Chiesa Cattolica – Italiana

“Che cos’è la verità? Cristo e Pilato”, il ponte dell’arte tra i muri della guerra

Maria Milvia Morciano – Città del Vaticano
 

“Per questo sono venuto nel mondo: per testimoniare della verità. Chiunque è dalla verità ascolta la mia voce”. Gli dice Pilato: Quid est veritas? “Che cos’è la verità?” (Gv 18,38).
La domanda di Pilato è diventata espressione proverbiale per esprimere il dubbio, la perplessità. Il governatore romano risponde all’affermazione di Gesù con una domanda quasi retorica che risuona beffarda. Vuole metterlo in difficoltà dall’alto della sua presunta superiorità di civis romanus imbevuto di cultura ellenica e di potere.

La domanda  pone di fronte due uomini diametralmente diversi: Gesù intende la verità come rivelazione da Lui incarnata, come entità assoluta e divina al quale l’uomo può accedere solo tramite Egli stesso, venuto nel mondo per la salvezza. Pilato si riferisce a una verità di accezione tipica del pensiero greco, cioè come realtà oggettiva, non legata a una dimensione teologica ma a dati concreti di fatto.

Il dipinto a Mosca di Nikolaj Ge

Quid est veritas? è anche il titolo di un dipinto a olio del XIX secolo conservato in The State Tretyakov Gallery di Mosca.  Fa parte di una serie di opere di Nikolaj Ge sulla Passione di Cristo, conservate nel museo moscovita.

Gesù è come inghiottito dal buio, in piedi, con le braccia legate dietro la schiena. Pilato è illuminato da un fascio di luce che proviene dall’ingresso, sta ponendo la domanda con il braccio proteso, l’antico gesto allocutorio tipico dei personaggi di rango romani. È di spalle ma si vede molto bene il suo sorriso irridente. La figura è possente, il taglio dei capelli accurato, la toga orlata di porpora sontuosamente drappeggiata attorno al corpo. Due figure profondamente antitetiche.

L’opera, all’epoca, destò grande scalpore, fu rifiutata e tacciata di “volgare realismo e simbolismo mediocre”, accusata addirittura di blasfemia. Un’iconografia  provocatrice, dove avviene un rovesciamento del modo consueto di rappresentare Cristo, almeno nell’arte russa: il volto “non bello”, dai tratti marcati, i capelli scarmigliati, la barba incolta, i vestiti laceri e scuri. La lama di luce sembra voler accentuare questa divisione e mentre sembra sottolineare il rumore delle parole di Pilato, l’oscurità che avvolge Cristo ne amplifica il silenzio.

Un artista di profonda fede 

Nikolaj Nikolaevič Ge è stato un artista nato nella Russia europea sudoccidentale, a Voronež nel 1831. Studiò a Kiev e san Pietroburgo e viaggiò in Europa per poi stabilirsi in Italia, a Roma e a Firenze. Tornò a San Pietroburgo e infine si stabilì in Ucraina nel Governatorato di Černigov in una sua fattoria dove morì nel 1894.

L’ultimo periodo della sua vita fu segnato da una più attenta lettura dei Vangeli e dall’incontro con lo scrittore russo Lev Tolstoj. Ge torna a dipingere soggetti religiosi e si fa pervadere da una fede accorata e profonda. Apprende l’etica della “non resistenza al male” di Tolstoj, mediata dal Discorso della Montagna che è la speranza di cambiare gli uomini attraverso l’amore.

Un dipinto “gemello” in Ucraina

A Odessa, al primo piano della Galleria d’Arte, c’è una copia identica del dipinto di Ge. Nel cartiglio a margine della cornice è riportato il nome dell’autore, il titolo e la stessa data, 1890.

Rispetto all’esemplare moscovita, appare meno riuscito. I colori sono meno densi e tormentati, il gesto di Pilato più rigido e manca quella strana macchia circolare sulla parete  tra le due figure che recenti analisi hanno scoperto essere una pittura precedente, che raffìigurava la Samaritana al pozzo, come sappiamo da alcune lettere della figlia.

Da ciò che si può vedere dalle immagini in 3D del museo, visitabile tuttora con un tour virtuale, ovvero troppo poco, sembra essere una replica, cioè di mano dello stesso autore. Ma questo non è così importante in questo preciso momento della storia.  Un momento drammatico dove il patrimonio culturale dell’Ucraina rischia di essere cancellato dalla furia della guerra.

Che siano opere entrambe di Nikolajev Ge, di un originale o di una copia, quello che resta a fondamento è il significato profondo del dipinto, presente sia in Russia, sia in Ucraina, e che dimostra anche in questo caso come ogni aspetto della cultura e dell’arte russa e ucraina siano profondamente collegati.

Il quadro ci parla della Passione e ci mostra la Verità:  lo sguardo dolente del Cristo che resiste al male con la forza divina della sua Rivelazione.

Lo stesso dipinto nel Museo d’arte di Odessa
Exit mobile version
Vai alla barra degli strumenti