Michele Raviart – Città del Vaticano
Un livello di ambizione più alto e maggiori impegni concreti, pur nella consapevolezza che la lotta ai cambiamenti climatici durerà ancora anni. Sono queste le aspettative del “Movimento Laudato Si’, tra le molte associazioni presenti a Glasgow per la Cop26 sul clima. Quello che era noto come il Movimento cattolico per il clima con l’enciclica di Papa Francesco, che affronta in modo sistematico la crisi ambientale e sociale, ha trovato infatti un ulteriore slancio nella sua attività e coordina ora decine di realtà cattoliche in tutto il mondo.
Poche risorse impegnate per l’ambiente
“Da una parte ci aspettiamo che i diversi governi presentino nuovi piani di azione climatica più forti”, spiega a Vatican News Tomas Insua, direttore esecutivo del Movimento. “Sono piani di cinque anni, ma sappiamo che la maggioranza di questi finora sono ancora molto, molto, deboli”. È lo stesso allarme lanciato pochi giorni fa dall’Agenzia per l’ambiente dell’Onu: sono poche le risorse impegnate dagli Stati nella lotta alle emissioni e al contenimento dell’aumento della temperatura globale.
Stop alle infrastrutture per i combustibili fossili
Con un livello dei gas serra senza precedenti, appena rallentato dalla pandemia e subito risalito, le richieste del Movimento sono precise: “Per quanto riguarda la questione energetica”, spiega ancora Insua, “abbiamo bisogno che tutti i governi si impegnino a fermare tutte le nuove infrastrutture per l’estrazione di combustibili fossili, tutte. Alcuni hanno già cominciato a farlo, ma sono ancora pochi”. Un altro esempio, poi, sono i sussidi per le aziende di combustibili fossili. Dobbiamo “buttarli via”, ribadisce il direttore esecutivo del Movimento, ma “ovviamente questo si deve fare bene. Non è facile, ma si deve fare e indirizzare tutto questo verso energie pulite, energie rinnovabili”.
Solidarietà verso i Paesi più poveri
Come ha ricordato Papa Francesco nella Laudato Si’, la crisi ambientale è anche una crisi sociale e sono i poveri quelli ad essere più colpiti. Un’altra richiesta importante, infatti, è che i Paesi ricchi mantengano “le promesse degli impegni finanziari presi nel 2009 di trasferire annualmente 100 miliardi di dollari per i Paesi più poveri per aiutarli nella transizione ecologica”. Una cifra dalla quale, ribadisce Insua, “siamo molto molto lontani”.
Le encicliche di Francesco come guida
In questo senso il magistero di Papa Francesco e la Dottrina sociale della Chiesa possono essere una bussola per capire cosa dovrebbe essere fatto. “La Laudato si’ in particolare, ovviamente con il complemento della Fratelli Tutti”, spiega ancora Insua, “hanno tutti gli ingredienti per risolvere questa crisi”. Abbiamo bisogno di scegliere quell’ “opzione preferenziale per i poveri”, perché “uno dei grandi problemi di questi vertici dell’Onu è che i Paesi ricchi non riparano quelle ingiustizie che hanno fatto e continuano a fare verso i Paesi più poveri. E questa è giustizia non è carità. I Paesi ricchi hanno, come dice Francesco nell’enciclica, un debito ecologico con i Paesi poveri. È un esempio di un principio molto semplice, ma fondamentale che è dimenticato in questi Vertici. Dobbiamo ricordare che questa è la Cop 26, significa che ce ne sono state 25 prima e ancora non riusciamo a risolvere questa crisi”.
“Pianeta sano, persone sane”
Nei giorni scorsi, rappresentanti del Movimento Laudato Si’ e di 86 ong associate, che operano in Italia, hanno sottoposto ai parlamentari italiani la petizione “Pianeta sano, persone sane”, proprio per sensibilizzare le istituzioni in vista della Conferenza sul clima. L’iniziativa si è svolta anche a livello mondiale, coinvolgendo più di 400 realtà cattoliche, che, sottolinea il direttore esecutivo del Movimento, “hanno lavorato tutte insieme per lanciare questo appello sia alla Cop26, come anche alla Cop15 sulla biodiversità del prossimo aprile, della quale non parla quasi nessuno, purtroppo”. “Questa petizione è un appello ai governi di limitare l’aumento della temperatura a 1,5 gradi – spiega – , che è l’obiettivo degli accordi di Parigi. E’ una lotta a lungo termine, saranno tantissimi anni di lavoro davanti a noi”.