Chiesa Cattolica – Italiana

Cresce l’accaparramento di terre indigene: danni per l’ambiente, a rischio i diritti umani

Marco Guerra – Città del Vaticano

In questo anno e mezzo di pandemia di Covid 19 il mondo si è fermato e molte attività produttive hanno subito uno stop senza precedenti. Eppure il “land grabbing”, ovvero il fenomeno dell’accaparramento delle terre, è proseguito con la medesima intensità, se non maggiore. È quanto emerge nel documento “I padroni della Terra. Rapporto sull’accaparramento della terra 2021: conseguenze su diritti umani, ambiente e migrazioni”, realizzato da Focsiv, la ‘Federazione Organismi Cristiani Servizio Internazionale Volontario’, e presentato ieri al Senato della Repubblica italiano.

Sottratti 93 milioni di ettari

La quarta edizione della ricerca mostra subito l’acuirsi di questa vera e propria rapina ai danni dei popoli originari e delle comunità più vulnerabili. Infatti se nel 2018 il primo Rapporto denunciava come l’agrobusiness concentrasse nelle sue mani 88 milioni di ettari di terre, nel 2020 questo fenomeno ha raggiunto e superato i 93 milioni di ettari, strappati alle popolazioni locali. Praticamente un territorio grande come Francia e Germania che non conosce limiti nello sfruttamento.

Colpite le comunità più fragili

Nella premessa del documento la presidente di Focsiv, Ivana Borsotto, evidenzia il legame del fenomeno con un sistema si sviluppo “fagocitante che produce scarti” e che “genera nelle persone del mondo occidentale nuove necessità effimere, funzionali al mantenimento del sistema stesso”. Il land grabbing è quindi interconnesso con i cambiamenti climatici, le migrazioni causate anche dalla desertificazione di numerose aree del mondo e l’incremento delle diseguaglianze tra gli abitanti del pianeta. L’accaparramento delle terre colpisce infatti le comunità più vulnerabili e più fragili economicamente.

Uccisi i leader indigeni

Il testo mette poi in evidenza le storie di resistenza dei popoli indigeni nella difesa della propria terra e dei propri diritti, primo tra tutti il diritto alla vita e a un ambiente sano. Non a caso il rapporto 2021 è dedicato ai 331 leader indigeni che sono stati uccisi nel 2020 per essersi opposti alla devastazione e all’inquinamento su larga scala di foreste, terra e acqua, lottando in difesa dell’ecosistema e del diritto di ciascuno a vivere in un ambiente salubre e sostenibile. Una dedica speciale va anche all’ambasciatore italiano nella Repubblica Democratica del Congo, Luca Attanasio, ucciso a Goma il 22 febbraio scorso, simbolo di una vita, personale e istituzionale, dedicata al miglioramento della vita delle popolazioni più fragili.

Gli usi della terra

Il fenomeno risulta particolarmente diffuso in Africa e America Latina e la terra sottratta viene sfruttata per diversi usi, il più diffuso dei quali è quello minerario, seguono quello forestale, le grandi piantagioni, le culture alimentari, i biocarburanti e l’estrazione di idrocarburi.

Stocchiero: popoli sfollati dalle imprese

“L’accaparramento della terra è operato da imprese multinazionali private, ma anche da grandi attori pubblici. Negli ultimi 20 anni sono cresciuti gli investimenti di molti Stati in questo settore, in particolare da parte di Cina e India, anche tramite i fondi sovrani. Si accaparrano terre dove già vivono contadini e popoli indigeni che nel migliore dei casi riescono a rimanere in quei luoghi senza però avere più accesso alle risorse, nel peggiore dei casi sono invece espulsi e sfollati”, spiega a Vatican News Andrea Stocchiero, responsabile policy di Focsiv. “Quella è la terra dove hanno vissuto i loro antenati e non capiscono perché dall’oggi al domani non ne siano più padroni – prosegue – i più caparbi si organizzano in movimenti di contadini che si scontrano con guardie assoldate da queste grandi imprese pubbliche e private”.

Ascolta l’intervista a Andrea Stocchiero

Servono regole vincolanti

Non meno negative le conseguenze sull’ambiente, fa notare ancora Stocchiero: “Più 25 milioni di ettari di terra sono stati accaparrati per estrazioni da miniere e quasi 10 milioni per le grandi piantagioni. Sono operazioni che non hanno considerazione per l’ambiente, distruggono la biodiversità e creano terre e acque morte”. L’esponente di Focsiv cita il caso della Repubblica Democratica del Congo, dove l’estrazione di cobalto, necessario per la fabbricazione di batterie, alimenta il fenomeno del lavoro minorile e causa inquinamenti terribili. Stocchiero chiede quindi alla comunità internazionale di rendere vincolanti le linee guida sulla condotta delle imprese in materia di diritti umani e ambiente. “Attualmente sono buone pratiche adottate su base volontaria, ma ci vuole qualcosa di obbligatorio”.

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