Francesco non dimentica la difficile crisi umanitaria nel Caucaso Meridionale dove, in pieno inverno, migliaia di persone sono costretta a vivere in condizioni “disumane”. L’appello del Pontefice perché si compia ogni sforzo a livello internazionale
Antonella Palermo – Città del Vaticano
È l’appello rinnovato di Papa Francesco che, dopo la preghiera dell’Angelus domenicale, non trascura di guardare alla “grave situazione umanitaria nel Corridoio di Lachin, nel Caucaso Meridionale”.
Sono vicino a tutti coloro che, in pieno inverno, sono costretti a far fronte a queste disumane condizioni.
Scarseggiano cibo, medicine, carburante
La situazione nell’Alto Karabach, tra Armenia e Azeirbagian, è in effetti sempre più in fase di stallo. Il primo ministro armeno Nikol Pashinyan, nel corso di una riunione governativa, ha dichiarato che l’Azerbaigian conduce una “politica palese di pulizia etnica” e obbliga gli armeni che vivono nella regione separatista del Nagorno Karabakh ad andarsene. Parliamo di piccolo fazzoletto di terra del Caucaso meridionale (11.458 chilometri quadrati) che si dibatte tra la guerra e la pace da più di vent’anni. Era il 1991 quando la regione si proclamò unilateralmente indipendente, ma ancora oggi per il diritto internazionale fa capo al governo di Baku. La popolazione di origine armena preferisce chiamare la regione «Artsakh», il nome antico armeno. Il blocco del corridoio di Latcin, una strada strategica perché collega l’Armenia all’enclave, perdura ormai da più di un mese. Un’operazione attraverso cui gli azeri sostengono di voler tutelare l’ambiente contro le mine illegali. Di fatto, ciò sta causando, nella regione montagnosa di circa 143.000 abitanti, grande penuria di cibo, medicine e carburante.
Scuole chiuse e timori di una fuga forzata in massa di armeni
“Se fino ad ora la comunità internazionale è stata scettica in merito alle nostre preoccupazioni riguardanti le intenzioni dell’Azerbaigian di sottomettere gli armeni del Nagorno Karabakh alla pulizia etnica – sostiene Pashinyan – ora vediamo che questa percezione si rafforza lentamente ma costantemente nella comunità internazionale”. Il timore che esprime è che gli armeni dell’area debbano fuggire tutti dalle proprie case. La denuncia è che circa 6.000 alunni degli enti pre-scolari del Nagorno Karabakh, circa 19.000 studenti delle scuole medie e 6.800 studenti universitari sono privati da circa un mese del diritto allo studio, perché gli asili, le scuole e le università sono chiuse.