Chiesa Cattolica – Italiana

Cinema e serie tv, quali influenze sulla famiglia?

Debora Donnini e Federico Piana – Città del Vaticano

È a partire dal riconoscimento del potere creativo delle parole e delle immagini, e dunque delle narrazioni, sulla società, specie in un tempo come il nostro dove la pervasività dei media nella vita quotidiana è globale e totalizzante, che si colloca l’iniziativa del Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II per le scienze del matrimonio e della famiglia. “Cinema, letteratura e televisione. Come raccontano la famiglia, e come ne influenzano le dinamiche, cambiando il linguaggio e ridisegnando le relazioni” è il tema del percorso. A interrogarsi nei cinque incontri, dal 3 al 31 marzo tutti i mercoledì dalle 16.30 alle 18.00, aperti a tutti e  trasmessi in diretta streaming sul  sito internet e sui profili Facebook e You Tube dell’Istituto, i relatori Michele Cometa, ordinario di Storia della cultura e Cultura visuale dell’Università di Palermo, monsignor Dario Edoardo Viganò, vice Cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze e delle Scienze Sociali, già presidente dell’Ente dello spettacolo, Sergio Perugini, segretario della Commissione nazionale valutazione film della Conferenza Episcopale Italiana, Andrea Fabiano, vicepresidente Strategia e Trasformazione di Tim, Elisabetta Sola, amministratore delegato di VatiVision, Domenico Starnone, scrittore e sceneggiatore, e il regista Daniele Luchetti.

Il potere del racconto

“Chi oggi ha in mano la forza e le tecnologie per raccontare la famiglia, ha in mano un potere e una responsabilità enorme proprio perché da un lato attira l’attenzione su certe problematiche familiari e dall’altra parte deve rispondere e dare anche spunti di riflessione morale e cognitiva agli spettatori”, sottolinea nell’intervista Riccardo Prandini, ordinario di sociologia all’università di Bologna, che coordina il corso assieme al professor Gilfredo Marengo, vice preside dell’Istituto Giovanni Paolo II. Nell’intervista il professor Prandini segnala l’enorme responsabilità delle serie tv che nel mondo giovanile stanno prendendo sempre più il posto dei romanzi e che dunque concorrono a formare la loro visione del mondo. Bisogna, quindi, aiutare a compiere un lavoro di riflessione sui punti di forza e di debolezza sulle tematiche che stanno emergendo. “Oggi il vero potere a livello globale ce lo ha chi riesce a raccontare il mondo in un certo modo”, rimarca, ed è necessario saper offrire buoni prodotti in questo “mercato culturale” che vive la società di oggi.

“Narrare storie – mettono anche in evidenza i due curatori nel comunicato di presentazione – è una delle competenze fondamentali degli esseri umani. Attraverso le storie l’attenzione si rivolge a modelli esemplari di vita, alla comprensione di un presente che sfugge, fino alla proiezione di un futuro con cui si è chiamati a familiarizzare”. La narrazione, dunque, “aiuta l’osservatore a riflettere su aspetti della quotidianità così routinari o eccezionali che necessitano di una pausa, di un pensiero e di una presa di posizione personale. In altri termini: le narrazioni aiutano a elaborare la propria identità, stimolando una riflessione cognitiva e morale che aiuta a dare forma alla propria identificazione mettendosi nei panni dell’altro e immaginando cosa si sarebbe fatto al suo posto”.

Attraverso la storia del cinema il racconto della famiglia

Il potere dell’impatto sulla società dei media è quindi innegabile. Sul tema “La famiglia nel cinema: dal neorealismo alle serie televisive” interviene oggi monsignor Dario Edoardo Viganò che, nell’intervista, sottolinea come il cinema sia “uno sguardo profondamente rivelatore, cioè metta a punto un modo di osservare le cose”. Quindi, “attraversare la storia del cinema – spiega – ci permette di scorgere le modalità con cui la famiglia è stata raccontata, mostrando in genere gli elementi particolarmente problematici messi in luce dalle istanze sociali e storiche”. Monsignor Viganò inizia citando “Ladri di biciclette”. “Siamo nel Secondo Dopoguerra – rimarca – siamo in quella che la storia del cinema chiama la scuola del Neorealismo e lì abbiamo una famiglia particolare che viene raccontata: è una famiglia piegata dalla povertà, in cerca di riscatto. Questo film di Vittorio De Sica con Cesare Zavattini del ‘48 racconta lo struggente amore del figlio che salverà il padre dallo smarrimento, dal deragliamento. Questo film per tutti i critici è davvero il vertice della parabola espressiva delle opere del Dopoguerra”.  Sempre dello stesso periodo ricorda anche “Roma città aperta” nel quale, sottolinea, “c’è la famosa immagine di Pina – interpretata da Anna Magnani – che è quella madre che non si arrende alle ingiustizie. Si può anche ricordare, dall’altra parte dell’Oceano, sempre negli stessi anni, ‘La vita è meravigliosa’: un film che mostra la vita di un uomo quando il lavoro deraglia e subentrano pensieri negativi sul futuro”. Il cinema nel Secondo Dopoguerra racconta, poi, un’epoca di ottimismo e di trasformazioni. Il riferimento è a un film come “Il ferroviere” di Pietro Germi. “Siamo negli anni in cui avviene un cambiamento sociale, c’è un mercato del lavoro che prova a riprendere velocità e in questo film del ’56 si racconta la parabola drammatica di Andrea che è assalito dallo sconforto di fronte a una famiglia lacerata: vede i figli scontrarsi con i problemi e a un certo punto cade in un precipizio, in un vertice di solitudine. La notte di Natale, però, la famiglia si stringe attorno a lui”, ricorda monsignor Viganò. Un film, dunque, che si ricolloca “in quella scia del filone neorealista anche se è un neorealismo arricchito da una componente sentimentale”. Si arriva, poi, agli anni ’60, gli anni del boom economico e di forti trasformazioni culturali. “In quel periodo abbiamo il cinema che racconta il cambiamento. Ma anche gli affari familiari: la divisione, per esempio, tra il sottoproletariato pasoliniano – per il quale sembra che non ci possa essere un ascensore sociale – e il resto della società che procede spedita. Penso ad esempio a ‘Mamma Roma’. Penso anche al primo cinema di Olmi, ad esempio “Il posto” e “I fidanzati” agli inizi degli anni ’60”. Il cinema dunque attraverso le epoche racconta alcuni problemi o alcuni tratti della famiglia in modo anche differente, prosegue monsignor Viganò che segnala negli anni ‘90 alcuni elementi tipici di quel periodo: si tratta di “anni che sono all’insegna della velocità, della tecnologia, della scommessa sul domani, del salto verso il mondo globale, come per esempio troviamo ‘Stanno tutti bene’ di Tornatore”.

Apporto cristiano

Alcune pennellate, dunque, per dare qualche assaggio di un tema che abbraccia un arco temporale ampio e con una vasta gamma di problematiche e spunti di bellezza. Sull’apporto della cultura di matrice cristiana nella proposta cinematografica e televisiva sulla famiglia, monsignor Viganò evidenzia come i film, le serialità in genere, mettano in scena le innervature delle sfide sociali e culturali  che, per esigenze narrative, naturalmente vengono o enfatizzati o volutamente anche sbilanciati. “Detto questo – afferma – abbiamo però dei film che in qualche modo ci riportano anche al valore della famiglia, penso per esempio alle serialità televisive che tutti noi conosciamo. Anche l’esperienza di ‘Don Matteo’ che parla di un prete detective ma non nasconde il ritorno ad alcune grandi tematiche della famiglia oppure penso anche a ‘Una grande famiglia’ di Riccardo Milani o anche, a livello internazionale, alcune serialità come ‘This is us’, che è andata anche in onda su Tv2000.  Ci sono degli elementi molto positivi di forte coesione familiare”. “Poi è molto importante il punto di vista dello spettatore”, spiega perché quando si vede un film che racconta degli aspetti anche molto problematici, può diventare occasione di riflessione. L’auspicio, sottolinea, è che “gli sceneggiatori con una visione cristiana della vita siano sempre di più perché è proprio dalla scrittura che poi nasce un film”.

Un punto importante dunque per la Chiesa anche in vista dell’Anno “Famiglia Amoris laetitia” voluto da Papa Francesco con inizio il prossimo 19 marzo, a 5 anni dalla pubblicazione dell’Esortazione apostolica e che si concluderà il 26 giugno 2022 in occasione del X Incontro Mondiale delle Famiglie. Un’occasione per sottolineare anche come proprio in famiglia si impari la fraternità.

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