Al 48mo convegno nazionale delle Comunità di Vita Cristiana, in corso a Palermo fino al 28 aprile, ci si confronta su “Confini e frontiere, cicatrici dell’umanità”. Bisogna superare gli individualismi che hanno fratturato le società, spiega il docente della Cattolica, tra i relatori, serve un cambio di rotta nelle politiche perché è a rischio la convivenza civile. “La realtà non può essere messa sotto controllo, né da un tiranno, né dalla tecnologia”
Antonella Palermo – Città del Vaticano
Nella consapevolezza di quanto oggi sia difficile essere credibili testimoni di speranza davanti a guerre, malattie, povertà, discriminazioni, le Comunità di Vita Cristiana (realtà associativa ecclesiale presente in 62 Paesi, con 42 comunità in Italia, che riunisce adulti e giovani di ogni condizione, basata su un forte legame con la spiritualità ignaziana) vivono a Palermo, dal 25 al 28 aprile, il 48mo convegno nazionale sul tema “Come in cielo così in terra. Confini e frontiere, cicatrici dell’umanità“.
In un mondo fratturato, curare le relazioni
“Le nostre sono società che hanno immaginato per alcuni decenni che la crescita economica potesse integrare il mondo, invece scopriamo che la crescita, quando non è accompagnata da interventi di ricomposizione produce tutta una serie di fratture che diventano sempre più dei fossati nelle società e tra le società”: è quanto osserva il sociologo Mauro Magatti, docente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, a Milano, tra gli ospiti del convegno. Autore, insieme a Chiara Giaccardi, del libro Generare libertà. Accrescere la vita senza distruggere il mondo, (Il Mulino, 2024), Magatti evidenzia alcune delle fratture che si possono registrare nelle società contemporanee occidentali: da quella che riguarda il mondo dell’istruzione (divari di accesso) a quella legata ai territori (alcuni privi di infrastrutture perché periferici); da una frattura legata al capitale relazionale in virtù del quale si possono creare dei mondi separati a quella che mette a parte il femminile o che slega le generazioni, per finire poi al confine che vuole generare muri tra razze o religioni. Da qui nascono tanti conflitti in vari ambiti, spiega il sociologo.
Tentare di ricomporle significa addentrarsi su un piano culturale, antropologico. “Andare al di là dell’idea individualistica che si combina con la fede radicale nel potere della tecnica e dell’economia. È il punto fondamentale”, sottolinea Magatti, precisando che “noi viviamo in una specie di ritardo cognitivo. Sappiamo dalle neuroscienze che la vita è relazione e invece continuiamo a pensarci come monadi. Da qui deriva l’implicazione politica: bisogna prendersi cura della singola persona e degli ecosistemi in cui si vive (famiglia, territori, organizzazioni, servizi…). C’è bisogno di una svolta culturale – quella lanciata da Papa Francesco nella Laudato si’ e nella Fratelli tutti – da cui derivi anche un cambio di rotta nelle politiche perché, in un mondo avanzato, se non ci sono delle attenzioni a ricostruire questi ecosistemi, la vita si degrada e produce dei problemi”.
La politica custodisca la memoria e il fondamento della vita comune
Magatti sostiene che in una società che in chiave securitaria sogna il “rischio zero”, è tempo di educarsi a prendersi dei rischi. “La domanda di rischio zero è regressiva e, non avendo risposte più evolute, si rivolge a soluzioni che non sono plausibili. Invece, riconoscere questa dimensione eminentemente relazionale della vita significa riconoscere che non tutto può essere messo in sicurezza, non tutto può essere ridotto a numero, a calcolo, che la realtà non può essere messa sotto controllo, né da un tiranno né dalla tecnologia, e che la vita la si fa correndo appunto il rischio di costruire mondi dotati di senso per sé e per gli altri”.
La società fratturata è uno degli effetti degli ultimi decenni con l’individualismo spinto anche per causa dei social, lamenta Magatti che sottolinea: “Abbiamo liberalizzato il senso (ognuno può dire ciò che vuole e in qualunque maniera) massacrando anche l’idea stessa che invece abbiamo una storia da cui veniamo”. E, all’indomani della Festa della Liberazione, condivide il fatto che “siamo tutti un po’ scioccati dalla fatica che facciamo in questo Paese a consolidare una memoria che ci unisca. Se non ci unisce la memoria, è difficile che unisca il futuro. E questo è un fatto allarmante. Dobbiamo stare molto attenti – rimarca – che quelle fratture sociali non diventino terreno di indebolimento della convivenza civile, come il presidente Mattarella ha anche ricordato. Abbiamo un termometro che ci dice che la febbre sta crescendo, le difficoltà sociali ed economiche si trasformano in incapacità del mondo politico di trovare ciò che accomuna e quello che invece ricordiamo in questi giorni è che ci sono alcuni valori fondanti, la vita comune, che devono essere salvaguardati e devono costituire il patrimonio su cui costruire l’avvenire”.
Come riparare le cicatrici dell’umanità
Il gesuita padre Vittorio Soana, al convegno CVX interpreterà alcune cicatrici dell’umanità “che nascono sempre da conflitti (personali, di violenze, omicidi, guerre)” con gli strumenti della psicologia, essendo egli psicoterapeuta. I conflitti, spiega, hanno sempre alla base un bisogno di potere e di sottomissione dell’altro. Ritornare, riparare, ricostituire sono i tre cardini per superarne i traumi: “Bisogna andare in spirito e verità al cuore del nostro vissuto e risalire all’origine e all’integrità personale. Così possiamo riparare una lacerazione”. Ricorda che al tempo di Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù, non c’era ancora la psicologia come disciplina ma che lui la sviluppò nello strumento del discernimento. “Di fatto, una riparazione è proprio discernere, andando nel profondo. Non basta il pentimento per riparare, o un semplice ricordo”. Soana evidenzia anche che c’è ancora un certo ‘deficit’ a usare la psicologia nella formazione: “C’è ancora un po’ un credere che se si fanno discorsi spirituali tutto si sanerà: è un’illusione. Abbiamo da recuperare la relazione: il narcisista parla di sé, non accetta nessun confronto, lo rifiuta. È molto abile nella comunicazione, nella vendita delle cose, nella propaganda da cui oggi siamo sommersi. Non c’è ascolto dell’altro per poter dialogare. Invece è sulla relazione che oggi costruiamo una umanità integrata nel mondo”. Le Comunità di Vita Cristiana, integrando fede e vita, intendono accogliere questa sfida.
Il programma del convegno
Saranno padre Antonio Spadaro S.I., sottosegretario del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, e Giuliana Martirani, docente di Geografia dello Sviluppo e membro dell’International Peace Research Association e di Pax Christi, ad aprire i lavori venerdì 26, a cui seguirà la Messa con monsignor Corrado Lorefice, arcivescovo di Palermo. Di “Cicatrici urbane e sociali” discuteranno l’urbanista Carlo Cellamare (La Sapienza, di una delle CVX romane) e il sociologo Mauro Magatti (Università Cattolica del Sacro Cuore). Seguirà un dialogo tra Andrea Serra, del Comitato Esecutivo nazionale del CVX, e fra’ Mauro Billetta, parroco di Danissini (Palermo) che molto si sta adoperando per riqualificare il quartiere in cui vive. Sabato 27 sarà dedicato a un pellegrinaggio al monumento che ricorda la Strage di Capaci e a un confronto sul tema “Graffi, cicatrici e rigenerazione” con padre Vittorio Soana S.I., psicologo e psicoterapeuta e Milly De Micheli, psicologa e analista transazionale. Relatore della giornata conclusiva l’economista Leonardo Becchetti (Tor Vergata, Roma), una vita spesa nell’ambito delle CVX, con un intervento su “Politica, società civile e le sfide dell’Europa: il progetto Piano B”, cui seguirà l’Assemblea Generale e il Consiglio Nazionale con Berardino Guarino (direttore dell’Economato della Provincia Euro-Mediterranea della Compagnia di Gesù). Il suo sarà un contributo su “Gli strumenti al fine: l’uso dei beni della Compagnia di Gesù”.