Nel venticinquennale della visita di Giovanni Paolo II il porporato è intervenuto all’Università dell’Avana. Chiesto il rilascio dei manifestanti che protestarono nel luglio 2021
L’Osservatore Romano
Papa Francesco spera molto che ci sia una risposta positiva da parte del governo cubano alle richieste della Chiesa per il rilascio di quanti hanno partecipato alle proteste dell’11 luglio 2021. Lo ha detto il cardinale Beniamino Stella, a margine del suo intervento all’Università dell’Avana, mercoledì 8 febbraio.
Rispondendo ad alcuni giornalisti, il porporato – che si trova nella nazione caraibica dallo scorso 24 gennaio per celebrare i 25 anni della storica visita di Giovanni Paolo II – ha definito secondario il fatto che la liberazione dei manifestanti sia considerata giuridicamente come amnistia o clemenza. L’importante è che i giovani possano tornare alle loro case. Ha chiesto anche che quanti «sono al potere siano in grado di parlarsi, di ascoltarsi», perché «da questo possono nascere cose che vanno a beneficio del popolo». E ha auspicato che tale dialogo si svolga presto.
Nunzio apostolico all’Avana dal 1992 al 1999, Stella durante la visita a Cuba – che si conclude il 10 febbraio – ha espresso questo “desiderio” della Chiesa alle autorità cubane, nella speranza che dal «momento utile e positivo» vissuto in questi giorni «nascano cose nuove per il popolo». Precedentemente, parlando all’Università dell’Avana, alla presenza del presidente Miguel Díaz-Canel, aveva sottolineato che la libertà «non può essere subordinata a un calcolo di interessi o di circostanze o aspettare tempi migliori per realizzarla». Questa verità si basa sugli insegnamenti di padre Félix Varela e di José Martí, ha aggiunto il porporato, citando il sacerdote considerato uno dei padri della nazione e il leader dell’indipendenza cubana.
«In questi tempi di trasformazione economica – ha rimarcato Stella – la libertà di apprendimento favorirà la crescita materiale, etica e spirituale delle persone». Certamente l’isola «deve essere libera da ogni interferenza e sottomissione, così come deve essere una Cuba in cui i suoi figli siano uomini e donne liberi».
Il relatore ha poi ricordato quanto detto da Giovanni Paolo ii nel Messaggio ai giovani cubani del 23 gennaio 1998: «Non dimenticate che la responsabilità fa parte della libertà. Inoltre, una persona è definita in primo luogo dalla sua responsabilità nei confronti degli altri e della storia». Queste, ha osservato il porporato, sono alcune delle sfide che «ci attendono, comuni a tutte le nazioni e ancor più in questi tempi di cambiamento, secondo Papa Francesco». È perciò necessario promuovere «un’autentica riconciliazione e fraternità, non basata sulla somiglianza di idee, ma che vada incontro agli altri nella loro diversità». E perché questo avvenga, è essenziale che «tutti continuino a impegnarsi per educare ai valori e per rafforzare la maturità etica dei giovani», affinché si impegnino «nella loro realtà e realizzino i loro sogni e progetti a Cuba». Soprattutto, che non «ci sia odio o scontro tra fratelli e sorelle», quanto «piuttosto che si costruisca una “cultura dell’incontro” per fornire ponti su cui viaggiare alla ricerca del bene comune di cui siamo tutti responsabili».
Il cardinale Stella ha quindi evidenziato che la fede «è sempre benefica nella misura in cui porta a una trasformazione della vita», insegnando a pensare in modo che essa «sia orientata alla verità, al bene, alla giustizia e all’amore». E in tal senso i tre Pontefici che hanno visitato Cuba negli ultimi 25 anni — ha concluso riferendosi ai Papi Wojtyła, Ratzinger e Bergoglio — «sono stati promotori del ruolo della fede cristiana e della religione nella vita e nel lavoro sociale».