Il prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo umano integrale in partenza per il Paese africano, ad un anno dal viaggio ecumenico di Francesco con il primate anglicano Welby e il moderatore Greenshields: “Bisogna ribadire il messaggio di riconciliazione e accompagnare il cammino difficile per uscire dalla violenza e dalla vendetta”. Sullo sfondo del viaggio anche la questione dei rifugiati al confine con il Sudan e la denuncia contro ogni forma di tratta
Christopher Wells – Città del Vaticano
“La visita segna il primo anniversario del viaggio del Papa e vuole essere un rinnovamento del suo appello per la riconciliazione e la pace. Vuol dire che noi, la comunità cristiana, la Santa Sede, non abbiamo perso la speranza. Che non diciamo che il processo è fallito e che le speranze sono morte”. Con queste parole, condivise con Vatican News, il cardinale Michael Czerny, prefetto del Dicastero per il servizio allo Sviluppo umano integrale, commenta il suo viaggio in Sud Sudan che prende il via oggi fino al prossimo 9 febbraio.
Riaffermare il messaggio di riconciliazione
Il porporato visiterà la capitale Juba e le città di Malakal e Renk per rinnovare la vicinanza della Chiesa universale alla più giovane nazione del mondo. In particolare con la sua presenza celebrerà il primo anniversario del viaggio del Papa in Africa di gennaio-febbraio 2023, seconda tappa dopo la Repubblica Democratica del Congo, ‘pellegrinaggio’ ecumenico compiuto insieme al primate della Chiesa anglicana e arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, e il moderatore generale della Chiesa presbiteriana scozzese, Iain Greenshields. Con loro il Pontefice ha voluto ribadire il messaggio di unità, fraternità e riconciliazione da parte delle Chiese cristiane.
Dolore e speranza per i migranti al confine col Sudan
“Penso che i vescovi mi abbiano invitato perché ritengono che questo messaggio importante di un anno fa debba essere riaffermato, almeno con tutto il vigore possibile. Bisogna comunicare questo concretamente”, dice Czerny. Bisogna anche “accompagnare il cammino molto molto difficile per uscire dalla violenza, dalla vendetta e dalla disperazione per costruire insieme la pace”. “Forse il punto più drammatico è la frontiera con il Sudan dove 10 milioni di sfollati stanno cercando di rifugiarsi in Sud Sudan. Questo magari ci aiuta a riflettere sulle nostre difficoltà ad accogliere un centinaio di persone…”, osserva il cardinale.
Parla poi di speranza per l’inaugurazione e la benedizione di una nuova imbarcazione, durante la tappa alla città di Renk, al confine tra Sudan e Sud Sudan, che aiuterà a trasportare i migranti attraverso il fiume Nilo. “Questo dovrebbe rendere il viaggio possibile e meno pericoloso”, spiega, ribadendo l’auspicio che i due Paesi possano presto giungere alla pace per il bene dei loro popoli. “Non si fa la pace alzando muri e ostacolando il cammino di coloro che, per ogni buona ragione al mondo, cercano un minimo di sicurezza”; al contrario, “dovremmo aprire le nostre porte, i nostri cuori e anche le nostre capacità, in modo che possano trovare questa sicurezza, senza la quale la vita umana è impossibile”.
Contro ogni forma di tratta umana
Oltre alla questione migratoria, sullo sfondo della visita del prefetto del Dicastero per lo Sviluppo umano integrale c’è pure una chiara denuncia contro ogni forma di tratta umana. L’8 febbraio Czerny celebrerà infatti una Messa a Malakal in occasione della Giornata mondiale di preghiera e riflessione contro Traffico di esseri umani, nella chiesa dedicata Santa Giuseppina Bakhita. Ovvero la santa sudanese, venduta come schiava in tenera età e poi liberata grazie alle suore Canossiane in Italia; canonizzata da Giovanni Paolo II nel 2000 è considerata la patrona delle vittime della tratta. Il cardinale si dice suo devoto: “Per tutti questi anni ho lavorato con i miei colleghi contro la tratta di esseri umani e la schiavitù moderna. Mi sento come se la incontrassi a casa per la prima volta, e questo mi rende molto felice”.
A tal proposito, il porporato cita la collaborazione tra il suo Dicastero e Talitha Kum, alleanza internazionale di religiose impegnate nel salvataggio e nella guarigione delle vittime del traffico esseri umani. “È una missione e un ministero ammirevoli. Fanno quello che invece molte altre persone fanno solo a parole. E tutto senza pubblicità e senza risorse”, afferma Czerny, sottolineando che “è un grande onore” lavorare al fianco di queste donne e contribuire a combattere il flagello delle moderne schiavitù.