Clima, Rapporto Onu: aumentano gas serra e temperature, il pianeta a rischio

Vatican News

Gabriella Ceraso – Città del Vaticano 

E’ il rapporto dei record, purtroppo negativi, quello reso noto oggi dall’Ipcc, il gruppo di scienziati esperti in cambiamento climatico dell’Onu e già approvato da 195 governi, che sarà completato nel 2022. Si tratta di previsioni sul clima, sull’innalzamento delle temperature, dei livelli del mare e sugli eventi estremi che aggiornano gli ultimi dati di sette anni fa e preparano la conferenza di novembre,COP 26 in Scozia. 

Nel 2019, le concentrazioni in atmosfera di Co2 sono state le più alte degli ultimi 2 milioni di anni e quelle dei principali gas serra – metano e biossido di azoto – le più elevate degli ultimi 800.000. Inoltre nell’ultimo mezzo secolo la temperatura della Terra – causata proprio da queste emissioni legate alle attività umane – è cresciuta a una velocità che non ha uguali guardando ai passati 2.000 anni e l’aumento medio del livello del mare a sua volta ha corso a una velocità mai vista negli ultimi 3000 anni. Al contrario al minimo storico da un millennio l’estensione dei ghiacci dell’Artico, fenomeni considerati irreversibili per centinaia o migliaia di anni. Sono questi solo alcuni dei dati che gli esperti Onu, mettono sul tavolo nero su bianco in vista dell’appuntamento cruciale, oggi più che mai, di novembre in Scozia.

“Cambiamenti climatici 2021 – Le basi fisico-scientifiche”, è il titolo del Rapporto reso noto oggi che in realtà rappresenta solo la prima di tre parti del Sesto Rapporto di Valutazione pronto per il prossimo anno appunto. Gli esperti rilevano che i cambiamenti riguardano ogni area della Terra e tutto il sistema climatico, ma tutto può cambiare in positivo se con un’azione globale complessiva limiteremo costantemente e in modo deciso le emissioni di Co2. La qualità dell’aria migliorerebbe – dicono – in pochi anni, anche se l’impatto sulla temperatura del pianeta, sarebbero visibili solo dopo molti decenni.Tagli immediati e azioni tempestive questo occorre quindi fare.

Nel dettaglio: negli ultimi anni l’aumento delle emissioni di origine antropica associate ai principali gas serra ha portato la temperatura globale media nel decennio 2011-2020 a 1.09 gradi centigradi superiore a quella del periodo 1850-1900. “Tutti i principali indicatori delle componenti del sistema climatico – scrivono gli autori – stanno cambiando ad una velocità mai osservata per secoli”. In relazione alla salute dei mari ciò significa che il livello continuera’ a salire inevitabilmente, tra 28 e 55 centimetri entro la fine del secolo rispetto agli attuali. A lunghissimo termine, si alzera’ tra i due e i tre metri nei prossimi 2000 anni se il riscaldamento globale restera’ a 1,5 gradi come proposto dall’accordo di Parigi, ma potrebbe superare i 20 metri con un innalzamento di 5 gradi.

Eventi estremi senza precedenti

Se la corsa sarà così inarrestabile, come sembra, l’impatto sul pianeta di eventi meteorologici estremi sarà senza precedenti secondo gli esperti. Parliamo di ondate di calore, siccita’, nubifragi o inondazioni di portata e frequenza, anche in contemporanea, eccezionali. Infatti i cambiamenti climatici hanno un diretto impatto sul ciclo dell’acqua che significa variazioni nei valori dell’umidità, nei venti, nella neve e nel ghiaccio, nelle aree costiere e negli oceani. Inoltre le variazioni del clima stanno influenzando gli andamenti delle precipitazioni: alle alte latitudini è probabile che le precipitazioni aumentino, mentre ci si attende che diminuiscano in gran parte delle regioni subtropicali. Sono attesi anche cambiamenti nelle precipitazioni monsoniche, con variazioni nelle diverse aree.

L’effetto pandemia, temporaneo ma significativo

Un segnale positivo, ma solo temporaneo, lo ha dato la pandemia, spiegano gli scienziati. Infatti ha permesso di condurre un esperimento altrimenti impensabile: la riduzione in tempi brevissimi delle emissioni di inquinanti atmosferici e gas serra dovuta ai lockdown estesi in tutto il mondo. Ma mentre la riduzione delle emissioni inquinanti ha portato a un seppur temporaneo miglioramento della qualità dell’aria a livello globale, la riduzione del 7% delle emissioni globali di CO2, una riduzione enorme mai sperimentata, non ha prodotto alcun effetto sulla concentrazione di anidride carbonica in atmosfera e, conseguentemente, nessun apprezzabile effetto sulla temperatura del pianeta. “Questo conferma – dicono gli autori del Rapporto – che per contrastare il riscaldamento del clima sono necessarie riduzioni della concentrazione di CO2 e altri gas serra di grossa entità e sostenute nel tempo fino a una totale decarbonizzazione”.

A Glasgow decisioni vitali

Dunque occhi puntati all’appuntamento di novembre in Scozia dove appunto una delle questioni centrali sara’ la capacita’ del mondo di limitare il riscaldamento globale a +1,5 C rispetto all’era preindustriale, obiettivo ideale dell’Accordo di Parigi, di dimezzare le emissioni di gas serra entro il 2030 e portarle a uno zero netto entro il 2050. Si tratta di un “avvertimento severo” sul fatto che “le attività umane stanno danneggiando il pianeta a ritmo allarmante”, commenta il primo ministro britannico Boris Johnson sollecitando i leader del mondo – in veste di presidente della conferenza internazionale sul clima CoP 26 in programma a Glasgow – a un piano di riduzione accelerato delle emissioni nocive. Il rapporto odierno è “una lettura che fa riflettere”, sottolinea, e “spero che rappresenti una sveglia al mondo intero ad agire”. “E’ chiaro che il prossimo decennio sarà decisivo per assicurare un futuro al nostro pianeta”, ammonisce ancora, rivendicando al Regno Unito di aver assunto “un ruolo guida” su questo dossier con l’avvio di un processo di “decarbonizzazione condotto a un passo più veloce di qualunque altro Paese del G20”. Un allarme analogo era stato già lanciato dal ministro Alok Sharma, designato dallo stesso governo britannico come presidente della CoP 26.