Michele Raviart – Città del Vaticano
Il vaccino Astrazeneca è “sicuro e altamente efficace”, al 79% nell’arresto della malattia e del 100% nel prevenire che le persone si ammalassero gravemente, senza che siano stati constatati problemi di sicurezza per quanto riguarda i coaguli di sangue. Lo confermano i risultati dell’attesa sperimentazione negli Stati Uniti del vaccino, sospeso per alcuni giorni in Europa la scorsa settimana, alla quale hanno partecipato 32 mila volontari negli Stati Uniti, ma anche in Cile e in Perù.
Accordo Russia-India per il vaccino
Intanto tutto il mondo si adopera per trovare modi più efficienti per produrre il vaccino. Il fondo sovrano russo RDIF e l’industria farmaceutica indiana Virchow hanno siglato un accordo per produrre il vaccino Sputnik V in India. Il trasferimento di tecnologia dovrebbe essere completato nel secondo trimestre del 2021 con l’obiettivo di produrre 200 milioni di dosi all’anno.
Europa immune entro giugno
“Non avremo assolutamente bisogno del vaccino Sputnik V in Europa. I russi hanno grandi difficoltà a produrlo e noi li aiuteremo nel secondo semestre se ne avranno bisogno”, ha invece ribadito il commissario europeo incaricato della campagna di vaccinazione Thierry Breton, sottolineando come l’Europa sia indietro solo tre settimane rispetto a Stati Uniti e Regno Unito. “I vaccini non ci mancheranno, saranno pronti e molto rapidamente”, ha aggiunto, ponendo come obiettivo l’immunità per l’Europa al mese di giugno.
La pandemia nel mondo
Nel mondo i decessi per Covid-19 superano i 2,7 milioni e molti Paesi continuano ad aggiornare le misure di prevenzione del contagio. La Germania si prepara ad estendere il lockdown per il quinto mese consecutivo, mentre negli Stati Uniti si valuta di istituire il coprifuoco in Florida per prevenire gli assembramenti durante lo “spring break” degli studenti universitari. In attesa del rapporto dell’Oms sulle cause iniziali della pandemia in Cina, previsto per la prossima settimana, il Paese ha annunciato la somministrazione di dieci milioni di dosi a settimana.
A rischio le economie di America Latina e Caraibi
Sul piano economico il Fondo monetario internazionale sottolinea una ripresa dell’economia mondiale, che rimane ancora a rischio considerata l’incidenza che le nuove mutazioni potranno avere nella diffusione della pandemia, mentre la Banca dello sviluppo interamericana ha espresso preoccupazione sulla tenuta dei Paesi dell’America latina e dei Caraibi, le cui economiche rimarranno deboli per anni e invitato i Paesi ad implementare urgenti riforme fiscali per affrontare le conseguenze sociali della pandemia.
La situazione in Brasile
Nel continente sudamericano è particolarmente critica la situazione del Brasile, dove i casi sono quasi 50 mila al giorno, con 12 milioni di positivi in totale dall’inizio della pandemia e quasi 300 mila morti. Sulla situazione nel Paese Vatican News ha raccolto la testimonianza di padre Roberto Cappelletti, salesiano missionario in Amazzonia e in particolare nello Stato di Acre, dove a Cruzeiro do Sul al confine nord della foresta, i salesiani stanno costruendo la loro prima missione:
R. – Il Brasile è grande come un continente, quindi le situazioni variano da Stato a Stato, considerando che ci sono 27 Stati che formano la confederazione brasiliana. Diciamo che in generale in questo momento la situazione è peggiorata molto, un po’ in tutti gli Stati. All’inizio c’era stato un brutto momento a Manaus in Amazzonia. Poi la pandemia s’è sparsa un po’ anche in tutto il resto del Brasile. Questa situazione di molti casi di covid e anche di molte vittime. Ci sono Stati ad esempio dove sono io, in Rondonia e in Acre, e in altri Stati come anche San Paolo e Rio de Janeiro, dove i letti di terapia intensiva sono terminati, ci sono file di persone che aspettano anche giorni interi per poter trovare un posto in ospedale. Purtroppo non c’è una grande preparazione in questo qui in Brasile e neanche un tentativo di curare le persone a casa perché manca anche personale medico per fare questo.
Le vaccinazioni, invece come procedono?
R. – I vaccini diciamo che arrivano un po’ a singhiozzo, dipende anche qui da Stato a Stato. Diciamo che la maggior parte dei vaccini sono arrivati all’inizio di quest’anno proprio a Manaus, dove la situazione era molto grave e lì stanno già a vaccinando le persone da 60 anni in su. Quindi sono molto avanti nello stato dell’Amazzonia. In altri Stati come qui si arriva al 3-4% di persone vaccinate. Mancano ancora tanti vaccini ed è un po’ il problema di approvvigionamento che ho visto che è successo anche in Italia. Comunque stanno vaccinando in alcuni Stati più velocemente e in alcuni Stati un po’ a rilento.
Da missionario salesiano, come sta vivendo questo momento?
R. – Diciamo che il nostro stato d’animo come Salesiani di Don Bosco è quello di non sapere come poter aiutare. Noi abbiamo chiuso tutte le nostre attività, le nostre scuole e le nostre opere sociali. Gli oratori e le parrocchie sono chiuse da circa 20 giorni. Prima c’era stata un po’ di apertura, ancora prima era stato chiuso tutto di nuovo e quindi anche questa chiusura-apertura un po’ a singhiozzo non ci aiuta molto. Come Salesiano mi sento delle volte molto triste, perché non potendo lavorare con i ragazzi , i bambini e le famiglie, siamo un po’ un po’ fermi. Ecco, alle volte mi sento un po’ “inutile”. ma siamo qui con la nostra presenza cercando di dare il nostro appoggio con la preghiera, aiutando anche le famiglie più povere con aiuti alimentari e medicinali. Stiamo facendo delle raccolte in questo senso e poi cercando di ridare speranza alle persone, perché oltre ai morti si vedono anche tantissime persone che guariscono, che recuperano – e sono la maggior parte. Quindi c’è anche questo segnale di speranza che forse spesso i media nazionali e internazionali non sottolineano a sufficienza. Cioè il fatto di milioni di persone che guariscono. Questa è una cosa positiva. Noi Salesiani abbiamo nella nostra costituzione un articolo che dice “ottimismo e gioia”. Quindi bisogna anche sottolineare e mettere in luce anche queste notizie positive di tantissime persone che ce la fanno, ma la situazione è un po’ critica.
Che messaggio si sente di dare allaChiesa e alla comunità internazionale, dal Brasile
R. – Un messaggio che vorrei lanciare alla Chiesa è un po’ a tutta la comunità internazionale è quello di fare attenzione ai paesi più poveri, che magari non hanno tutte possibilità e i mezzi che hanno i Paesi europei o del Nord America. Il Brasile ha molte sacche di povertà. È difficile dire alla gente anche di stare in casa perché tantissimi lavorano per strada. Se non vendono per strada, se non lavorano per strada, muoiono veramente di fame. Quindi c’è bisogno di un’attenzione particolare anche da parte della comunità internazionale anche a livello umanitario perché qui in Brasile, ma penso anche in tante altre parti del mondo, la povertà è grande e questa epidemia certamente l’ha resa ancora più grave. Quindi speriamo nel buon Dio che presto questo momento passi e che possiamo tutti tornare ad una normalità, forse più coscienti e in grado di saper ringraziare per le cose che abbiamo, perché tante volte non ci siamo resi conto di tante cose belle che abbiamo, a partire dalla vita, dalla salute, dalle nostre attività, alla nostra missione. Adesso vediamo che ci mancano, ci mancano tanto. Quindi l’augurio è a tutti noi, perché presto il buon Dio faccia tornare la serenità qui in Brasile e in tutto il mondo.