Adriana Masotti – Città del Vaticano
Ci sono molti modi per crescere nella conoscenza, nel rispetto e nell’amicizia tra i cristiani. Accanto al cosiddetto “dialogo della vita”, di cui tutti possiamo essere protagonisti collaborando insieme per portare avanti azioni concrete a favore delle persone più bisognose, del creato, del bene comune, è importante approfondire il dialogo teologico, essenziale per superare gli ostacoli che ancora permangono sul cammino verso una maggiore comunione e unità tra le diverse Chiese e confessioni.
L’importanza di educare al vero dialogo
Un contributo a questo dialogo lo offre la Pontificia Università Lateranense che, rispettando la propria vocazione formativa e di ricerca, ha dato il via di recente ad un nuovo percorso di studio istituendo, nell’ambito della Facoltà di teologia, il corso di “Teologia interconfessionale in prospettiva ecumenica e confessionale”. Nonostante la ancora limitata didattica in presenza, a causa della pandemia, il corso per l’Anno accademico 2020-21 è iniziato con la partecipazione di studenti appartenenti alle tre espressioni principali della fede cristiana, la cattolica, la protestante e quella ortodossa. L’iniziativa ha ricevuto l’apprezzamento e l’incoraggiamento di Papa Francesco stesso che proprio nell’Aula Magna della Lateranense, il 31 ottobre 2019, intervenendo all’inaugurazione di una mostra, affermò: “Andate avanti, con coraggio. Quanto abbiamo bisogno di uomini di fede che educano al vero dialogo, utilizzando ogni possibilità e occasione”.
Il coordinatore: la ricerca a servizio dell’evangelizzazione
Il corso di Teologia interconfessionale prevede l’approfondimento di temi diversi organizzati in moduli specifici come ad esempio, “Per una rilettura comune della nostra storia” c’è il modulo storico-patristico; o per “L’unico mistero, in prospettive diverse” il modulo biblico-fondamentale; e poi quello dottrinale dogmatico o ancora quello missionario ecc… Al coordinatore dell’iniziativa, il professor Giuseppe Lorizio, ordinario di teologia fondamentale alla Lateranense, abbiamo chiesto di spiegarci come si configura il corso e quali sono i suoi obiettivi:
R. – Gli obiettivi sono quelli di una istituzione accademica, cioè la ricerca e la formazione, quindi ci siamo sentiti interpellati in particolare dalla domanda sul futuro del cristianesimo, un cristianesimo che non solo in Occidente si presenta diviso e ci siamo chiesti come si possa avere a cuore questa domanda insieme ai fratelli delle altre confessioni cristiane, quali appunto gli evangelici, i protestanti e gli ortodossi. Quindi abbiamo dato vita ad un percorso che più che di unità parla di comunione e di comunione nelle differenze come ci insegna Papa Francesco perché, appunto, tendiamo ad essere in comunione di ricerca e di formazione tra noi, ma anche in comunione spirituale perché accompagniamo il percorso anche con dei momenti di preghiera e di spiritualità nelle differenze. Riteniamo, infatti, come Papa Francesco, che le differenze possano essere viste, non come occasione di conflitto, ma come una ricchezza per il Vangelo e per la Chiesa e da questo punto di vista abbiamo trovato il pieno incoraggiamento da parte del Papa quando è venuto alla nostra Università il 31 ottobre del 2019, e ci siamo attivati proprio per mettere in atto un percorso in modo che il tema ecumenico, il rapporto tra le Chiese, il dialogo, non siano soltanto esercitati durante questa settimana, ma abbiano la loro continuità: si tratta, infatti, di attivare dei processi piuttosto che occupare degli spazi.
Nell’occasione di quella visita, il Papa ha parlato del dialogo proprio come di un criterio educativo...
R. – Infatti, da un lato l’educazione tende a far emergere l’identità della persona, ma un’identità che sia veramente radicata e convinta è sempre un’identità che si apre al dialogo e, nel nostro caso, al dialogo con i fratelli che pur non appartenendo alla stessa Chiesa, comunque condividono la stessa fede.
Chi frequenta il vostro corso e quali sono le provenienze e le aspettative degli studenti?
R. – La nostra Università è aperta a tutto il mondo. Abbiamo partecipanti che provengono per esempio dall’America Latina o dall’Est Europa o dall’Africa. In questa fase , cioè il primo anno, praticamente si è attivata soltanto la Licenza in teologia interconfessionale per cui per accedere al corso e al titolo accademico era necessario possedere il titolo di Baccalaureato in teologia. Tuttavia dall’anno prossimo, col consenso della Congregazione per l’Educazione Cattolica, si attiverà il Diploma accademico che ha lo stesso valore di una Laurea magistrale al quale possono accedere anche coloro che hanno una Laurea civile, per cui ci aspettiamo la partecipazione di molti più laici di quanti non ce ne siano ora. Oltre ai cattolici ci sono alcuni studenti protestant e alcuni ortodossi, così come i docenti di ogni corso di questo percorso sono sempre un cattolico, un protestante e un orientale ortodosso, quindi ciascun tema viene affrontato da tutte e tre le prospettive confessionali.
Come si inserisce questo tipo di approccio interconfessionale nel contesto della ricerca teologica attuale?
R. – La ricerca teologica oggi ha bisogno, intanto, di essere meno accademica e più presente nella vita ecclesiale e quindi nella vita delle comunità, per cui si tratta di attivare una teologia in uscita che risponde all’idea di una Chiesa in uscita. Inoltre si tratta di tenere aperto un laboratorio di ricerca e di riflessione perché un ospedale da campo non ha solo bisogno di medici e infermieri che siano in prima fila nel sostegno delle fragilità, ma ha anche bisogno di chi nei laboratori compie la ricerca. Ecco, questa metafora si può applicare anche alla teologia che deve essere presente sia nel sostegno alla pastorale, all’attività dell’agire ecclesiale in tutte le sue manifestazioni, ma lo sia anche a chi nel laboratorio delle idee, cerca di rispondere alla domanda di Gesù se, quando il Figlio dell’uomo tornerà, troverà la fede sulla terra. Uno dei moduli che vuole essere trasversale a tutti gli insegnamenti è il modulo della missione, per cui innanzitutto abbiamo a cuore proprio la preparazione teologica di chi è impegnato nell’evangelizzazione, perché un’evangelizzazione che non sia capace di rispondere alle domande che la cultura diffusa, che le persone e i gruppi del nostro tempo pongono, rischia di essere un’evangelizzazione di tipo, per esempio, fondamentalista.
Non so se si può parlare di frutti già raccolti da questa esperienza che è solo ai suoi primi passi, ma forse c’è già qualcosa…
R. – Certo, già ci sono dei frutti, ma un frutto su cui dò un’anticipazione sarà la pubblicazione di un glossario interconfessionale. Ci siamo messi intorno a un tavolo tre di noi, io per la parte cattolica, il professor Fulvio Ferrario per la parte protestante e il professor Germano Marani da parte ortodossa, e abbiamo cercato di compilare 62 lemmi con le parole-chiave della fede, e ciascun lemma viene esposto da ognuno di noi. Questo glossario che si intitolerà “Le parole della fede” è in fase di pubblicazione presso le Edizioni San Paolo.
E questo glossario sarà importante per tutti noi, per conoscere di più la realtà di ogni confessione, di ogni Chiesa?
R. – Sì vuole essere uno strumento non solo per gli studenti e per coloro che lavorano in campo ecumenico, ma anche, per esempio, per coloro che operano nelle comunicazioni sociali, in modo che quando parlano delle diverse confessioni abbiano un minimo di percezione di come per esempio il Battesimo, o la Cena del Signore, o ancora il Ministero, vengono percepiti nelle tre grandi appartenenze del cristianesimo. E, insieme al glossario, ci sarà in futuro una collana di piccoli volumetti in cui sempre dalle tre prospettive diverse, affronteremo le problematiche che attengono alla credibilità del Vangelo e alle diverse confessioni cristiane.