Gabriella Ceraso – Città del Vaticano
Crisi interconnesse, ma anche il contagio della solidarietà: sono due degli aspetti della pandemia che compie oggi due anni, dalle prime dichiarazioni da parte della Cina, luogo di provenienza del virus, all’Organizzazione mondiale della sanità e al resto del mondo. Uno scenario che ha sfidato ogni ambito incluso quello ecclesiale rendendo evidente la necessità di una “conversione”, libera da ogni forma di auto referenzialità. Alessio Pecorario da coordinatore della Task Force sicurezza della Commissione vaticana Covid -19 del Dicastero per il Servizio allo Sviluppo umano integrale, spiega anche il lavoro di questo organismo voluto dal Papa nel 2020, dove si fa esperienza di “cammino sinodale tra Chiesa e società fra religioni, scienza e politica”, un esempio di accoglimento di quello che è il maggiore insegnamento della crisi sanitaria, cioè che nessuno si salva da solo:
Ad oggi, 31 dicembre, sono trascorsi due anni dalla segnalazione di Wuhan all’Oms di casi di polmonite atipica, successivamente denominata Covid-19: un nuovo nemico, una sfida, un pericolo globale non previsto. Come è cambiato, dal vostro punto di vista, il mondo in questi due anni? Il Papa ci ha detto più volte che non possiamo uscire uguali da questa crisi e allora, siamo peggiorati o migliorati?
Valutare se, complessivamente, il mondo risulti migliorato o peggiorato rispetto all’inizio della pandemia da Covid-19 non è evidentemente possibile, ma possiamo senz’altro ricordare la lettura che Papa Francesco ha fatto sin dall’inizio di questo tremendo momento di prova per l’umanità, e soffermarci su alcuni elementi specifici. Riguardo il primo profilo, la sfida era ed è epocale: parliamo di crisi sanitarie e sociopolitiche interconnesse ed inedite che hanno attecchito un pezzo alla volta ogni settore dell’economia ed ogni Stato della comunità internazionale, in una sorta di “globalizzazione al rovescio” o forse in una “globalizzazione all’estremo” in cui magari facevamo finta di non leggere quelle stesse dinamiche che adesso ci paiono impazzite, ma che più realisticamente stavano solo accelerando le contraddizioni in cui eravamo immersi. Andando invece sul concreto tra elementi di positività e di cosiddetta negatività, potremmo dire per esempio che nel suo complesso il binomio pace-sviluppo sia peggiorato e certi accostamenti statistici ci danno il senso di questo cortocircuito. Se noi mettiamo in correlazione per esempio i dati dell’Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace di Stoccolma – Sipri – che ci dice che nel 2020 la spesa militare mondiale ha raggiunto i 1.981 miliardi di dollari, l’aumento più consistente dalla crisi finanziaria ed economica del 2008 -2009 l’altro momento di impazzimento della globalizzazione, e se lo accostiamo all’ anno orribile dell’economia, il 2020, quando abbiamo assistito secondo il Fondo Monetario Internazionale alla diminuzione del prodotto interno lordo mondiale di quasi il 5%, ci rendiamo conto di queste contraddizioni. Elementi positivi, per concludere. Abbiamo visto una esplosione della solidarietà, quindi possiamo guardare alla “contagiosità” della solidarietà, che spesso è stata più virale del Covid! Pensiamo alle organizzazioni non-profit nel settore sanitario che hanno accostato quelle pubbliche facendosi carico dei pazienti affetti da patologie non-Covid, che non avevano accesso alle cure, o alle imprese del settore alimentare che hanno offerto sconti, “buoni spesa” o altre forme di donazione del cibo, o a tutte le imprese dei più disparati comparti dell’economia che hanno optato per la sospensione della distribuzione degli utili dell’esercizio 2019 per andare incontro alle esigenze di lavoratori e bisognosi. In conclusione ovviamente non voglio cadere nella semplificazione di una “politica cattiva” e di una “società civile” buona, la nostra esperienza ci insegna anzi che proprio dalla cooperazione degli attori che hanno voce in capitolo nella solidarietà nasce il bene comune, e proprio la Commissione Vaticana per il Covid-19 è stata concepita dal Santo Padre come un momento di connessione fra bisogni locali e la governance mondiale su di un piano per così dire verticale e su quello orizzontale fra la migliore scienza e la migliore teologia, per uscirne meglio, e per uscirne insieme, in un cammino di amicizia sociale.
Anche la Chiesa in questi due anni di pandemia si è trovata di fronte grandi sfide e grandi problemi: dall’assistenza alle modalità della liturgia, alla cura dei religiosi, alla morte di tanti di loro. Quale la lezione tratta?
Noi pensiamo che occorra accendere una riflessione sui nuovi modelli di evangelizzazione e di comunicazione del Vangelo. La pandemia ha evidenziato la necessità della “conversione ecclesiale” voluta da Papa Francesco, perchè emerge con forza la necessità di vivere il mandato di una “Chiesa in uscita”, di incarnare uno stile di cura che ha come singolare prerogativa il tratto “materno” delle comunità cristiane. Dobbiamo quindi continuare a mettere in atto azioni ecclesiali che portino a maturazione quella comunione dinamica che dà forma a una Chiesa sinodale, evitando ogni autoreferenzialità ecclesiale. Ed è nostro dovere costruire un percorso che si incarni e prenda forma nei territori e nelle parrocchie. Penso in questo senso, alla serie di catechesi per la pandemia ed intitolate “guarire il mondo” in cui il Santo Padre ci invita a riscoprire le virtù teologali della fede, della speranza e della carità che, nella tradizione cristiana, sono molto più che sentimenti o atteggiamenti. Sono virtù infuse dalla grazia dello Spirito Santo e doni che ci guariscono e che ci rendono anche guaritori. Per cui la Chiesa, benché amministri la grazia risanante di Cristo mediante i Sacramenti, e benché provveda a servizi sanitari negli angoli più remoti del pianeta, non è di per sè esperta nella prevenzione o nella cura della pandemia. E nemmeno dà indicazioni sociopolitiche specifiche, questo è compito dei dirigenti politici e sociali, tuttavia, nel corso dei secoli, e alla luce del Vangelo, la Chiesa ha sviluppato quei principi cardine che sono alla base della Dottrina Sociale, il principio della dignità della persona, il principio del bene comune, dell’opzione preferenziale per i poveri, della destinazione universale dei beni, della cura per la nostra casa comune. Questi principi aiutano i dirigenti e i responsabili della società a portare avanti la crescita e lo sviluppo umano integrale, ma aiutano anche la Chiesa ad uscire per raggiungere i contesti in cui c’è più bisogno di lei.
“Peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla” ha detto il Papa più volte parlando della pandemia. Anche per questo è nata la Commissione Covid vaticana: dovendo fare un bilancio cosa possiamo dire? Quali problemi restano oggi, quali sollecitazioni sono ancora da fare alla società, alla comunità scientifica e ai governi?
Penso che sia opportuno partire dal tema sanitario e, da questo punto di vista, potremmo dire che se la famiglia umana si è trovata di fronte a nuove manifestazioni di disuguaglianze di vecchia data, come dicevamo, certamente l’accesso ineguale ai vaccini Covid-19 rimane il tema principale e quindi la priorità. Da questo punto di vista occorre continuare ad insistere per un accesso equo e universale ai vaccini e combattere quello che il Papa chiama “nazionalismo dei vaccini”, per cui Stati e imprese, invece di cooperare competono in modo spesso deteriore. In tal senso ciò che ha fatto la Commissione vaticana è stato innanzitutto sviluppare il pensiero del Papa attraverso una Nota congiunta con la Pontificia Accademia per la Vita denominata “Vaccino per tutti” e poi ha agito, più politicamente diciamo, convocando ad esempio il corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede per discutere e mitigare gli effetti della competizione deteriore e sviluppare un clima di distensione. Altro tema, ovviamente in ambito vaccinale, è quello della disinformazione e dell’esitazione vaccinale. Per questo appoggiamo iniziative come le “suore ambasciatrici” per i programmi vaccinali, perchè sappiamo che le suore a livello di comunità locali sono persone di fiducia che possono aiutare. Altro fattore ancora, rimane quello della recessione economica e di una povertà multidimensionale. E’ spaventoso in tal senso, il dato 2020 sull’insicurezza alimentare che sfiora, secondo la Fao, gli 800 milioni di persone malnutrite. Per cui dobbiamo continuare a lavorare come finora abbiamo fatto, verso sistemi alimentari sostenibili e elevare le voci degli esclusi per ispirare un appello alla “giustizia alimentare”. C’è poi il tema macroscopico del lavoro per tutti, sempre in ambito economico. Abbiamo un aumento dai 5.3 ai 24.7 milioni di disoccupati che si aggiungono ai 188 milioni del 2019 e qui la sfida è creare posti di lavoro dignitosi, sostenibili e resilienti. Ma, in chiusura, penso sia importante sempre ricordare che questo va fatto nell’ottica di una ecologia integrale: per cui, prendersi cura dei fratelli significa prendersi cura della casa che condividiamo. E ultimo quindi ma non meno importante in questo senso, è il tema della pace e della sicurezza, perchè è chiaro che la sicurezza non coincide con la sicurezza di una nazione o di un gruppo di nazioni, ma riguarda ogni essere umano e ogni dimensione dell’umano. E la Commissione Vaticana per il Covid-19, non si stanca di collaborare con i Pontifici Consigli per il Dialogo Interreligioso, l’Unità dei Cristiani, e per la Cultura per continuare a diffondere la consapevolezza e il contrasto alla diffusione della armi, di quelle di distruzione di massa, nonché i mezzi e metodi di combattimento emergenti.
Quale è la direzione del 2022 per la Commissione Covid, la vostra chiave di lettura per il mondo post crisi? A cosa o a chi guardare insomma per trovare speranza?
Mi sento di dire che la riflessione più bella l’ha fatta il Papa nel suo libro molto intimo “Ritorniamo a sognare”. Papa Francesco ci dice che le persone che si trovano ai margini della società devono diventare i protagonisti dei cambiamenti sociali. E in queste persone direi che possiamo indicare la speranza: chi è ai margini sono i poveri di ogni natura, i migranti e soprattutto i giovani che sono i nuovi poveri di oggi e di domani. Da questo punto di vista mi viene in mente il messaggio forte che il Papa ha indirizzato nel febbraio 2017, al Movimento dei Focolari, in cui diceva che “il capitalismo continua a produrre gli scarti che poi vorrebbe curare”, li nasconde quasi. E faceva l’esempio degli “aerei che inquinano l’atmosfera, ma con una piccola parte dei soldi del biglietto pianteranno alberi, per compensare parte del danno creato” oppure delle “società dell’azzardo che finanziano campagne per curare i giocatori patologici che esse creano”. E il Papa diceva che “il giorno in cui le imprese di armi finanzieranno ospedali per curare i bambini mutilati dalle loro bombe, il sistema avrà raggiunto il suo culmine”. Quindi dove cercare speranza? Direi negli esclusi che devono diventare protagonisti di una “economia di comunione” in cui chiaramente la condivisione universale dei beni diventi la norma per preparare un futuro diverso. In tal senso riteniamo che l’esperienza della Commissione Covid sia già un esperienza di cambiamento, di cammino sinodale fra Chiesa e società, fra religioni, scienza e politica, e un piccolo esempio di accoglimento di quello che è il maggiore insegnamento della pandemia diffuso cioè che, nessuno si salva da solo!