Tiziana Campisi – Città del Vaticano
“Ho preso carta e penna. Per dirvi grazie. Non so se siete una sparuta minoranza o molti di più di quello che si possa immaginare, so solo che voi siete quella profezia di cui oggi ha sempre più bisogno questa nostra amata e tormentata città”. Così scrive l’arcivescovo di Napoli, monsignor Domenico Battaglia, a sacerdoti, religiosi e religiose che sono il volto di quella Chiesa che “quotidianamente la camorra la guarda in faccia, dritta negli occhi e senza piegare la schiena”. La Lettera agli uomini e alle donne con le mani sporche di Vangelo, che il presule ha intitolato “Voi, come fiumi carsici”, racconta “la storia di preti che in certi territori, dove l’unica legge sembra essere quella della sopraffazione e della violenza, hanno fatto delle loro parrocchie avamposti credibili e autorevoli in difesa della dignità umana”, che di fronte alla sovranità mafiosa “propongono in alternativa la logica ‘eversiva’ di spazi comuni da recuperare alla bellezza dello stare insieme”, per vincere con la condivisione e il gusto di fare comunità “la tendenza all’isolamento alimentata dalla paura della camorra”.
L’impegno verso chi si è allontanato dalla “retta via”
L’arcivescovo di Napoli vuole portare alla luce l’impegno di quei consacrati che non si stancano di star dietro a chi ha scelto la malavita, e che ne seguono i passi per ricordare loro che in tale scelta la vita è uno sperpero. Sono quelli che “spesso trasformano la cella carceraria della pena in un crocevia di tormento e di speranza”, tormento per il male sul quale aprire gli occhi e “speranza per una vita che si fa sempre in tempo a riprendere in mano”. Monsignor Battaglia li definisce “uomini e donne di Vangelo costretti però anche ad ingoiare spesso i bocconi amari dell’incomprensione e dell’insulto, perché chi viene sollecitato a mettere in discussione la propria esistenza fatta di sangue e di morte si ribella” alle parole chiare di coloro che “senza esitazioni e diplomazia” gli ricordano “che ha venduto l’animo al diavolo”.
Coloro che incarnano il Vangelo del “si si, no no”
Tuttavia, avverte l’arcivescovo di Napoli, c’è una “chiassosa responsabilità” di non pochi uomini di Chiesa per i silenzi “dinanzi all’arroganza e alla prepotenza della camorra”; e “l’imbarazzante tentativo di un certo pensiero ecclesiastico di sminuire e minimizzare questo problema con la solita affermazione che l’evangelizzazione non può appiattirsi sulla lotta alla mafia”. Ci tiene a precisare, don Mimmo, come ama farsi chiamare, che con la sua missiva non vuole “proporre i santini dei preti impegnati, o addirittura di chi ci ha rimesso la vita come don Peppe Diana, come paraventi insanguinati da mostrare all’occorrenza”, piuttosto avere modo “di restituire merito e onore a quei preti e religiosi che in silenzio vivono il proprio ministero incarnando il Vangelo del ‘si si, no no’” che non fa scendere a patti con nessuno, che hanno scelto di schierarsi “con i più deboli rivendicando per loro quei sacrosanti diritti che i mafiosi e i potenti trasformano invece in favori da chiedere in elemosina”. Persone che monsignor Battaglia paragona ai fiumi carsici, “che scavano più di altri e quando poi escono allo scoperto più di altri trasformano il volto di un territorio”.
Il grazie al clero e ai laici che testimoniano il Vangelo
A loro si rivolge il presule chiedendo di essere spronato qualora emergesse una sua “eccessiva prudenza dinanzi alle lacrime innocenti della prepotenza mafiosa” e di essere contagiato dalla loro “parresia”; a loro domanda di accompagnare e sostenere i passi di quei “confratelli che non poche volte continuano a preferire la neutralità alla profezia e il silenzio rassicurante allo scomodo grido di libertà che viene dal Vangelo”. “Grazie fratello parroco, che ogni giorno attraverso il tuo servizio pastorale testimoni la bellezza del Vangelo – si legge nella lettera – annunciandone le esigenze di giustizia e di bene, raccontando a tutti coloro che incontri nella tua chiesa e per le strade del tuo quartiere che è possibile vivere una vita bella nella sequela del Signore, perché il camminare dietro a lui conduce alla vita, a differenza della camorra che è un cammino di morte, di tenebre”. Monsignor Battaglia ringrazia poi i giovani presbiteri che donano le energie dei primi anni del loro ministero per tanti bambini, ragazzi, “per mostrare loro che è possibile sognare e trasformare i sogni in realtà nella misura in cui si cammina insieme, prendendosi per mano, nella gioia e nell’impegno”; è grato ai religiosi che legano la loro consacrazione a Dio all’impegno “a favore dell’uomo, e soprattutto dell’uomo ferito, emarginato, tentato” e a chi semina “l’entusiasmo dell’impegno civile” nella propria comunità parrocchiale e si impegna, sulla strada del Vangelo, politicamente e socialmente diventando “un segno di speranza e un riferimento sicuro”.
Il contributo di chi sceglie la giustizia e la solidarietà
Infine l’arcivescovo di Napoli aggiunge il suo grazie a quanti, indipendentemente dal ruolo nella Chiesa e nella società, o dalla fede di appartenenza, scelgono “ogni giorno a testa alta e senza paura il sentiero della giustizia, della denuncia, della solidarietà, senza grandi proclami ma con azioni piccole e quotidiane che, goccia dopo goccia, scavano nuovi spazi e possibilità di rinascita tra i detriti lasciati qua e là dalle mafie. “E in ultimo grazie a te, fratello e sorella, che sproni la Chiesa ad essere sempre più fedele al Vangelo – conclude il presule -, criticando quanto in esso è ancora intriso di neutralità e timore”.