Antonella Palermo – Città del Vaticano
La polizia del Pakistan intensifica le ricerche dei due assalitori non identificati che hanno ucciso a colpi d’arma da fuoco un pastore protestante e ferito un altro religioso a Peshawar. Sinora nessuna rivendicazione dell’attacco, si teme la matrice estremista islamica. Sabato, un sacerdote domenicano è stato accoltellato in Vietnam durante le confessioni serali. Il tratto comune di questi due episodi cruenti è sicuramente quello di due vite donate in contesti difficili per i cristiani; sono tuttavia due storie molto diverse, in contesti altrettanto differenti, come spiega Giorgio Bernardelli, direttore di Asia News:
Le ambiguità del Pakistan verso i radicali islamici
“Quello che è accaduto a Peshawar è espressione di un attacco mirato contro le comunità cristiane nel loro insieme – osserva Bernardelli – in quello che è il Pakistan di oggi, dove i contraccolpi di quanto accaduto in Afghanistan, con il ritorno al potere dei talebani, sta mettendo in grave rischio la sicurezza delle minoranze anche nel vicino Pakistan”. In effetti, non si tratta di un attacco isolato, e “le voci che si stanno levando in queste ore – aggiunge – sottolineano come le ambiguità del governo di Islamabad nei confronti dei movimenti radicali islamici alimentino quel contesto” in cui proliferano queste azioni violente che portano alla uccisione dei cristiani ma anche di altre minoranze, ci sono stati infatti attacchi contro gli Indù, i Sick in queste ultime settimane.
Questo dà l’idea di un contesto generale in cui la situazione si sta facendo sempre più difficile. Bernardelli torna sulla questione chiave legata alla vicenda dell’Afghanistan di quest’estate e alle sue ripercussioni nel vicino Pakistan: “Fare finta di non vedere questi contraccolpi è una grave sottovalutazione oggi. Non dimentichiamo che Peshawar si trova a poche decine di chilometri dal confine con l’Afghanistan e quindi molti dei gruppi che svolgono queste azioni criminali hanno delle basi anche dall’altra parte del confine, un confine che da sempre è poroso per tali milizie”.
Il religioso vietnamita ucciso: una vita donata nel segno della carità
“Quanto è avvenuto invece in Vietnam si può molto più probabilmente porre nella frontiera di una vita donata di fronte a una situazione di marginalità”, così Bernardelli sull’omicidio del domenicano padre Giuse Trần Ngọc Thanh. “Questo sacerdote, da quello che si sa, è stato colpito mentre si trovava in un confessionale, da una persona che, da quanto riferiscono le poche notizie arrivate, forse era affetta da tossicodipendenze. Certamente parliamo di un contesto dove il cammino per la libertà religiosa è un cammino difficle – precisa ancora il direttore – ma le modalità di questa morte fanno qui pensare più alla vita donata nel segno della carità verso tutti. Forse ciò che si evince da fatti del genere è come anche le marginalità vanno a creare situazioni in cui le ostilità armano la mano delle persone più fragili”.
Alle frontiere per costruire la pace
Le due uccisioni di questi giorni, in cui hanno trovato la morte due preti cristiani, generano un retrogusto ancora più amaro se pensiamo all’atmosfera di festa che contraddistingue il periodo del Capodanno lunare in Estremo Oriente. Alla ricorrenza, che cade il 1° febbraio, Papa Francesco ha dedicato parole di augurio per la pace, la vita serena e sicura. “Il Papa parla all’Asia che sappiamo essere nel suo cuore”, ricorda Bernardelli. E’ peraltro una festa sentita proprio in Vietnam. “Le parole di Francesco richiamano questa unità e questa ricerca di ricucire i rapporti – altra parola chiave usata all’Angelus di ieri – indicando la prospettiva della pace. E’ la sfida che queste figure di frontiera affrontano quotidianamente”. Il vescovo della Chiesa anglicana del Pakistan, all’indomani dell’omicidio del pastore Siraj, ha detto che il dolore e l’indignazione restano uniti alla consapevolezza che Dio continua a mandare persone che donano la vita in questi contesti. “Un modo per dire che la presenza dei cristiani in queste aree del mondo continua ad essere una presenza di unità e riconciliazione anche a rischio della propria vita”.
Bisogno di dare spessore politico alla fratellanza
Il Documento sulla Fratellanza umana firmato ad Abu Dhabi tre anni fa è un caposaldo che ha posto grandi sfide sotto la lente dei leaders mondiali. Considerato il fatto che azioni violente ai danni delle minoranze religiose perdurano, c’è da chiedersi se ci sia il rischio che i suoi contenuti rimangano inascoltati. “Il punto è che non possono rimanere parole, non possono rimanere dichiarazioni. Il Papa è chiarissimo nella Fratelli tutti: c’è una dimensione politica della fratellanza, a cui dedica un capitolo, che è una sfida enorme e che richiede consapevolezza. Finché non riusciamo a tradurre questi orizzonti in comportamenti quotidiani – conclude Bernardelli – che hanno a che fare anche con interessi di parte (pensiamo al tema, per esempio, del commercio delle armi), insomma se non passa da là, la fraternità resta parola vuota. Sono parole che chiedono di cambiare [quelle contenute nel Documento, ndr] altrimenti rischiano di restare lettera morta, come purtroppo vediamo in tanti contesti del mondo di oggi!