Comece: allargare la Ue ad altri Paesi, un” forte messaggio di speranza”

Vatican News

I vescovi delegati dalle conferenze episcopali dell’Unione Europea, riuniti in Polonia per la plenaria di primavera, hanno rilasciato una dichiarazione che guarda all’ampliamento dei confini comunitari ad altri Paesi: una necessità che può portare pace e giustizia, ma va sviluppato “un vero spirito europeo”

Alessandro De Carolis – Città del Vaticano

In principio fu l’intuizione dei padri fondatori, una comunità unita attorno ai grandi valori e dunque capace di “garantire la pace, la libertà, la democrazia, lo stato di diritto, il rispetto dei diritti umani e la prosperità”. Poi, nata l’Unione Europea, esattamente vent’anni fa fu il momento di passare a un’altra grandezza con l’ingresso di altri 10 Paesi membri. Adesso, dopo “una certa stanchezza da allargamento’”, la guerra scoppiata a est del continente ha “dato un nuovo slancio per le future adesioni all’Unione, soprattutto per quanto riguarda i paesi dei Balcani e nell’Est dell’Europa”. E questo, “oltre ad essere una necessità geopolitica per la stabilità del nostro continente”, diventa “un forte messaggio di speranza”, una riposta ai cittadini dei paesi candidati “al loro desiderio di vivere in pace e giustizia”.

“Una pietra miliare”

I vescovi europei della Comece, riuniti a Łomża, in Polonia, per l’assemblea plenaria di primavera, il 19 aprile scorso hanno voluto stilare una dichiarazione per riaffermare il punto di vista positivo nei riguardi dell’allargamento dei confini comunitari, ricordando che “la Chiesa cattolica ha accompagnato da vicino il processo di integrazione europea fin dai suoi inizi”. A 20 anni dal primo “storico allargamento dell’UE”, scrivono, quel passo fu una “pietra miliare nel processo di europeizzazione” dell’Unione, un passo in avanti verso “ciò che è chiamata ad essere”, ovvero “una forte testimonianza per i nostri tempi di come la cooperazione fraterna, nella ricerca della pace e radicata in valori condivisi, possa prevalere su conflitti e divisioni”.

Sviluppare il senso di appartenenza

Certo, osservano, accanto a una “solida integrazione politica ed economica” non è maturato altrettanto nelle società europee “un autentico dialogo” tra “realtà nazionali, culture, esperienze storiche e identità diverse”. E per i presuli della Comece “finché non sarà pienamente sviluppato un vero spirito europeo, che includa un senso di appartenenza alla stessa comunità e di responsabilità condivisa, la fiducia all’interno dell’Unione Europea potrebbe essere indebolita e la creazione dell’unità potrebbe essere compromessa da tentativi di mettere al di sopra del bene comune interessi particolari e visioni ristrette”.

Allargamento, processo a due direzioni

L’episcopato europeo ricorda peraltro che il processo di adesione all’Ue è “bidirezionale”. Richiede ai Paesi che vi aspirano di “perseguire le riforme strutturali” in settori “cruciali”, come lo stato di diritto, il rafforzamento delle istituzioni democratiche, i diritti fondamentali, compresa la libertà religiosa e la libertà dei media, la lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata, “evitando doppi standard nel trattamento dei paesi candidati”. E da parte dell’Ue l’allargamento va visto come “un’opportunità per attualizzare l’idea di un’Europa unita, radicata nella solidarietà pratica” soprattutto verso i “membri più vulnerabili delle società”, come fu negli ideali dei padri fondatori.

Nel cuore dei Papi

In definitiva, conclude la dichiarazione della Comece, resta viva quella visione di San Giovanni paolo II, di una Europa capace di “respirare con i suoi due polmoni. E che, aveva detto lo scorso anno Papa Francesco ai vescovi del continente sappia custodire “l’unità nella diversità” vivendo “i principi di sussidiarietà, di rispetto per le diverse tradizioni e culture” evitando la strada “dell’imposizione ideologica”.