“Conosci la sua storia?”, una campagna a favore della filiera etica in agricoltura

Vatican News

Adriana Masotti – Città del Vaticano

Verrà presentata questo pomeriggio, alle 16, presso il ristorante “Carnal” a Roma, ma si potrà seguire anche in diretta dalla pagina facebook di Caritas italiana, la Campagna che intende sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema dello sfruttamento lavorativo in agricoltura, sulla condizione di vita e di lavoro, dunque, di quanti, spesso immigrati stagionali, il prodotto della terra lo portano, in un certo senso, sulla nostra tavola. “Conosci la sua storia?” nasce nell’ambito del progetto Presidio dell’organismo ecclesiale che dal 2014 cerca di costruire azioni che tutelino i lavoratori e le lavoratrici in evidente stato di bisogno. Tutti ricordiamo, per esempio, la morte a fine giugno, di un lavoratore africano nella provincia di Brindisi, ucciso dal caldo e dalla fatica del lavoro nei campi.

L’adesione alla Campagna di quattro famosi chef 

Alla Campagna hanno aderito gratuitamente alcuni chef tra i più noti in Italia, attraverso la realizzazione di video ricette in cui si utilizzano prodotti della terra, tipici delle Regioni in cui operano alcuni dei Presidi di Caritas Italiana: Piemonte, Lazio, Campania, Puglia, Calabria, Sicilia. Sono Cristina Bowerman, Roy Caceres, Ciccio Sultano e Andrea Incerti Vezzani, tutti impegnati, a vario titolo, in attività di sensibilizzazione a favore delle persone più vulnerabili. I video saranno disponibili sul sito www.caritas.it e sul portale www.inmigration.caritas.it. Per questi chef la Campagna costituisce un’occasione per promuovere il valore del cibo e il rispetto di chi lo produce, così il cibo acquista un nuovo significato: non solo alimento, ma relazione, cultura e impegno. Come sostiene, infatti, don Francesco Soddu, direttore di Caritas Italiana: “è necessario favorire una cultura del rispetto del cibo e del lavoro. Solo in questo modo si potrà garantire la costruzione di un sistema diffuso di legalità e giustizia”.

Dietro al cibo le persone 

Attraverso la Campagna di Caritas Italiana, si legge in un comunicato, “si vogliono portare all’attenzione la storia e i racconti dei territori dove si producono le materie prime, la passione dei tanti produttori e dei lavoratori, la valorizzazione del lavoro agricolo e della fatica che comporta, ma anche le degenerazioni della filiera agroalimentare, causate dalle logiche del mercato e del ‘consumismo senza etica e senza senso sociale e ambientale’ di cui parla Papa Francesco nell’enciclica Laudato Si’, in cui a pagarne le conseguenze sono sempre più spesso i lavoratori e i piccoli produttori.” Ai nostri microfoni Oliviero Forti, responsabile Politiche migratorie e protezione internazionale di Caritas italiana:

Oliviero Forti, questo pomeriggio la presentazione della Campagna che parla di cibo, ma vuol richiamare l’attenzione su chi c’è dietro ad esso: non è un progetto che viene fuori dal nulla…

Infatti, la Campagna nasce all’interno di un percorso iniziato diversi anni fa da Caritas italiana che, con il progetto Presidio, ha focalizzato l’attenzione sui bisogni di tanti stranieri in agricoltura che purtroppo spesso sono in una situazione di grave disagio dettata in particolare dallo sfruttamento e dal caporalato. Però, dopo tanti anni di sensibilizzazione rispetto al fenomeno, abbiamo pensato, proprio poco prima della pandemia, di provare a cambiare la narrazione, quindi di non partire dal beneficiario dei nostri servizi, ma dal prodotto che arriva sulle nostre tavole, frutto di questo lavoro spesso sfruttato. E allora abbiamo chiesto ad alcuni chef italiani importanti di mettersi in gioco attraverso una ricetta che viene presentata con dei bei video per provare a riflettere sul tema del cibo, su come esso arriva sulle nostre tavole, su cosa c’è dietro.

Come pensate di diffondere questi video in modo da raggiungere più persone possibile?

Noi abbiamo pensato ad una campagna di comunicazione che utilizza sostanzialmente due canali, quello dei Social, come si usa fare oggi, per cui questi video sono ridotti ad un tempo molto breve che è quello solitamente utilizzato dai social media, mentre in versioni un po’ più lunghe, ma sempre sui 3-4 minuti, potranno essere utilizzati in occasione di manifestazioni pubbliche o anche passare nelle TV nazionali e locali. Non scordiamoci che la Caritas italiana può contare su 220 Caritas diocesane, diverse delle quali sono coinvolte e si renderanno parte attiva nel processo di sensibilizzazione territoriale.

Come ha detto lei, questa Campagna arriva dopo tanto impegno da parte della Caritas italiana, soprattutto nelle Regioni dove lo sfruttamento del lavoro è più spinoso. Qual è la realtà oggi di questo problema in Italia?

A me piace partire dalla situazione che abbiamo vissuto durante la pandemia, il periodo peggiore, quando siamo stati tutti chiusi in casa, eppure in quel tempo abbiamo visto che non sono mai venuti meno i prodotti della terra, per cui al supermercato abbiamo sempre trovato prodotti freschi e quelli non venivano fuori dal nulla, ma erano il frutto di un lavoro che veniva svolto da tanti agricoltori che in molti casi si avvalgono di lavoratori stranieri. Questo per dire che è una filiera fondamentale, sulla quale bisogna tenere sempre accesi i riflettori, perché le distorsioni che riscontriamo sono ancora molte: non solo il grave sfruttamento, quello che vede le persone non solo mal pagate, ma a volte nemmeno pagate o il cui salario è assolutamente inadeguato, ma altre che vivono in condizioni di disagio abitativo profondo, persone che hanno difficoltà ad accedere al servizio sanitario e, in tempi di pandemia, questo è stato un problema a cui abbiamo cercato di rispondere. Quindi, i problemi storici si sono aggravati con la pandemia, ma, nonostante questo, ripeto, non è venuta mai a mancare questa forza-lavoro che ha permesso a tutti noi di poter avere i prodotti sempre freschi sulle nostre tavole.

Come mai, secondo lei, si fa tanta fatica a ricordare che dietro appunto al cibo ci sono questi uomini e donne e quando si parla di immigrati spesso si dice ancora che ci rubano il lavoro? Perchè questi pregiudizi sono così difficili da cancellare?

Io direi che negli ultimi decenni forse il rapporto con il cibo si è andato per certi versi spersonalizzando: il fatto di poter trovare nei grandi supermercati sempre prodotti disponibili e alla portata di tutti in ogni stagione, ha allontanato il consumatore dalla filiera agricola e quindi, se un tempo compravamo il prodotto direttamente dall’agricoltore, oggi quella figura per noi è più distante, a volte quasi anacronistica, eppure ancora c’è, è presente, anzi è quella che ci garantisce sempre questi prodotti. Evidentemente questo fatto non ci porta a fare quello sforzo che noi chiediamo invece di fare, cioè di collegare il prodotto della terra, il cibo, al lavoro che c’è dietro. E’ chiaro poi che se a questo uniamo, purtroppo, il fatto di approcciarsi al tema dei migranti come a un tema strategico sul quale chiaramente bisogna avere la consapevolezza che tutto ciò che si riferisce alla produzione agricola è possibile perché ci sono questi lavoratori, allora la strada da fare è ancora lunga e non a caso abbiamo deciso di fare una Campagna per continuare un percorso di sensibilizzazione che è innanzitutto di consapevolezza.

Vorrei chiederle ancora qualcosa sull’impegno della Caritas sui territori, a fianco dei lavoratori…

Noi siamo presenti in decine di realtà territoriali a cominciare dalla Calabria come a Rosarno, in Puglia, in Sicilia, ma anche in molte parte del nord Italia che sono meno note, ma che soffrono gli stessi problemi. La  nostra è chiaramente una vicinanza che si sostanzia nella fornitura di servizi ai beneficiari, di accompagnamento legale, di accompagnamento sanitario, nella risoluzione di problemi anche quotidiani, in alcuni contesti anche di denuncia rispetto la loro situazione. E’ un lavoro cresciuto negli anni, iniziato, come dicevo prima, con il progetto Presidio che sta continuando ora, anche insieme ad altre organizzazioni, con un progetto denominato SIPLA, un sistema di protezione dei lavoratori in agricoltura che ormai ci vede in molti territori dal nord ad sud d’Italia. Quindi l’intuizione iniziale ha preso corpo e oggi si parla di sistema integrato per proteggere i lavoratori che appaiono più vulnerabili di altri.