Giancarlo La Vella – Città del Vaticano
Un anno fa, proprio in questi giorni, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) dichiarava l’epidemia di Covid-19 pandemia globale. Ma non è ancora possibile abbassare la guardia di fronte al rischio di un aumento dei contagi. Dagli Stati Uniti, Paese col più alto numero di infettati e di vittime, il presidente Joe Biden ha annunciato che tutti i cittadini adulti saranno candidabili a ricevere il vaccino anti-Covid entro il 1° maggio, senza alcun tipo di priorità per età o categoria. Con un simile scenario, si profila una situazione di semi-normalità già per l’inizio dell’estate. I casi negli Usa sono ormai 30 milioni, un quarto di quelli globali. Peggiora la situazione in Brasile, dove i nuovi contagi sono stati 75mila in un solo giorno ed oltre 2mila le vittime. Anche in Europa i numeri sono in crescita. Ieri l’Agenzia Europea del Farmaco (Ema) ha approvato il vaccino Johnson&Johnson che, a differenza di Pfizer, Moderna ed Astrazeneca, è monodose. Dopo Estonia, Lituania, Lettonia e Lussemburgo, intanto anche la Danimarca ieri ha sospeso le vaccinazioni con Astrazeneca e in Italia è stato ritirato un lotto del siero dopo due morti sospette in Sicilia. E proprio in Italia oggi è atteso il varo delle nuove misure: la Penisola sarà divisa prevalentemente in zone rosse ed arancioni. Tra le ipotesi anche un lockdown nazionale nei giorni festivi e prefestivi, in particolare della prossima Pasqua.
Continua la mobilitazione negli ospedali
L’ ospedale continua ad essere il punto di riferimento per quanti vengono contagiati dal coronavirus, ma, rispetto ad un anno fa, per quanto stiano aumentando i ricoveri dei pazienti più gravi, è stata messa a punto una procedura curativa che può essere anche espletata a domicilio. Insomma quello appena trascorso è stato un anno di preziosa esperienza, conferma a Radio Vaticana-Vatican News, il dottor Luigi Guardati, che opera nel Pronto Soccorso dell’ospedale romano “San Filippo Neri”, uno dei nosocomi della capitale in prima linea nella lotta al Covid, e si è fatto tesoro di dodici mesi di tentativi terapeutici per arrivare finalmente ad un approccio definitivo e condiviso.
Diversi sono i punti fermi oggi nelle cure per bloccare il coronavirus: l’ossigeno, per chi manifesta un’insufficienza respiratoria, cortisone, come anti-infiammatorio, e l’eparina per prevenire embolia polmonare e trombosi. Queste sono le armi per fronteggiare un’eventuale terza ondata. Tanti sono i farmaci – sottolinea Luigi Guardati – utilizzati nei mesi scorsi, che hanno poi deluso le aspettative. Per quanto riguarda gli anticorpi monoclonali, cioè quelle sostanze che agiscono con lo stesso principio con cui il sistema immunitario reagisce verso una aggressione esterna, in parte sono risultati poco efficaci, o utilizzabili solo entro le 72 ore dal contagio, senza ospedalizzazione. Tutto il personale ospedaliero si è prodigato al massimo in questo anno per fronteggiare la pandemia. “Lo stesso impegno – ricorda il dottor Guardati – è stato profuso dalle istituzioni regionali. Non tutti sanno, ad esempio, che il paziente Covid positivo, che si presenta in Pronto Soccorso, ma che non necessita di ospedalizzazione, qualora non abbia la possibilità di vivere in isolamento nel proprio domicilio, viene trasferito in apposite residenze, dove trascorre la quarantena a carico del Servizio Sanitario nazionale. E questo è un grosso aiuto che le istituzioni mettono in campo nella lotta al Covid-19”.
Guardare al futuro, nel ricordo di chi ha pagato con la vita
C’è un grosso spirito di solidarietà e di sacrificio tra gli operatori dell’ospedale, nell’affrontare questa che è l’emergenza sanitaria primaria. “Lo è stato nel passato – afferma Guardati – e lo sarà nel prossimo futuro, anche per onorare il ricordo di chi si è contagiato nell’esercizio del proprio lavoro, come un infermiere del nostro reparto purtroppo morto di Covid, contratto in corsia. La sua scomparsa ci ha addolorati in modo indicibile, e proprio per questo dobbiamo moltiplicare i nostri sforzi”.