Antonella Palermo – Città del Vaticano
Elezioni generali nel Paese latinoamericano dove il 20 novemebre si vota per il presidente e il rinnovo del Parlamento. Dopo la rivolta sociale dell’ottobre 2019, le elezioni per la formazione dell’Assemblea costituente – incaricata di scrivere una nuova Costituzione che sostituirà fra un anno quella di Augusto Pinochet – e le primarie di luglio, il voto potrebbe ora porre le basi per importanti cambiamenti politici, economici e sociali. Il presidente e il prossimo Congresso si insedieranno a marzo 2022 con il ‘vecchio sistema’, mentre l’anno successivo le regole saranno quelle previste dalla nuova carta.
I candidati
Stando ai principali sondaggi, al ballottaggio andranno due candidati agli antipodi. Da un lato c’è Gabriel Boric, 35 anni, ex leader del movimento studentesco e fondatore di Revolución Democratica (RD), partito nato dalle proteste del 2016 e che ha preso il volo dopo le grandi mobilitazioni del 2019. RD fa parte della coalizione di sinistra Frente Amplio insieme al Partito Comunista e ad altre forze minori. Alle primarie dello scorso agosto ha sconfitto il comunista Daniel Jadue, prendendo le distanze dalla sinistra bolivariana, condannando il regime di Cuba e Nicaragua, e senza simpatie per il chavismo di Maduro. Contro di lui, l’ultra-conservatore Jose Antonio Kast. Ha una formazione tutta sua, il Partito Repubblicano. Ha portato avanti una campagna, molto attiva anche sui social, concentrata su: lotta alla criminalità, difesa della famiglia tradizionale, rifiuto della legalizzazione dell’aborto, meno Stato e più libero mercato. Forte la connotazione anti immigrazione. Tra gli altri candidati figurano: Sebastian Sichel (destra) Yasna Provoste (centrosinistra) e l’indipendente Franco Parisi.
Lettera aperta per una “sana convivenza sociale”
Oltre 100 personalità cilene hanno firmato una lettera aperta in cui rivolgono un appello alla popolazione a “rispetto, dialogo e pace” alla vigilia di elezioni generali. Nella lettera – pubblicata dal quotidiano El Mercurio – parlamentari, amministratori locali, leader sociali, sportivi, personaggi dello spettacolo e anche sacerdoti sostengono di aver firmato il documento “per dare un segnale chiaro che oggi più che mai dobbiamo prenderci cura della democrazia, e soprattutto dobbiamo prenderci cura del Cile”. Sottolineando le tensioni sociali e politiche degli ultimi due anni, i fautori dell’appello propongono “un nuovo patto di sana convivenza sociale”. L’impegno è ad “evitare ogni forma di violenza, sia nello spazio fisico che virtuale, e a promuovere così una cultura del dialogo e della pace in ciascuno dei nostri ambienti”.
I vescovi invitano al rispetto reciproco e alla responsabilità
I vescovi cileni già un mese fa esprimevano preoccupazione per il clima polarizzato e bellicoso che avrebbe caratterizzato la campagna presidenziale, generando quello che definiscono uno “scenario radicalizzato” con fratture “difficili da sanare”. Sottolineavano l’importanza dell’azione politica per costruire “scenari più stabili che ci permettano di affrontare veramente le attuali sfide sociali ed economiche”. Una sfida da raccogliere per il bene del paese, con un impegno che va “oltre i calcoli elettorali”. A una settimana dal voto – nel messaggio diffuso venerdì scorso, a conclusione della propria assemblea plenaria – affermano che c’è bisogno di tornare al rispetto reciproco, fermare la violenza e imparare a dialogare. Denunciano l’aumento di omicidi e altri atti criminali nel Paese, così come la piaga del traffico di droga che, insieme alla criminalità, inquinano le città. Urge superare tutti quegli atteggiamenti, parole e atti che generano tra noi discordie, inutili tensioni e odi”. E chiedono “un impegno chiaro e determinato contro la violenza come forma di azione politica”. I cattolici e le persone di buona volontà – insistono – sono chiamati a lavorare per la pace e a superare tutte le cause di iniquità: “Le ragioni della violenza sono spesso legate all’emarginazione sociale, alla mancanza di prospettive per il futuro, a una profonda iniquità nella distribuzione dei beni destinati a tutti, a istanze storiche non adeguatamente assunte”. Dai vescovi, infine, viene espressa grande preoccupazione per la situazione che stanno vivendo i migranti che arrivano alle frontiere: “È urgente che noi come società assumiamo una risposta che rispetti la loro dignità. La crisi migratoria ci interroga profondamente, così come le cause che la provocano”.