Marco Guerra – Città del Vaticano
Il governo militare del Ciad ha firmato lunedì un accordo in Qatar con 42 gruppi di opposizione per avviare un dialogo nazionale di pacificazione alla fine del mese.
Principale gruppo ribelle fuori dall’intesa
Secondo i termini dell’intesa a Doha, coloro che hanno firmato hanno concordato un cessate il fuoco prima dei colloqui previsti per il 20 agosto nella capitale ciadiana di N’Djamena. La giunta del Ciad ha anche accettato di “non intraprendere alcuna operazione militare o di polizia contro i gruppi firmatari” nei paesi vicini. Tuttavia, almeno cinque fazioni non hanno formato l’impegno, tra cui il Front for Change and Concord in Ciad, il principale gruppo ribelle del Paese. Il leader di questo gruppo, Mahamat Mahdi Ali, infatti, non ha partecipato ai negoziati in Qatar preferendo rimanere nel deserto libico, ma dopo la firma dell’accordo ha diffuso un comunicato nel quale sostiene che la ragione della sua assenza è “concomitante alla mancata presa in considerazione delle nostre richieste”, come la liberazione dei prigionieri. Resta la sua disponibilità – afferma – “per un dialogo ovunque e sempre”.
Il plauso della Comunità internazionale
Il raggiungimento di un accordo per l’avvio di un dialogo sul processo di pace e stabilizzazione del Ciad è stato in ogni caso salutato con grande favore dalla comunità internazionale. Il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres lo ha definito un “momento chiave per il popolo del Ciad”. Il presidente della Commissione dell’Unione Africana, il ciadiano Moussa Fali Mahamat, ha voluto sottolineare che il dialogo e le discussioni hanno trasceso le divisioni che “sono diventate anacronistiche”.
Verso le elezioni
Alla firma dell’intesa era presente anche il presidente del Consiglio militare di transizione del Ciad, Mahamat Idriss Deby. Il generale 38enne è figlio del defunto Idriss Deby Into, che ha guidato il Ciad per trent’anni ed è morto nell’aprile del 2021, appena rieletto per il sesto mandato, mentre guidava un’offensiva militare nel nord contro alcuni gruppi ribelli. Mahamat Idriss Deby, che ora è al timone, ha promesso elezioni libere e democratiche entro 18 mesi, dopo “un dialogo nazionale inclusivo” con l’opposizione politica, i numerosi gruppi ribelli, i sindacati e la società civile. L’intesa siglata con la mediazione del Quatar dovrebbe facilitare questo processo di pacificazione e preparare la strada per le elezioni in ottobre. In definitiva, l‘accordo dovrebbe spianare la strada al ritorno di un governo civile, anche se Deby sta pensando ad un rinvio del voto di 18 mesi. La Francia, l’Unione africana e l’Unione europea, invece, spingono affinché la scadenza prevista non venga toccata. Ad ogni modo l’Occidente intende mantenere buoni rapporti con il governo del Ciad, perché rappresenta un alleato strategico ed affidabile nella lotta contro il terrorismo nel Sahel.
La sfida della sicurezza
Il Ciad ha uno degli indici di sviluppo umano più bassi del mondo e la sua economia è quasi totalmente dipendente dal petrolio e i proventi che ne sono derivati sono stati, principalmente, investiti nella sicurezza e nella costruzione di un esercito tra i meglio organizzati di tutta la Regione. Da anni, infatti, il Paese deve affrontare sfide militari su tutti i suoi confini. Nella regione del Lago Ciad l’esercito combatte, dal 2015, con la fazione del gruppo nigeriano di Boko Haram affiliata allo Stato Islamico. Le forze armate del Ciad partecipano poi a una forza multinazionale mista anti-jihadista, sostenuta dall’Occidente e in particolare dalla Francia che ha truppe nel Sahel e che hanno la sede principale nella capitale del Ciad N’Djamena.
Casale (Africa): transizione complessa ma possibile
“Il Ciad è un Paese strategico che fa da cerniera tra il Nordafrica e l’Africa sub-sahariana, e questo accordo può riportare stabilità l’incognita rimane il movimento rimasto fuori dalla firma, ma ci sonocomunque molti elementi positivi da cogliere”, così Enrico Casale, della rivista Africa dei Padri Bianchi, commenta i risultati dei negoziati in Quatar. Secondo Casale, la transizione non sarà semplice è le incognite restano numerose, però l’accordo favorisce il lavoro per arrivare alle elezioni e ad un governo civile. “Ricordiamo però che il Ciad è stato governato per anni con una democrazia pro-forma, bisogna vedere se le elezioni porteranno ad una vera democrazia o ad un governo guidato da un uomo forte come Deby”.
Investire in sviluppo
L’africanista si sofferma poi sul difficile stato socio-economico del Paese del Shael: “In passato il governo del Ciad ha firmato un accordo in cui si impegnava ad investire i proventi delle risorse petrolifere in progetti di sviluppo, accordo poi subito vanificato dal vecchio presidente Deby”. “Probabilmente la ricchezza – rimarca – sarà investita ancora in sicurezza, il Ciad poi sconta da sempre la mancanza di uno sbocco al mare che ha impedito il pieno sviluppo dell’economia locale”.