Tiziana Campisi – Città del Vaticano
“Nell’attuale contesto sociale e politico del nostro Paese, questa Giornata Nazionale della Pace deve essere celebrata tenendo presente tutti che la pace è una necessità e che il suo consolidamento è responsabilità di ogni cittadino di qualunque condizione sociale”. Lo sottolinea monsignor Yedoh, vescovo della diocesi di Bondoukou, ricordando anche le parole pronunciate da Papa Francesco nel discorso tenuto all’Incontro internazionale di preghiera per la pace promosso dalla Comunità di Sant’Egidio e svoltosi a Roma il 20 ottobre dello scorso anno. “Dio chiederà conto, a chi non ha cercato la pace o ha fomentato le tensioni e i conflitti” aveva detto il Pontefice e rimarcando il pensiero, il presidente della Commissione episcopale ivoriana Giustizia, Pace e Ambiente esorta a non aver paura di andare incontro gli altri, di discutere con rispetto e tolleranza del futuro del Paese.
L’incontro fra Ouattara e Gbagbo un segno di pace
Il presule esprime apprezzamento per le favorevoli condizioni create dal presidente della Repubblica Allassane Ouattara per il ritorno nel Paese del suo predecessore, Laurent Gbagbo, si rallegra per la visita di quest’ultimo al capo dello Stato, al palazzo della Presidenza, e per la ripresa del dialogo politico annunciata dal primo ministro Patrick Achi il prossimo dicembre. Gbagbo, assolto all’Aja dall’accusa di crimini contro l’umanità, ha fondato un nuovo partito, panafricanista e socialista. il Partito dei popoli africani – Côte d’Ivoire (Ppa-Ci). Eletto presidente nel 2000 Gbagbo, è rimasto al timone del Paese fino al 2010, quando si propose per un terzo mandato e andò poi al ballottaggio con Outtara che fu poi proclamato vincitore. Gbagbo chiese il riconteggio dei voti ma nel Paese esplose la violenza e si contarono migliaia di morti. Un intervento internazionale portò poi l’ex presidente al Tribunale Internazionale dell’Aja e Ouattara poté guidare il Paese. Ouattara e Gbagbo si sono incontrati lo scorso 27 luglio. Il presidente in carica, in un tweet, ha definito quello con il suo predecessore “un cordiale e fraterno incontro”. “Insieme lavoreremo per costruire fiducia a beneficio del nostro Paese” ha aggiunto.
Autorità e famiglie si impegnino per il bene del Paese
Per monsignor Yedoh quanto accaduto aiuta a costruire la pace e a consolidare quanto è stato fatto in tal senso. “Queste buone iniziative vanno incoraggiate e portate avanti” aggiunge, richiamando l’invito di Gesù, nel discorso della montagna, a diventare operatori di pace. “Operatori di pace lo saremo solo nella misura in cui ci sforzeremo di vivere in armonia con gli altri e di costruire insieme la nostra patria, come figli e figlie dello stesso Padre – prosegue il presule -. E questo sarà possibile solo se ci impegniamo a rispettare il comandamento dell’amore che ci chiede di rispettare e far rispettare ogni essere umano”. Monsignor Yedoh precisa poi che il rispetto dell’essere umano implica, tra l’altro, la lotta al fenomeno dei ‘microbes’ – bambini che raggruppati in baby-gang con machete e coltelli assaltano, saccheggiano e uccidono – e giustizia per i carcerati di lunga data, detenuti senza processo. Il presule, inoltre, elogia le autorità per quanto stanno già facendo per arginare i “microbes”, “una vera minaccia per la tranquillità delle popolazioni ivoriane” e incoraggiamo i genitori a svolgere appieno il loro ruolo, per il reinserimento di questi bambini nel tessuto sociale. “C’è bisogno di pace in ognuno di noi – conclude il presidente della Commissione episcopale Giustizia, Pace e Ambiente -. Questo ci costringe innanzitutto ad evitare di abituarci alla ‘malattia della guerra’. Cittadini coraggiosi! Fermiamoci e cambiamo il corso della storia del nostro Paese”.