Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano
È la forza dell’amore il fronte che, anche in tempi di guerra, accomuna i papà del mondo. In Ucraina, in particolare, i saluti teneri e dolorosi di tanti padri a figli in lacrime alla stazione di Kiev sono un’altra drammatica testimonianza di una tragedia che semina morte e separa le famiglie. Mani divise dal vetro di un finestrino sono spesso l’ultimo indelebile ricordo prima della partenza di un treno verso la Polonia. Sono gli istanti in cui i destini si dividono nella speranza che si possano unire di nuovo: i volti di mogli e figli in fuga verso Paesi oltre i confini della guerra e di papà che restano in Ucraina sono uno dei drammatici “frutti” della guerra.
Tra i tanti filmati che arrivano dalle zone di conflitto si vede, ad esempio, un soldato che saluta sua figlia e la moglie prima della loro partenza verso un luogo lontano dalle bombe. L’uomo, che resta in Ucraina per difendere la propria patria, guarda un biglietto della figlia e scoppia a piangere. Anche il viso della bambina è rigato dalle lacrime. Nella sequenza che dura poche decine di secondi ma sembra condensare una vita intera, il padre prende poi in braccio la figlia. Arriva anche la madre della piccola e tutti e tre si abbracciano con la speranza, ma non la certezza, di potersi rivedere presto. In un altro struggente filmato si sentono le voci di alcuni padri, in trincea, che intonano una ninna nanna per i loro figli. Scorrono, insieme ai volti dei soldati, immagini di bambini costretti a passare giorno e notte in bunker antiaerei e negli scantinati. Racconti intrisi di dolore e speranza che nel corso del programma racconta anche il collega Luca Collodi, nostro inviato in Polonia e Ucraina.
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Amori senza confini
Tra le tante storie che arrivano dalle zone scosse dalla guerra c’è poi quella di un padre russo e di sua moglie ucraina che hanno viaggiato tra colpi di artiglieria da Kharkiv fino a Trieste per mettere in salvo il figlio. Un ragazzo che ha la distrofia di Duchenne. Un’altra coppia, in cui si intrecciano i popoli di Russia e Ucraina, è quella che ha dato la vita alla giornalista Marina Ovsyannikova. Nel corso di un tg nazionale ha mostrato un cartello con la scritta “No war”. Prima della messa in onda ha registrato un messaggio: “Quello che sta succedendo in Ucraina è un crimine. La Russia è l’aggressore, e le responsabilità sono da imputare ad una sola persona: Vladimir Putin. Mio padre è ucraino, mia madre è russa. Loro non sono mai stati nemici”. L’amore non è mai un nemico, ma un ponte come la fraternità e la pace tra i popoli. È questo il vero tesoro da custodire e da difendere.
San Giuseppe, profugo e perseguitato
A San Giuseppe, che con la sua famiglia ha sperimentato come centinaia di migliaia di profughi oggi in Ucraina la via dolorosa dell’esilio, Papa Francesco ha dedicato un ciclo di 12 catechesi.
Nella prima, il 17 novembre del 2021, il Pontefice ricorda che la vita del padre terreno di Gesù si snoda tra villaggi periferici, quelli di Betlemme e Nazaret. “Questa scelta – spiega il Papa – ci dice che la periferia e la marginalità sono predilette da Dio”. La figura di San Giuseppe, spiega poi il Papa, è “apparentemente marginale e discreta, in seconda linea”. Rappresenta invece “un tassello centrale nella storia della salvezza”. Lo sposo di Maria è anche un falegname, un uomo giusto che accompagna i passi della propria vita con “un silenzio pieno di ascolto”. È il padre di Gesù: “non basta mettere al mondo un figlio – afferma Francesco – per dire di esserne anche padri o madri”. Lo sposo di Maria è padre nella tenerezza, un uomo che sogna. È il patrono della buona morte e della Chiesa universale: nell’ultima catechesi dedicata a San Giuseppe, il 16 febbraio 2022, il Papa ricorda che “ha il compito di proteggere Gesù e Maria”.
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La puntata numero 96 di Doppio Click è stata realizzata da Andrea De Angelis e Amedeo Lomonaco