al pensiero di Francesco. Nella Fratelli tutti più che un’utopia la fratellanza proposta dal Papa è piuttosto un “sogno” biblicamente inteso. È il sogno di un’“alternativa praticabile – afferma il cardinale Czerny – alla situazione in cui attualmente versa l’umanità, percorrendo la via della fratellanza e dell’amicizia sociale”. È, rispondendo alla domanda provocatoria che apre l’intervento, la possibile “salvezza” per il mondo attuale che corre sul binario della “cultura dello scarto” – depredando, sfruttando, privatizzando – che genera esclusione e considera gli esclusi “danni collaterali”. Un mondo in cui, sottolinea ancora il prefetto ad interim del Dicastero per lo Sviluppo Umano, la ricchezza che “aumenta senza equità”, suscita “nuove povertà e presenta un prezzo alto da pagare: l’esclusione della gran parte dell’umanità da condizioni di vita accettabili”.
Il valore che salva il mondo
Il sogno della fratellanza e dell’amicizia sociale affermati dal Papa supera lo “scisma tra il benessere personale e la felicità umana”. La cultura dell’incontro, afferma il porporato, riempie il vuoto dei grandi ideali di cui, erroneamente, si pensa siano rimasti orfani i giovani del 21.mo secolo – la mobilitazione per la questione ecologica, dice, mostra di reclamare semmai il “ritorno” delle grandi utopie. La fratellanza, chiarisce il cardinale Czerny, “diviene allora l’orizzonte utopico condiviso che permette di strappare l’individuo dalla solitudine in cui lo confina tanto il liberalismo classico (l’uomo solipsista e non-solidario) quanto il collettivismo marxista (l’uomo-massa non-libero)”. Diviene “via alla salvezza, perché indica nella comunione tra gli uomini e con Dio l’intuizione fondativa del Vangelo, quale forma di vita in grado di risignificare il senso della storia e i modelli culturali entro cui interpretare il valore della dignità e della persona umana”.